Che coincidenza! Anch'io da sabato 6 a martedì 9, ho effettuato in compagnia di tre amici, Marina, Giorgio e Gabriele, il giro del Tenibres, sempre ispirandomi al “testo sacro” di Andrea Parodi, ricca fonte di consigli e preziose indicazioni per le mie escursioni in montagna.
Rispetto a quanto propone la guida di Parodi, che sceglie i percorsi più rapidi e di minore dislivello per collegare un rifugio all'altro, noi avevamo intenzione di salire alcune delle cime più rilevanti della zona, rendendo così un po' più impegnativo il trekking.
Sabato 6 dunque raggiungiamo verso l'una il bellissimo e isolato paesino di Ferrere, raggiungibile attraverso una carrozzabile piuttosto stretta e spesso a picco sul precipizio (non abbiamo incontrato nessuno che procedeva in senso contrario fiuuu!). Da Ferrere imbocchiamo il sentiero che risale gradualmente il Vallone di Forneris e porta, in poco più di due ore, al Colle del Ferro, chiaramente visibile sin dall'inizio della salita.
Dal colle, dopo un breve traverso in piano, raggiungiamo la zona di Tortisse, dove si innalzano alcune curiose conformazioni rocciose fra cui il celeberrimo arco naturale. La struttura è davvero maestosa e imponente, ma da vicino rivela la sua debolezza; mi ha ricordato le costruzioni di sabbia sulle spiagge, dalle forme più disparate e originali ma dalla natura effimera, destinate ad essere cancellate da un momento all'altro dall'azione del mare...in effetti i miei amici non erano così tranquilli mentre io scattavo la foto...
Scampato il pericolo scendiamo rapidamente al Refuge de Vens, situato in una splendida posizione dominante il sottostante Lac superieur de Vens.
Il tempo di attesa della cena passa veloce con un'impegnativa e combattuta partita a Trivial Pursuit, che, essendo rivolto ai francesi, mette alla prova le nostre conoscenze sui programmi di maggior successo della tv d'oltralpe negli anni '60.
![WallBash : WallBash :](./images/smilies/wallbash.gif)
Sulla cena invece preferisco stendere un pietoso velo...
![Arrabbiatissimo :angry1:](./images/smilies/angry1.gif)
dico solo che il minestrone aveva l'aspetto e il gusto di una sciacquatura di piatti in cui galleggiavano minuscoli, insapori e indecifrabili pezzetti di verdura (almeno, credo fosse verdura...).
Il giorno successivo avremmo intenzione di salire il Tenibres dal versante sud-ovest, cioè dalle pietraie che sovrastano il Plan de Tenibres, dove transita il noto Chemin de l'Energie; l'assenza di una traccia certa e di informazioni dettagliate sulla salita avevano già fatto vacillare le nostre ambizioni, ma quando ci alziamo dal letto e non riusciamo neppure a vedere il lago sottostante a causa della fitta nebbia... La giornata è infatti è pessima, la visibilità spesso inferiore ai dieci metri e la pioggia, seppure intermittente, ci terrà compagnia per tutta le ore di cammino. Ad ogni modo lasciamo il Refuge de Vens (anche con la tempesta del secolo ce ne saremmo andati, pur di non degustare di nuovo quel minestrone...), costeggiamo i vari Lacs de Vens e... ci perdiamo nella nebbia: nei pressi dell'ultimo lago infatti il sentiero si suddivide in tante tracce, non segnate sulle carte, che si perdono poi nell'erba e data l'assenza di visibilità perdiamo più di mezz'ora alla ricerca della retta via. Dopo essere tornati più volte sui nostri passi incontriamo due membri del soccorso alpino francese, che ci indirizzano verso il percorso corretto e ci riferiscono che un giovane escursionista italiano, partito il giorno precedente dal Vens e diretto al Rabuons (dove, lo sapremo quella sera, era aiuto gestore), non è mai arrivato a destinazione; nel momento in cui scrivo, dopo più di una settimana, non si hanno ancora notizie su di lui.
http://www.gazzettadiparma.it/primapagi ... erche.html
Seguendo le indicazioni dei soccorritori noi saliamo al Lac de Barbarottes e da qui riscendiamo fino a raggiungere l'inizio dello Chemin; il percorso è davvero bello e suggestivo (ricorda a tratti, anche se più comodo e meno esposto, il nostro Sentiero degli Alpini sul Toraggio), ma la nebbia e la pioggia, oltre a indurci ad una lunga pausa in un edificio abbandonato nel Plan de Tenibres, ci fanno desiderare che il sentiero sia più breve possibile e che la stufa del rifugio sia bella calda...
