Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

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lmmt
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Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

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Sveglia.
È ancora buio. Sono le sei e mezza.
Mi giro… Sonno.
Regolo nuovamente la sveglia alle sei e trentacinque.
…Belin! Come sono corti cinque minuti! Mi alzo. Prima di addormentarmi, astutamente ho attaccato il piccolo scaldabagno per evitare al mattino, al momento di lavarmi, inutili eroismi, ché già l’ora della sveglia avrebbe fatto la sua parte.
Scendo, mi stropiccio un po’; la stufa non l’accendo: c’è ancora un certo tepore.
Faccio abbastanza veloce, sono pronto, riempio lo zaino: prima di tutto il “kit di sopravvivenza” di quando vengo su (ché al ritorno non passerò di qua ma andrò giù direttamente); quindi un sacchettone di castagne, raccolte ieri a Pareto, in Costagrande: le voglio portare giù a casa – dicono che siano così buone – oppure, se si potranno fare, le mangeremo su al monte, con buona pace dei miei propinqui: tanto, occhio non vede, cuore non duole.
Braghe, scarponi, camicia e giaccone; e anche le braghe da pioggia: ieri ha cominciato a piovere alle sei e a mezzanotte aveva ancora da smettere.
La cartina, consultata alla sera per trovare tra le pieghe delle curve di livello sempre nuovi suggerimenti ché del resto la so a memoria, la lascio in casa per evitare di bagnarla e/o spiegazzarla; la macchina fotografica, non c’è problema: l’ho dimenticata a Genova.
Ah, l’acqua. Chiudo e parto; svolto l’angolo, salgo per la stradina; faccio a tempo a comprendere che non c’è un bel niente che mi pizzica le mani, e che è colpa del freddo, intenso in quest’alba di metà ottobre… i guanti!
Sono le sette e venti. È ancora buio ma già si vede a sufficienza. La condensa delle nuvole basse dà l’impressione di una pioggia fine fine, ma è un fuoco di paglia.
Al Belvedere non si vede l’Antola ma riesco a mettere a fuoco la Cerviasca.
Da Ternano ai Crosi – Frassinello, Frassineto, le Cavanne, la Gorra, le Cascinette e di là Caserza – è tutto al proprio posto; qua niente si sposta di un millimetro… Mi viene in mente “La giusta distanza”, un film di Carlo Mazzacurati, del 2007, con una bravissima e bellissima Valentina Lodovini, un film a mio modo di vedere connotato da un forte carica di antirazzismo, dove per una volta “l’altro”, il diverso da noi è vittima innocente; un film in cui mi sono imbattuto casualmente, uno dei tre film all’anno che hanno il privilegio di essere visti da me.
Sono convinto di avere individuato il motivo per cui ne guardo così pochi: si tratta di un di linguaggio, quello dei film, che mi disarma nel vero senso della parola, mi coglie impreparato, mi mette di fronte a decine di domande semplici e a un tempo senza risposta. È un mio limite: generalmente, all’arte, all’interpretazione preferisco il libro, possibilmente di storia.
“La giusta distanza”, appunto, mi viene in mente perché, ad un certo punto della pellicola, a bordo della sua apecar l’appassionato radioamatore Franco (interpretato da Natalino Balasso) si rivolge al protagonista (il diciottenne Giovanni) seduto al suo fianco, più o meno così:
«Una volta qui era tutta campagna…».
Silenzio.
«…ma Franco, qui è ancora tutta campagna», gli risponde Giovanni.
«…'azzo qua non cambia mai niente, eh?», sibila Franco di sottecchi, mentre il campo di ripresa si allarga ad abbracciare la vasta funerea monotonia delle risaie del Polesine.
