(capolinea di Bromia - Straxo - Campoveneroso - Noci - cima quota 1020 - sella della Dragonata - Busco - Poggio - Candini - Ferriere - Bromia)
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Il capolinea delle corriere della linea Genova Busalla Montoggio si trova a circa 470 metri sul livello del mare, lungo il brevissimo rettilineo successivo al bivio per Montemoro, a circa 2.5 km dalla piazza di Montoggio, sulla destra in direzione di Laccio. In fondo al tratto rettilineo, sulla destra c'è un passaggio fra una staccionata e il guard rail: il sentierino scende al ponte in cemento (che sostituì il vecchio "ponte sulle corde").
La mulattiera che aggira da sinistra il monte Acuto e quella che lo aggira da destra si raggiungono dopo brevi "nuovi" tratti di sentiero, dal momento che l'attività di chi fa legna e soprattutto i segni del tempo ne hanno cancellato la traccia in un caso, e reso impraticabile il transito nell'altro.
Si segue a sinistra la traccia che, aggirato un rudere, sale dritta lungo il versante per una decina di metri e prosegue quindi a sinistra in piano lungo un sentiero più evidente e agevole: si oltrepassa una piccola area disboscata con alcune cataste di legna ed una piccola teleferica; si raggiunge presto un ponticello e si continua a salire, sino ad un altro guado. Oltre, ci si inerpica ulteriormente lungo i tornanti della vecchia mulattiera, franata in un paio di tratti e con il fondo in pietra ormai quasi scomparso.
Si raggiunge un poggio, sulle carte segnato a quota 756 (si notano in basso verso valle i resti di quel che doveva essere un piccolo pascolo); dopo 40', siamo oramai in prossimità delle case di Straxo (che sulle carte si trova come "Salice", quota 744), che raggiungiamo su comodo sentiero pianeggiante, e a tratti pure discendente. Usciti dal passaggio fra i due muri esterni di due edifici, si va a destra; raggiunto subito un rudere, si prosegue in piano.
Le vecchie fasce del paese, sorrette da muri alti anche oltre quattro metri (hanno tutti la "pancia" e sono pericolanti se non già crollati parzialmente), ci affiancano per un buon tratto, avvolte da ogni sorta di rovi e rampicanti protesi sul sentiero, che rendono appena difficoltoso il passaggio in questa stagione. Anche ben più in alto, fuori sentiero, si può raggiungere - lungo il crinale che prosegue sopra le case - un pianoro artificiale, oggi conquistato dagli arbusti, da cui si doveva godere di un panorama davvero notevole.
![Image](http://img692.imageshack.us/img692/5126/dsc00185z.jpg)
Straxo
Ad un certo punto occorre fare attenzione, dato che la traccia, vittima di una piccola frana, prende a salire destra ripidamente e prosegue, non troppo evidente ma senza alternative, in mezzo al bosco aperto. Abbiamo abbandonato chiaramente la vecchia mulattiera e proseguiamo lungo questo ripido sentiero sino al crinale secondario: c'è un passaggio attraverso i resti di un muretto di demarcazione (in senso opposto, varcato il muretto provenendo da Campoveneroso, si può sbagliare proprio all'inizio, dopo 50 metri, seguendo le tracce lasciate dai cavalli che talvolta pascolano in queste zone).
Siamo a circa 850 metri: si scende appena verso il roveto e si nota quindi a destra il viottolo, che prosegue verso Campoveneroso, disturbato in un paio di casi da arbusti e rovi abbattuti sulla traccia (all'unico bivio che potrebbe creare dei dubbi, più o meno a metà strada, si deve prendere la traccia più bassa). Attraversiamo le vecchie fasce di pertinenza di quel borgo: un'area relativamente vasta che, osservata dai monti e dalle valli circostanti, si fa notare d'inverno: un sistema di terrazzamenti che si sviluppa per circa cinquecento metri da sud-ovest a nord-est, e per oltre cento metri di dislivello, esposto verso sud-est.
