2 Agosto: da casa a Dovadola e da qui all’azienda agricola Il Pratello di Modigliana (14km, 3 ore)
L’altoparlante della stazione di Alessandria scandisce l’attesa emettendo con cadenza regolare e voce distaccata gli annunci latori delle scuse di Trenitalia per il disagio arrecato ai viaggiatori. Intanto il ritardo del mio Frecciabianca cresce, riducendo proporzionalmente l’intervallo a disposizione per prendere la coincidenza alla stazione di Bologna, dove arrivo appena in tempo. Trafelato e color porpora sia per il caldo che per la corsa e l’agitazione, riesco a salire sull’Intercity per Bari pochi secondi prima che parta. E’ carico di giovani in viaggio verso il divertimentificio della Riviera Adriatica. Per un attimo ritorno con la mente ai miei diciassette anni ed alla prima vacanza con gli amici e senza genitori, proprio in quei lidi. Raggiungemmo Rimini dopo un movimentato viaggio ferroviario notturno. Un po’ mi rivedo in quei ragazzi. Cambiano le pettinature, le mode, la musica e gli accessori, ma rimangono alcune costanti: la spensieratezza, la voglia di divertirsi, le speranze, i timori. Le gioie e le delusioni dell’adolescenza trapelano dai loro discorsi e dai loro visi. Scevri dei freni inibitori e delle finzioni tipiche dell’età adulta i giovani sono facilmente leggibili, quasi come libri aperti.
A Forlì siamo in pochi a scendere. Essenzialmente quasi solo abitanti del luogo che uscendo dalla penombra dell’ingresso della stazione fendono la luce abbacinante di un mezzodì agostano. Si dirigono senza le esitazioni del forestiero alla ricerca della propria auto, di un bus o di una faccia amica che li porti a casa. Il mio incedere è decisamente più incerto, ma anche io, seppur immerso in una realtà aliena, sono alla ricerca di un volto conosciuto. Mirko, con cui sono rimasto in contatto dopo la giornata trascorsa camminando insieme sull’Alta Via, mi ha dapprima consigliato nella preparazione del viaggio e si è poi offerto di accogliermi all’arrivo a Forlì per portarmi a Dovadola e percorrere con me parte della prima tappa.
Prima però, dopo i saluti e gli abbracci, decidiamo di concederci un pieno di energie con una piacevole sosta al ristorante. Il mio nuovo amico, ravennate e romagnolo purosangue, è un buongustaio e conosce bene il territorio forlivese: non posso che affidarmi alla sua competenza. Fiducia ben riposta visto che la scelta cade su uno di quei locali informali, con pochi fronzoli ma solide basi di cucina del territorio a prezzi accessibili. Siamo nei pressi di Castrocaro ma le gole sono troppo impegnate a deglutire per poter cantare… Il Cammino sarà caratterizzato da pause pranzo veloci e leggere, colgo quindi l’occasione di gustare alcune delizie romagnole. Tra le tentazioni a cui cedo con dissolutezza meritano menzione la vera piadina romagnola con lo squacquerone ed il prosciutto crudo, ma soprattutto una monumentale porzione di cappelletti che, non fosse stato agosto, avrei sicuramente gustato in brodo. La celebrazione del rito dell’amicizia prevede anche ripetuti brindisi, ovviamente a base di Sangiovese, incuranti del fatto che tra poco dovremo affrontare i primi chilometri del percorso. Anzi, il cibo fornirà prezioso carburante ed il vino quella vena di intraprendenza utile a mettersi in cammino con entusiasmo. Tra sferragliare di posate e alzate di calici il tempo passa piacevolmente, ma rapidamente. Devo quindi avvisare telefonicamente Don Alfeo che non arriverò puntuale all’appuntamento prefissato.
Il ritardo accumulato si rivela provvidenziale perché anche l’anziano ma vitale Parroco di Dovadola ha avuto un contrattempo e non avrebbe potuto ricevermi all’orario concordato per la consegna della Credenziale di pellegrino. Si tratta di un documento nominativo che, corredato dai timbri delle strutture di accoglienza convenzionate lungo il Cammino, servirà a testimoniare lo svolgimento ed infine il compimento del pellegrinaggio e poter così ricevere la pergamena Assisiana all’arrivo nella Basilica. Giunti a Dovadola, dopo i convenevoli di rito si procede alla registrazione, al ritiro della credenziale e della pratica ed utile guida. Questa è costituita da una serie di pieghevoli che, tappa per tappa, accompagnano il cammino del pellegrino. Lo informano su alcune curiosità storiche, sulle bellezze paesaggistiche ed architettoniche, ma anche e soprattutto sulla direzione da seguire e sulla presenza di fonti e luoghi di ristoro in itinere. E’ giunto il momento di trasformare i pensieri in passi, le intenzioni in azioni.