Copro i cinque chilometri che mi separano da Croce in cinquanta minuti, e faccio a tempo a incrociare ben tre squadre di cinghialisti già belli carichi, che il diavolo se li porti! Ai Pochettini una magnifica casa rurale è in vendita, terreni e cascine incluse… magari!
Ormai è giorno, luce. Sono in ritardo. Una pecora alza la testa impaurita. Le tetre e ordinatissime villette sorte tra la Martellona e Croce e aggressivamente recintate sono tutte chiuse, disabitate. D’altronde, il camino del grosso caseggiato che si erge diruto sopra l’aia sfatta dal pestare delle bestie, fuma.
All’altezza del cimitero, sento suonare le otto. Sono in ritardo.
Al primo panificio, entro. «Volevo una pagnotta…», avevo letto che sarebbe servito del pane. «Anzi due… Va beh facciamo tre!»
Esco veloce, con lo zaino aperto che si domanda dove poter trovare lo spazio per accogliere le pagnotte; eccomi da Gianni il droghiere, che per farlo uscire dal retrobottega ci vuole il megafono.
Un etto di prosciutto. Piano piano raggiunge l’affettatrice. «Duvve ti vè?”
«Mah, di là…»
«al Reopasso…?»
«Sì, sì…»
In piazza. Sono le otto e dieci.
In genere arrivo in anticipo, non in ritardo – ho preso dalla mamma, nonostante papà –. Qui non c’è nessuno. Una sensazione s’insinua: il mio compagno di strada è già partito. Chessò, magari è un tipo puntuale, un po’ pignolo, si sarà indispettito. E ora?
Idea! Magari la “punta” era intesa dalla chiesa là in alto (che magari non è una chiesa ed è una cappella ma io non le so queste cose). Vado.
E non c’è nessuno. Mollo lo zaino e torno indietro.
Nessuno. Sbircio nelle botteghe aperte, di nuovo da Gianni, e da quel macellaio che un paio di estati fa mi rifiutò (si fa per dire) un impiego estivo come “aiuto macellaio” (dovevate vederne la faccia, quando gli ho detto che no, io non ho fatto l’alberghiero…).
Niente, nessuno. Allora deve essere già partito. Per forza. Riprendo lo zaino, sono le otto e venti: vado.
Qua bisogna filare, se no non li/lo prendo più. E la prendo allegra, al trotto. Sono due settimane che, vuoi per questo o per quell’altro, non sono uscito né in bici né a piedi. Ultima uscita, un giretto: giù a Busalla, quindi Isola, Vobbia, Croce e di nuovo a casa, per trentanove chilometri in un’ora e venti, con record al valico della Martellona: da Vobbia, 6.1 km in diciotto minuti e cinquantacinque secondi. Un drago, un drago! – mi ripeto – auto-esaltandomi.
Costeggio il Reopasso di filata e al bivio per Camarza è un quarto d’ora che cammino. Svolto nel bosco. Quattro balzi e un giovane cinghiale taglia il costone telando atterrito. Mi affretto, per cercare di vederlo meglio, ma ha già preso il largo. A sinistra, disturbato da noi “grandi”, uno scoiattolo rosso di ramo in ramo scende a valle. Venti metri più avanti, a una svolta, due colombacci prendono il volo in un frusciar di foglie ed ali. C’era un convegno, penso tra me.
Trentacinque minuti: ecco il bivio per la Bastia. Un tratto in discesa con grosse zolle di soffice terra smossa mi permette di riposare le ginocchia. Si cammina sulle nuvole. È un attimo, lì a destra c’è la strada: è quella carrareccia che porta da Minceto alla cascina Fobè, dove non sono mai stato. Ma sarà per un’altra volta: questo qui vola, altroché, finisce che non lo prendo più: bisogna trottare!
La strada è molto bella, in buone condizioni. La vista si è mantenuta buona (da Croce verso Camarza, Semino e Bastia, mentre su Vobbia nebbia fitta) sin qui; ora i versanti opposti sono nascosti a vicenda. Ad un certo punto si apre al mio sguardo uno scorcio sulla val Vobbia: Selva e Noceto, quindi la Costa e Vallenzona con il Poggio in primo piano.