Si arriva in vista di un rudere (dopo 1 h e 10' di cammino), un edificio suddiviso in due abitazioni, che con un altro grosso rudere poco più sotto costituisce la parte più settentrionale del paese di Campoveneroso. Una lapide venata e abbandonata a sé stessa (un'altra lapide, dal testo identico, è stata affissa con tanto di foto accanto al marmo posato sopra Noci, al termine della rotabile che collega il paese alla strada asfaltata presso Capenardo) è fissata sul muro perimetrale del primo edificio. Ricorda il partigiano "Giuda", Gildo Pensiero, ventiquattrenne genovese di via Invrea, morto a Campoveneroso il 21 gennaio 1945. Pagine di guerra partigiana circa Campoveneroso si possono leggere in "Scarpe Rotte" di Attilio Camoriano, "Il partigiano racconta" di G.B. Bazurro e "Valborbera 1944" di Rodolfo Maggiolo.
La sella accanto all'edificio costituisce la via di accesso a Campoveneroso attraverso la mulattiera che risale le pendici occidentali del monte Acuto: a destra, quindi, si scende verso Montoggio; a sinistra scende(rebbe) la via per Campoveneroso: per chi intenda tentare di avvicinare il paese, le cose di complicano a causa di crolli, frane e scenari "giunglari". In questo caso, si scende agevolmente sotto all'edificio della lapide, sino al secondo dei due edifici di cui sopra, dove il crollo di tetto e muro esterno a valle ha reso molto pericoloso il transito. Oltre, un piccolo edificio è quasi integro; un altro è privo di crolli ma in cattive condizioni; si notano, inoltre, altre due case che conservano porzioni di tetto. Il resto sono ruderi diffusi e impenetrabili.
![Image](http://img684.imageshack.us/img684/6646/dsc00125et.jpg)
la lapide di Campoveneroso
Dal muro con lapide, volgiamo le spalle allo stesso e prendiamo a sinistra: la via inferiore - la mulattiera principale che è la naturale prosecuzione di quella, già citata, che sale ad ovest del monte Acuto - prosegue in piano e sale con due tornanti sino ad un altro bivio, sulla sinistra, che costituisce un'altra via di accesso al paese; la via superiore, che non si nota facilmente (nella direzione opposta è invece evidente e può sembrare l'unica via possibile), conduce ad un piccolo spiazzo erboso sopra il paese (a sinistra di questo una via, che ha tutto l'aspetto di un cunicolo da cinghiali, affianca il paese e scende in prossimità del sopracitato piccolo edificio quasi integro). Ad intuito, poi, ci si può ricollegare alla mulattiera, che prosegue in direzione di Noci. Sopra lo spiazzo erboso, oltre che alla mulattiera per Noci si può raggiungere in un attimo un altro dosso erboso, dove transita il sentiero che unisce Noci a Campoveneroso dal lato a nord-est della montagna, e da dove di nuovo si può scendere in un balzo alla mulattiera principale.
Tralasciando l'intricata viabilità di Campoveneroso, la mulattiera che dal muro del rudere dove è affissa la lapide conduce alla sella sopra Noci necessita di 15' di cammino (totale 1h 25'), lungo la pendice nord del monte Caricato ("Garegou"). A destra per Teitin, a sinistra si scende in dieci minuti a Noci (che sorge fra i 780 e gli 800 metri), su bella mulattiera, attraverso le antiche fasce a nord-ovest del paese, esposte a sud. Poco prima dell'immissione sulla strada sopra le case, a destra, subito dopo una piccola sorgente, percorro una traccia che conduce dapprima ad un area in fase di esbosco d'altri tempi (la legna la portano a braccia, oppure con gli asini - non ci sono tracce di mezzi meccanici, né di teleferiche di sorta), e prosegue più o meno chiaramente, affiancando vecchi muretti a secco: ho pensato potesse condurre alla frazione di Axia, ma non ho proseguito più di tanto.