Il punto iniziale del Cammino, all’ingresso del paese, è segnalato da una targa che riporta la meta finale e la distanza da percorrere. Si sale subito ripidamente tra la vegetazione che offre un po’ di riparo da un sole implacabile. Uno stretto sentiero lascia il passo ad un’ampia carrabile e poi all’asfalto che in breve porta ad un grande edificio. Un tempo fu colonia e oggi pare ospiti le riunioni dei membri di un ordine oscuro, forse associato all’esoterismo ed alla massoneria. Il caldo, il vino bevuto a pranzo, la costruzione resa un po’ lugubre dall’assenza di segni di vita e vitalità al suo interno, ci spingono a fantasticare su esperimenti da fantascienza e comunità aliene. Mentre ci immaginiamo imprigionati, imbozzolati e ibernati in attesa di diventare cavie umane, raggiungiamo il santuario di Montepaolo, con una breve deviazione rispetto all’itinerario per Assisi.
Attempate signore, intente a sferruzzare ed a chiacchierare, ma con l’occhio vigile tipico delle nonnine di paese, siedono nella penombra cercando un po’ di sollievo dalla calura estiva. Nel mentre un paio di ciclisti fanno rifornimento idrico e si riposano dopo la breve ma ripida salita. Per richiedere l’apposizione del primo timbro cerchiamo il parroco, ma non trovandolo nè in chiesa nè in canonica, rinunciamo a questo incontro e la mia Credenziale rimane immacolata. Torniamo pertanto indietro fino al punto in cui la mia strada si separa da quella di Mirko che torna verso casa dopo i saluti, un abbraccio e l’ormai inevitabile selfie a suggellare sacralmente il momento dell’addio, con la speranza che si tratti di un arrivederci a presto.
Gli splendidi scorci delle morbide colline romagnole fanno da cornice ai miei passi solitari, che si fanno più lenti e faticosi lungo il ripido tratto asfaltato che porta al Monte Trebbo dove si trova un monumento al ciclista. Mi trovo sulle strade e sui tornanti che hanno forgiato i polmoni ed i polpacci di Marco Pantani. Un campione capace di fare sognare milioni di appassionati con imprese rese ancora più eroiche dall’ accanirsi della sorte nei suoi confronti, fino al tragico epilogo. Un giovane la cui vita, sportiva e non, è stata segnata da trionfi emozionanti e cadute dolorose. Un guerriero capace di affrontare mille battaglie l’ultima delle quali lo ha visto soccombere. Un moderno San Sebastiano entrato a pieno titolo nella mitologia del ciclismo.
Gran parte del percorso odierno si svolge su strada asfaltata, compreso l’arrivo al mio posto tappa. Normalmente i pellegrini, dopo aver pernottato al rifugio Benedetta, iniziano di mattina il cammino da Dovadola per giungere a la “Capannina”, la prima struttura convenzionata, dopo circa 22 chilometri. Io avendo meno giorni a disposizione, ho dovuto optare per una soluzione alternativa. Inevitabilmente ho dovuto mettermi subito in cammino, ma essendo partito nel pomeriggio non avrei mai potuto raggiungere il primo posto tappa ufficiale, se non forse a notte fonda.
L’azienda vinicola “il Pratello” di Modigliana normalmente si limita ad offrire ai pellegrini un servizio di ristoro ma non è attrezzata per il pernottamento. In seguito a contatti con il gentilissimo proprietario, al quale mi dico disponibile a dormire anche in un giaciglio di emergenza, ottengo la garanzia di una sistemazione per la notte. Quando arrivo, il sole ha già iniziato la sua discesa sulla linea dell’orizzonte. I cagnoloni di casa mi accolgono con una certa aggressività. Questa si tramuta in affettuosità quando, fatto il loro dovere di guardiani, il signor Emilio li richiama all’ordine ed io, tranquillizzato, concedo loro un po’ di coccole. Ho il tempo per una doccia spartana e rinfrescante all’aria aperta, prima di mettermi a tavola per una semplice ma deliziosa cena in cui le verdure dell’orto ed i vini dell’azienda fanno la parte del leone.
La notte inizia a calare sulla tenuta, amplificando il senso di pace e silenzio che la avvolge. Emilio mi dice che sta per uscire con la moglie e che per qualche ora sarò padrone di casa. Non mi sembra vero, soprattutto in una civiltà colma di diffidenza come quella in cui viviamo, ma accetto di buon grado e mi siedo nella penombra del cortile appena rischiarato dalle soffuse luci del portico. Sul tavolo sono presenti alcune bottiglie, già aperte, di vini della casa tra i quali, più del celebrato sangiovese pluripremiato dalle guide di settore, apprezzo il Becugiano. Si tratta di un vino rosso passito da meditazione che si presta perfettamente alla situazione ed al momento che sto vivendo.
Pensieri, riflessioni e silenzio sono interrotti saltuariamente dall’abbaiare nervoso dei cani, che ogni tanto partono come saette e spariscono nel buio alla ricerca di qualche presunto intruso. Probabilmente si tratta di ungulati o magari tassi, sicuramente esemplari di fauna selvatica locale. Il sonno mi vince prima che i padroni di casa facciano ritorno. Mi sistemo così nella confortevole soluzione di emergenza preparatami: una comoda sdraio da piscina collocata all’interno del salone delle degustazioni. Mi stendo dentro al sacco a pelo e le mie membra si godono il meritato riposo dopo una lunga giornata. Non so quanto tempo dopo, vengo svegliato dall’attrito degli pneumatici di un’auto sulla ghiaia del cortile. Il silenzio dei cani mi fa intuire che si tratta dei padroni di casa e riprendo beatamente a dormire.
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