Sono ormai in prossimità dei boschi dell’Aiolo, una delle più grosse estensioni boschive del vobbiese (sì che oggi è tutto bosco, ma cent’anni fa v’era certo maggiore distinzione tra le fasce coltivate e il bosco), dove si trova la “via dei sette abèrghi”, forse d’antica proprietà fliscana. Ora jeep, panda. Cacciatori. La strada sale a sinistra, ma io, sicuro, vado a destra. Ecco un cacciatore…
«Di qua non si passa eh».
Ecco, i cinque minuti… Lo affronto, sicuro e deciso: «eh sì, oua, io devo andare a monte Reale…!»
«Guarda, è dall’altra parte…». Imbarazzo, vergogna. Sì: ho perso l’orientamento, senza guardare minimamente la segnaletica, che è ben chiara.
«Ah, beh, bih…», balbetto; «ma non è che mi sparano, di là…?», mi riprendo bellicoso. «No guarda, ora avviso gli altri che stai passando», dice. «Noi spariamo giù di qua», nelle valli tra Griffoglieto e l’Aiolo; «di qua non vai da nessuna parte, vai per crinale, poi finisce; invece lì a destra scendi – sai dove? – al ponte di Zan…», mi dice parlando piano il cacciator gentile e con ciò mostrando dispetto per i decibel in sovrappiù – che certo disturbano la “battuta” – del mio tono di voce, ancora sovraeccitato com’è nonostante la mancata rattèlla.
«Ah! Sì sì, ho capito… Va ben… Allora grazie… Arrivederci!»
Un cacciatore, poi un altro; un fuoristrada e un cacciatore, un cacciatore e un fuoristrada, e via così. Uno di essi (un cacciatore, non un fuoristrada), sovradimensionato, ha posato la sua massa su una sedia pieghevole, che per miracolo ne sorregge gli strati ripiegati su sé stessi – che immagine.
Ancora un cacciatore. Un’illuminazione: «ha visto mica un signore…?» «Guarda, sono qua da che era appena chiaro…». Bene: ho quasi la certezza di come il mio compagno di strada, da Croce non sia mai partito. Ma oramai sono lanciato: al bivio sopra Minceto è un’ora e cinque che cammino. Ben, non male – mi compiaccio.
Approccio l’ultimo spezzone che mi porterà in vetta: il piano, la breve secca salita ai tavolini; poi un paio di tornanti: non li ricordavo, mi spezzano un po’ i polmoni. Proseguo a passi brevi e rapidi. Nel bosco, sino al bivio delle Cascine. Ci siamo. Ecco la chiesa-rifugio. Eccoci: sono le nove e cinquanta.
Presumo non ci sia nessuno. Non c’è ancora nessuno, infatti. Sono piuttosto sudato. Mi levo tutto, per asciugare un minimo: dentro, l’ambiente è secco. Resto in mutande. Si sta bene. Non faccio in tempo che subito si apre la porta: come non detto… «Scusa, scusa…».
Mi rivesto goffamente; è un signore che è salito dalle Cascine. Ha letto del raduno, ha deciso di salire. È un grande camminatore, appassionato di montagna. Si supera la ligure reciproca diffidenza e si parla di un po’ di tutto: di Tobbio, di Alfeo, di Antola in tutte le salse, di formaggette (pregevole ai Lavazzuoli, ottima anche quella di capra al Badalucco (da “Silverado”) sotto Carsi, fantastica quella di cabannina, la vacca avetana, che vendono alla Pensa, tra Santa Maria del Porto e i Donderi). Un’ora e il signore di Bolzaneto (originario dei Campassi) discende a valle.
Un panino. Un altro panino. Acqua e succo. Un giretto fuori. Di tanto in tanto i banchi di nuvole si interrompono, si vede qualcosa: Griffoglieto più spesso, Marmassana e le sue stalle, anche il bric delle Camere; e il Carmo s’intuisce (ma forse è un altro), ma l’Antola rimane sempre sotto una cappa (saprò poi della spruzzata di neve).
È mezzogiorno e dieci. Qua mi sa che non arriva nessuno – penso – e va beh, che tanto la traversata da Croce a monte Reale si trovava da troppo tempo nella mia personale “black list” dei giri ancora “da fare”.
Al quarto, parto – mi dico. Mi giro – sono in vetta, la chiesa-rifugio rimane alla mia sinistra – e la porta è aperta. Ma io l’avevo chiusa… Chi c’è, chi non c’è, ed ecco un altro temerario.