Finalmente poco dopo l'una siamo al rifugio, completamente immerso nella nebbia;
![Image](http://www.quotazero.com/album/albums/userpics/11970/normal_DSCF1060%7E0.jpg)
anche qui il pomeriggio scorre veloce tra una partita e l'altra, mentre la cena è assai diversa da quella del rifugio precedente: il minestrone ha gusto e sostanza, ottimo il pollo col riso e davvero delizioso il dolce di mele e cioccolato (complimenti al giovane gestore, che da solo ci ha offerto un'ottima e abbondante mangiata e ci ha accolto con simpatia, nonostante il momento difficile a causa della sparizione del suo collaboratore
![Applause =D>](./images/smilies/eusa_clap.gif)
).
La notte scorre tranquilla
![Dormendo :dormendo:](./images/smilies/sleep.gif)
e all'alba dell'indomani, dopo tanta attesa, torniamo a vedere i raggi del sole, anche se il cielo non è ancora totalmente sereno e il vento si è rafforzato notevolmente, con raffiche ci procureranno non poco fastidio nella prima parte della giornata.
Dal Rabuons costeggiamo il lago omonimo, che finalmente possiamo ammirare in tutta la sua maestosità, e ci dirigiamo verso il Passo d'Ischiator; giunti alla base del pendio che vi fa capo, lasciamo la traccia principale e ci inoltriamo, seguendo radi ometti, nel selvaggio e detritico valloncello compreso fra i contrafforti delle Cimes de Chalanches e il versante ovest del Corborant.
Lo risaliamo fino a raggiungere, con un po' di fatica a causa della natura del terreno, il Passo del Corborant, da cui ci ricolleghiamo alla via normale italiana che, tra facili camini e una cengia abbastanza comoda, ci porta in vetta al Corborant;
splendido il panorama, con il Vallone dell'Ischiator e i Laghi Lausfer in bella evidenza, ma le fredde raffiche ci impediscono di fermarci a lungo.
Ripartiamo dopo pochi minuti, senza avere nemmeno tolto lo zaino di spalla, e ci dirigiamo verso la Forcella est, raggiungibile senza difficoltà anche grazie alle catene metalliche poste sulle placche poco sopra l'insellatura. La discesa del canale nord, dalla parte opposta al Buco della Marmotta, è più complicata, dato il terreno mobile e la presenza di nevai residui che mettono alla prova le nostre (scarse) abilità di gradinatori (ci siamo portati due picozze, temendo questo tratto). Usciti con sollievo dal canale riprendiamo la traccia principale che costeggia lo splendido Lago superiore d'Ischiator e scende verso i Laghi di Mezzo (in fondo, simile ad un castello medievale, il bellissimo Migliorero);
prima di arrivare ai Laghi lasciamo di nuovo il sentiero e, con un lungo traverso, ci portiamo sulla traccia che sale al Passo di Laris;
da qui risaliamo seguendo gli evidentissimi bolli rossi e superando un gruppo di stambecchi totalmente indifferenti alla nostra presenza, fino a raggiungere la sommità del Becco Alto d'Ischiator. Il panorama è ancora più bello che dalla vetta del Corborant: dall'Ischiator è infatti possibile ammirare il sottostante, magnifico, Lac de Rabuons e i Laghi Chaffour, oltre che le principali vette della zona.
Dopo una lunga sosta (il vento si è fatto decisamente sopportabile e il sole scalda a dovere) ripercorriamo i nostri passi fino al Passo di Laris (io sarei voluto scendere dal Passo delle Tres Puncias, ma abbiamo preferito tenerci sulla normale), poi prendiamo il sentiero che proviene dallo Zanotti sino al Laghetto di Laris, se possibile ancora più bello del Rabuons per il suo straordinario colore turchese.