![Image](http://img714.imageshack.us/img714/1508/dsc00059et.jpg)
Noci
A Noci uno spuntino: oggi non c'è nessuno, neppure gli asini: l'erba è alta fra le case, hanno appena iniziato a tagliarla. Mi mantengo sulla strada: all'ultima svolta che toglie la vista sul paese (quota 916, sulle carte area definita "Costa Carmaiola"), quando si apre allo sguardo l'area un tempo dedicata al pascolo ed oggi - come di consueto - invasa dai rovi, mentre fischio un motivetto sono attratto, a destra verso valle, da una macchia di colore: il primo capriolo, mi vede, ci mette due minuti a decidere di andarsene, senza troppa fretta, nel momento in cui lo decido io.
![Image](http://img408.imageshack.us/img408/3906/dsc00177ch.jpg)
Cento metri, di fronte a me, ancora a valle sulla destra, un movimento: un secondo capriolo sta guadagnando a piccoli passi una minuscola radura fra gli arbusti, si guarda intorno e non mi vede, si siede e resta lì. Proseguo.
![Image](http://img229.imageshack.us/img229/270/dsc00181d.jpg)
Lungo questo tratto di strada ci sono due accessi al versante opposto: si nota un viottolo, che scende a sinistra: potrebbe condurre a Feto. A destra, si guadagna il crinale, si oltrepassa una vecchia recinzione e si segue, senza troppa difficoltà, la via di crinale che conduce proprio sotto al monte a quota 1020 (di cui ignoro il nome), il punto più alto della val di Feto. Dal secondo dei due accessi, quello più prossimo alla recinzione, occorrono dieci o quindici minuti per raggiungere la "vetta".
Scendo sull'alta via in direzione di Scoffera; proseguo. Lungo il tratto che conduce alla cima quota 1004, appena il tempo di togliermi due zecche che mi si sono appena appiccicate alle gambe, e schizza via, a dieci metri da me, un terzo capriolo. Evidentemente, si è trovato sopravento rispetto a me e quindi non ha sentito il mio odore. Mi accuccio, lui si ferma, si sporge per vedermi, io lo fotografo diverse volte, lui si allontana a grandi balzi, bramendo: un verso strano, quasi più simile ad un latrato canino.
![Image](http://img218.imageshack.us/img218/8673/dsc00197wz.jpg)
Proseguo, e al primo passaggio sul versante nord mi distraggo e perdo l'alta via, prendendo la mulattiera che scende (errore non solo mio, a giudicare dalle buone condizioni del fondo), chiara e comoda sin quasi all'immissione su un'altra mulattiera, cinquanta metri prima della quale occorre appunto superare, senza difficoltà, una riga di alberi abbattuti. Faccio mente locale: potrebbe trattarsi di quella vecchia mulattiera che un tempo doveva unire la zona del Busco, di Poggio e di Caldari con quella della Dragonata. La Dragonata consiste in quell'area che dagli abitati di Candini e Fogliarini si spinge verso il crinale che divide la val Bisagno da quella di Laccio, con una serie di casoni annessi, ormai in gran parte abbandonati e ridotti a poche pietre ammassate.
Sono alla ricerca, da qualche tempo, di una via che unisca l'AV con il Busco (le due case al termine della strada asfaltata che si stacca dalla statale 226, frazione Ferriere, indicazioni Candini e Chiappa), una mulattiera indicata sulle carte, che si staccherebbe dall'Alta Via nel tratto compreso fra il monte Dragonata e il monte Spina, che transiterebbe accanto ai "Casun" (quota 839) e troverebbe la via per il Busco nel punto in cui si passa di crinale (dal versante del Laccio al versante del Feto). Dal Busco, in meno di dieci minuti, un viottolo raggiunge questa sella: a destra si scende in direzione del Pian de l'Arbosa e di un paio di cascine di pertinenza di Cuneo dei Corsi.