«Piacere Lorenzo», «piacere Paolo»; «ah tu sei quello che… io invece…»; «ah, già, là c’è quel…»; «sì ma se ti interessa io…» e avanti così. Mi ha fatto molto piacere conoscere Paolo alias Wolf (tra l’altro, ma che bella firma che hai?!): mi spiega del rinvio del raduno, si parla poi di tante e varie cose, ma viene il momento di andare.
È l’una e dieci, lascio Paolo al monte e scendo a valle, sulle Cascine nel castagneto e poi per la strada sino alla stazione di Ronco, in una mezz’ora.
Il treno è alle due. Ho un quarto d’ora. Un giro breve per Ronco. Tante tracce di Renato Quartini, “Tino”, nato a Ronco Scrivia il 27 settembre 1923, residente a Certosa negli anni della guerra e operaio all’Ansaldo di Sampierdarena; fece parte dei GAP e fu ferito a San Fruttuoso (nel corso dell’azione fallita che avrebbe dovuto condurre il commando di cui faceva parte a liberare il compagno Riccardo Masnata, ferito e piantonato al San Martino), all’angolo tra via Manuzio (allora campi e orti – da non credersi) e via San Fruttuoso, là dove morì il suo compagno Lino Melegari. La gamba di “Tino” fu poi amputata, e fu zoppicando sulle stampelle che venne prelevato insieme ad altri diciannove prigionieri politici (di questi, due fuggirono durante il trasporto e uno sopravvisse alla fucilazione) e in particolare insieme al suo amico Bruno (Riberti, pure di Certosa ma nato a Ferrara, di tre anni più piccolo, che ebbe lo stomaco perforato nello scontro di San Fruttuoso), e condotto nella notte fra il 22 e il 23 marzo 1945 ad Isoverde e di lì, per una traccia da capre, su al monte Carlo, sorretto a braccia dai compagni e fucilato con essi al cimitero di Cravasco.
Il paese era stato messo a ferro e fuoco in serata. Si trattava di una rappresaglia: il giorno prima nove tedeschi erano caduti in un agguato teso dai partigiani della Balilla, i duri, i migliori della Sesta Zona. Gli stessi che avrebbero promosso e si sarebbero incaricati della contro-rappresaglia, portata a termine il 4 aprile seguente con l’uccisione di trentanove prigionieri. Questa volta i nazisti tedeschi e i fascisti italiani non rilanciarono. La Liberazione era vicina e ormai lo sentivano tutti.
Treno. Sedile. Ah… quasi mi addormento.
Qualche fila più avanti, un ragazzo anglofono strimpella con la chitarra seduto a fianco di altri due uomini, credo cingalesi. A Principe, scendono; lui si gira, mi guarda.
«Give me all your money!», mi canzona. «Give me all your money! I play good...»
Nicchio, abbasso gli occhi, scrollo appena la testa. In tasca ho più novantasei centesimi, mi sembra offensivo. Gli dico «niente…», rinunciando anche solo a fare sfoggio del mio pessimo inglese. Poi «Genova?», mi fa segno. «Sì…». «But Genova Genova?» insiste. «Sì, sì». «for Ventimilia», mi dice. Allora okay, gli faccio, «scendi qua».
Si carica sulle spalle uno zaino enorme, lo zaino di tutti quelli che vivono di strada, si affretta a scendere e, all’altezza del mio posto, incrocia una ragazza africana, bellissima, che è appena salita.
Si ferma: «I love you» – la stupisce – «I love you», insiste.
Lei si sposta, infastidita appena; lui sorride, prosegue e scende.
Io rido piano; lei sorride.
Poi lei si affaccia e, in inglese, dice al ragazzo qual è il binario giusto per Ventimilia. Lui, stupito, si avvicina, la ringrazia. «I love you», ancora.
Il treno parte, lei chiude il finestrino, sorride e alza gli occhi al cielo.
A Brignole scendiamo. «Allora ciao», le faccio, e lei: «…ciao».
Poi, dopo, penso che lui, magari, non avrebbe sottilizzato più di tanto, sui novantasei centesimi. Buon viaggio, suonatore, e come dicevano i Modena City Ramblers, “forse un giorno potremo incontrarci, di nuovo lungo la strada”.