Un'altra lunga sosta “contemplativa” e poi scendiamo fino alla Bassa di Schiantalà, dove ci dedichiamo alla raccolta dei pinaroli che crescono abbondanti e che costituiranno parte della nostra cena.
Poco dopo giungiamo allo Zanotti e troviamo il gestore, il buon Gianfranco Caforio, intento a spaccare legna e a dipingere gli infissi;
ci sistemiamo comodamente (saremo gli unici ospiti quella notte) e ci dedichiamo alle solite partite di carte, questa volta sotto un caldo sole, e alla preparazione della cena, che condividiamo con il gestore: finalmente possiamo utilizzare il barattolo di pesto che mi portavo nello zaino da sabato e preparare una sontuosa pasta, a cui seguono i funghi appena raccolti e il pane scaldato sulla stufa...
L'ultimo giorno di trekking inizia prima dell'alba: una rapida colazione e siamo in marcia, mentre i primi raggi di sole inondano le vette circostanti.
Dal rifugio, attraverso una traccia bollata con segni gialli che supera le Rocce Mongioie, raggiungiamo in poco meno di un'ora il Lago Mongioie, all'inizio dell'ampio Vallone superiore del Piz;
percorriamo per poche decine di metri il sentiero proveniente dal Gias del Piz e, in prossimità di una scritta “Piz” su un masso, risaliamo con fatica un ripido pendio di erba e detriti fino al Passo del Vallone; da qui, seguendo i bolli rossi opera del buon Gianfranco, arriviamo senza difficoltà in vetta al Becco Alto del Piz. Sono da poco passate le otto, il tempo è perfetto, il cielo senza una nuvola e la visibilità è magnifica (forse la migliore che abbia mai incontrato, anche perché non sono mai giunto in vetta così presto); superfluo dire che il panorama è eccezionale, davvero a 360 gradi, dal Delfinato alle Liguri, dal Monviso all'Argentera...
A malincuore lasciamo la vetta dopo quasi mezz'ora dall'arrivo e, tornati al Passo, scendiamo dal versante opposto rispetto a quello di salita, lungo una pietraia spaccaginocchia che ci porta sul fondo del Vallone superiore di Pontebernardo, dove incrociamo il sentiero (un'autostrada a quattro corsie in confronto al tratto precedente) diretto alla Testa dell'Ubac; noi continuiamo la discesa fino a incontrare, poco sopra i Prati del Vallone, la mulattiera della GTA diretta al Colle di Stau. Si tratta dell'ultima salita di questi quattro giorni e, per quanto il sentiero sia comodissimo e il dislivello poco superiore ai 700 metri, ci sembra parecchio faticosa, in particolare per Marina, che soffre per un'infiammazione al tendine del ginocchio rimediata qualche giorni prima. Giunti al passo cI guardiamo per l'ultima volta indietro, ammirando lo splendido panorama offertoci dalla giornata tersissima;
poi iniziamo la discesa che, attraverso un bel vallone punteggiato nella parte inferiore da larici sparsi qua e là, ci riporta sul sentiero percorso il primo giorno da Ferrere al Colle del Ferro; sono passati solo tre giorni, ma a me, come succede spesso quando vado in montagna per più giorni, sembra che sia passato un secolo... L'arrivo a Ferrere, verso le quattro del pomeriggio, ci rende da una parte felici (in particolare rende felici i nostri piedi), dall'altra ci fa capire che una bella esperienza è ormai alle nostre spalle...
Che dire, sono stati quattro giorni bellissimi in compagnia di cari amici in uno dei luoghi più belli delle nostre Alpi; stupendo il versante francese con i vari laghi e lo Chemin de l'Energie (anche se il maltempo ci ha impedito di goderci appieno queste zone), appaganti e non troppo impegnative le salite al Corborant, all'Ischiator e al Piz, bellissimo anche il versante italiano, in particolare il Laghetto di Laris e la vicina Bassa di Schiantalà con lo Zanotti, un vero paradiso in terra...
Una discesa vista dal basso assomiglia molto ad una salita.