![Image](http://img249.imageshack.us/img249/492/dsc08709.jpg)
una vista invernale dalla zona del monte Spina: in primo piano (da sinistra a destra) il Busco, Caldari e il Poggio; in secondo piano Straxo e il monte Acuto
A sinistra ho provato una volta: ma dopo un guado e una sorta di radura, un rudere di secchereccio (ritengo quello situato sopra ad un altro edificio, segnato sulle carte a quota 742) e un'altra radura, il sentiero - già molto precario - si perde. Quella volta raggiunsi i "Casun" per caso, risalendo il costone: una bella radura, questa sì, ampia e pianeggiante, oggi avvolta dal bosco e dagli arbusti, con tre o quattro edifici di cui un paio ancora integri nonostante l'abbandono. Della mulattiera, nessuna traccia. Risalii ancora per il bosco, molto ripido, e raggiunsi quasi per caso una mulattiera, che mi condusse al passaggio sopra descritto (quello sotto al monte Dragonata).
Dunque torno indietro. Ripresa l'Alta Via, raggiungo la sella erbosa della Dragonata: il pianoro, che volge a settentrione, ospita una piccola fioritura di narcisi. Si scende attraverso il prato, al versante nord: nel momento in cui si sta per ritornare sul versante di val Bisagno, si notano a sinistra alcuni impercettibili passaggi che scendono. In due salti ci si trova su un sentiero (che nel punto in cui si unisce all'alta via è occluso da arbusti e vitalba; è per questo motivo che occorre scendere per quei passaggi, appena fuori sentiero).
![Image](http://img31.imageshack.us/img31/8903/dsc00212kj.jpg)
Dunque scendo per questa via, ma non riconosco l'immissione dell'altra mulattiera che avevo percorso precedentemente, dopo aver perso l'Alta Via. Forse si trattava di un'altra mulattiera ancora. Questa, dunque, peggiore sensibilmente, in un tratto conosce una variante a causa di una serie di alberi abbattuti e mai più tagliati, quindi si restringe sensibilmente (o si perde e prosegue come sentiero, chi lo sa) e raggiunge infine la sella in prossimità del Busco. Prima, tornato sui miei passi individuo anche il punto in cui il sentiero si divide: a sinistra prosegue verso quel rudere di secchereccio che affiancai la volta che raggiunsi i "Casun", a destra sale la via dove sono sceso oggi.
![Image](http://img535.imageshack.us/img535/1315/dsc00223iz.jpg)
il bivio del sentiero: si proviene dal Busco: a sinistra si va al rudere del secchereccio, a destra si sale precariamente verso la Dragonata
Dal Busco (quota 792) un sentierino raggiunge il Poggio (due edifici - di cui un rudere - per tre abitazioni) in un minuto, evitando la strada asfaltata. Su asfalto scendo a Caldari (due case) e Candini (una decina, quota 667), uno spuntino; quindi, tagliando spesso per il bosco, raggiungo il fondovalle in breve, in frazione Ferriere (quota 517). Di lì a Bromia sono circa 3.5 km di strada. Dal Busco si può scendere a Riosi e Chiappa e quindi a Morasco attraverso Busé, accorciando il tutto; oppure ci si può avventurare in val di Feto, verso Cuneo dei Corsi e i Lavagetti, ma questa è un'altra storia.
![Image](http://img35.imageshack.us/img35/6136/dsc00274zt.jpg)
Costalunga, statale 226
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Preferisco percorrere i sentieri proposti fra ottobre e maggio, per evitare i periodi in cui la vegetazione è più folta.
Il tempo indicato per salire da Bromia a Noci via Straxo consente una tranquilla camminata.
cartine di riferimento:
Edizioni del magistero, Ge-1 (Forti di Genova, Nervi e Recco) e Ge-5 (Alta Valle Scrivia), 1:25000
bibliografia:
"Monte Bano molte storie" di M. Fezzardi, ed. La Lontra
"Chi nasce mulo bisogna che tira calci" di Ferrari, Gnoli, *nero* e Paveto, ed. Musa