Lorenzo



...................Fonti:
“La resistenza sestrese”, di Clara Causa, 2000
“Val Vobbia”, di Maria Ratto e Alessio Schiavi, 2003
“La sega di Hitler”, di Manlio Calegari, 2004
“Viaggio nella memoria”, a cura di Giuseppe Morabito e dell’ANPI (sezioni di Marassi, Quezzi e San Fruttuoso), 2005
“La giusta distanza” (film), di Carlo Mazzacurati, 2007
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wolf
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by wolf »

:smt023

una penna (giovane) per quotazero...
(senza offesa per tutte le altre valide 'firme' della comunity)
.
.
...a predicar la pace
ed a bandir la guerra
la pace tra gli oppressi
la guerra all'oppressor
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Ago
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by Ago »

Grazie.
Sento il tuo passo sincrono col mio

http://ik1ype.blogspot.com/
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scinty
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by scinty »

:D =D> =D> =D> Grande grande racconto!!! Innanzitutto grazie per averci reso partecipi della tua bella giornata, quella che avrei voluto condividere con i miei amici di quotazero ma che, PURTROPPO, essendo stata avvisata per tempo, mi sono persa!!!
Il raduno di nessuno... avrei intitolato il mio racconto, ma vedo che invece in vetta c'erano pochi ma buoni. Due persone che hanno qualcosa da dire, che sanno entusiasmare con i loro racconti e che si sono incontrate avendo la fortuna di poter scambiare almeno quattro chiacchiere.

Mi pento amaramente di non aver realizzato con alec il mio pensiero (venuto così e andato via come una folata di vento): salire sul Reale noi due, nonostante l'annullamento del raduno. Avremmo incontrato te e wolf.

Mi avrebbe fatto molto piacere conoscerti, spero ci sia una nuova occasione.
lmmt wrote:Quattro balzi e un giovane cinghiale taglia il costone telando atterrito. Mi affretto, per cercare di vederlo meglio, ma ha già preso il largo. A sinistra, disturbato da noi “grandi”, uno scoiattolo rosso di ramo in ramo scende a valle. Venti metri più avanti, a una svolta, due colombacci prendono il volo in un frusciar di foglie ed ali. C’era un convegno, penso tra me.
Pensa che venerdì notte, salendo in Valbrevenna, abbiamo incontrato sulla strada due gatti e un tasso! Arrivando in macchina non abbiamo potuto vedere cosa combinavano (bisticciavano? Flirtavano? Si studiavano?) ma la scena di veder scappare insieme il gatto e il tasso mentre un secondo gatto ci guardava passare nascosto nell'erba è stata abbastanza singolare!!!

