W. Bätzing, Le Alpi. Una regione unica al centro d'Europa

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awretus
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W. Bätzing, Le Alpi. Una regione unica al centro d'Europa

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W. Bätzing, Le Alpi. Una regione unica al centro d'Europa, Torino 2005

Werner Bätzing è il geografo tedesco noto per aver reso popolare nei decenni scorsi la Grande Traversata delle Alpi (GTA) tra gli escursionisti della sua patria, che oggi ne sono i maggiori fruitori. Nel libro traccia una veduta a volo d'uccello della storia e del futuro possibile del popolamento umano delle Alpi. L'autore punta a fornire un'immagine delle Alpi quanto più completa possibile, mettendo in luce la parzialità dell'immaginario romantico, di origine alloctona, spesso alla base dell'interesse alpinistico e turistico. I problemi sono affrontati con una prospettiva originale, fondata su studi empirici, che smonta anche qui miti e immaginari assai diffusi, tanto da essere comunemente scambiati per la realtà (come alcune idee della sostenibilità, o la concezione delle Alpi come santuario della natura in contrapposizione alla pianura). L'opera è divisa in quattro parti: dopo una panoramica storica sull'era agricola e sulle modalità con cui questa sfruttava l’ambiente alpino, sono analizzate le profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali innescate dalla Rivoluzione Industriale e della successiva terziarizzazione anche sulle Alpi. L'autore ne analizza le ricadute, prima in maniera analitica, quindi evidenziando le interrelazioni delle sue sfaccettature, che hanno condotto le Alpi verso la marginalità e la sua trasformazione in periferia di processi con il centro altrove. Inoltre la tradizionale cultura agricola alpina e la modernità si basano di solito su presupposti ideologici antitetici, nei cui confronti l'autore non vede in corso nessun tentativo, capace di una sintesi in grado di rispondere alle sfide contemporanee. Le Alpi si orientano piuttosto a una polarizzazione tra urbanizzazione da un lato, come periferia e area integrativa o di compensazione della pianura, che non dipende dalle risorse alpine e non è pertanto interessata a preservarle, e spopolamento dall’altro. È la conseguenza del modello economico attuale, che sfrutta massivamente alcune aree favorevoli e ne tralascia del tutto altre marginali, a differenza dell'era agricola, che presentava un'antropizzazione capillare e misurata sulla capacità riproduttiva dei sistemi: infatti allora i contadini erano costretti a estrarre risorse senza segare il ramo su cui sedevano, mentre oggi le attività ubiquitarie non pagano in prima persona i costi di uno sfruttamento errato. Il problema di fondo è che fu proprio questo sfruttamento estensivo e diffuso a creare l'immagine delle Alpi che, a partire dal Settecento, suscitò l'interesse e l'ammirazione delle genti sviluppate e motiva tutt'oggi la gente a frequentarle. Interessante infine notare che le sue osservazioni sembrano escludere l'esistenza in passato di una cultura comune alpina, distinta da quella dei territori circostanti, in quanto i modelli insediativi ed economici sono sempre stati profondamente influenzati dalla cultura delle pianure limitrofe; né lo si può prospettare per il futuro, come regione europea, perché il mercato unico richiede l'omogenizzazione e la scomparsa della diversità. Il libro si chiude con le proposte su cosa si debba intendere per sviluppo sostenibile delle Alpi, che per l'autore non è anche stavolta separabile da quello dell'Europa intera (a questo proposito basta pensare all'impatto del traffico di transito, dovuto ai processi di divisione del lavoro sempre più spinti dell'economia delle pianure). Purtroppo l'attuale fase degli egoismi nazionalistici e della concorrenza tra stati, posteriore alla stesura del libro, sembra andare in direzione antitetica a quanto ritenuto necessario.
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