lmmt wrote:ma l’Antola rimane sempre sotto una cappa (saprò poi della spruzzata di neve)..
Oggi mentre pranzavamo, con il sole che sembrava scaldare attraverso i vetri nonostante il gran freddo fuori, il vento che scendeva giù con forza dai monti creava dei mulinelli di neve ghiacciata!!!
solo perdendomi nella natura ritrovo me stessa
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by wolf »

scinty wrote::D =D> =D> =D> Grande grande racconto!!! ....
Due persone che hanno qualcosa da dire, .... e che si sono incontrate avendo la fortuna di poter scambiare almeno quattro chiacchiere.
abbiamo solo cominciato! il meglio deve ancora venire, o meglio, immt me lo deve ancora raccontare... e spero non solo a me :!: :!: :!: :shock: :wink: :D
scinty wrote:Mi pento amaramente di non aver realizzato con alec il mio pensiero (venuto così e andato via come una folata di vento): salire sul Reale noi due, nonostante l'annullamento del raduno. Avremmo incontrato te e wolf.
devo dire che - in fondo - contavo di veder apparire la mini rossa! :wink:
.
.
...a predicar la pace
ed a bandir la guerra
la pace tra gli oppressi
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lmmt
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by lmmt »

Ciao!
Quattro addenda/retroscena per stemperare:
  • Sono stato un idiota a non lasciare il mio numero di telefono a Francesco alias Terralba; ma forse è stato meglio, perché forse (ma non credo) se avessi saputo dell'annullamento avrei potuto decidere di non andare.
  • Il ragazzo, scapigliato e arrangiato alla buona di per sé, avrebbe forse avuto miglior fortuna senza quel buco in mezzo al sorriso: per la serie, "fammi crescere i denti davanti, te ne prego bambino Gesù"!
  • Prima di terminare il racconto, confesso di aver chiesto a Delorenzi il nome di Wolf (scusa! :oops: ) perché non ricordavo se si chiamasse Paolo o Marco...
  • Magnifica giornata coronata da un successo: 2-1 per la Samp! :D
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Alec
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by Alec »

Complimenti per il bellissimo racconto =D>
Io credetti e credo la lotta con l'Alpe utile come il lavoro, nobile come un'arte, bella come una fede.

Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
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Pazzaura
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by Pazzaura »

Che forza... stupendo racconto.
"Se non fosse unta, non fosse focaccia." Ignota
paolo59
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by paolo59 »

Bellissimo racconto! : Thanks :
Paolo

Il silenzio è il grido più forte.
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delorenzi
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by delorenzi »

Bello il racconto..... è già arruolato per la rivista avendo già scritto alcuni pezzi
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skeno
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by skeno »

=D> =D> =D>

Ciao
Skeno
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terralba
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by terralba »

Bravissimo Lorenzo, hai grande stoffa da narratore. Se non fosse che la mia professione è ormai pressoché morente e con pochissime possibilità di accedervi ti direi che non potresti che fare il giornalista, da grande...
Menomale che non ci siamo scambiati i numeri di telefono, magari davvero avresti saputo dell'annullamento, non saresti partito e noi non ci saremmo goduti il tuo racconto.
Quota(z)zeriamo tutto... Ci ridiamo appuntamento il 14 mattina a Crocefieschi?
Ciao
pace e bene
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ghibli
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by ghibli »

Gran bel racconto! : Ok :
Se io e mia moglie non avessimo visto il sole sui monti del levante saremmo saliti con wolf.
Grazie e alla prossima! : Thanks :
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giorgio.mazzarello
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by giorgio.mazzarello »

Bel racconto Immt!!

Giorgio
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teo-85
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by teo-85 »

Splendido racconto, anche questo è segno di un rapporto speciale tra uomo e montagna...
"Un uomo va al di là di ciò che può afferrare" (N. Tesla)
"De gustibus non disputandum est"
La montagna non uccide... è l'uomo che sottovaluta i pericoli...
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Ramingo
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Re: Il mio raduno - Buon viaggio, suonatore

Post by Ramingo »

E finalmente l'ho letto anch'io! =D> =D> =D>

Grandioso!!! Complimenti, gran bella penna davvero!
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
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