Ieri con Alec abbiamo osato calcare le orme di Armando Biancardi… beh, non proprio, lui una volta arrivato alla Testa del Duca si annoiava e rifece al contrario tutta la cresta!!!
Uhm…

abbiamo ripercorso le orme di Andrea Parodi… beh, non proprio, lui il giorno cui si riferisce la relazione correva sulle creste leggero come l’aria!
Allora le orme di gambeinspalla, ovvero Andrea Costa… beh, non proprio! Lui e il suo socio ci hanno messo solo 6 ore a fare la cresta!!!
Vabeh, vabeh, lo sapete, la cordata Fantozzi-Filini si deve sempre distinguere per raddoppiare i tempi di percorrenza!
Però è stato bello… non mi sono nemmeno lamentata tanto
Non ero mai stata sul Marguareis, l’unica gita in zona era stata anni fa la Cima delle Saline. Per rimediare, ho calcato 10 delle 11 cime previste da questa traversata descritta nel libro “Le Alpi del Sole”,
cuscì me sun levà a coæ.
Siamo saliti sabato pomeriggio al Garelli, in due ore. Il tempo era un po’ nuvolo ma per fortuna non ha piovuto. Dopo esserci cambiati e rilassati abbiamo aspettato la cena che si è meritata i miei complimenti alla cuoca! Cose semplici come in tutti i rifugi ma gustose, Alec aveva già il muso lungo quando ha visto preparare il minestrone, avreste dovuto vedere invece come faceva luce quando nel portarci la zuppiera al tavolo insieme ad un’altra coppia ci han detto “poi vi portiamo la pasta!”. Poi spezzatino tenerissimo e sughettoso con piselli e fette di polenta! E abbiamo pure speso poco, magari anche perché non abbiamo fatto la colazione. Altra chicca è stato avere la camerata tutta per noi, non so quante stanze ci sono ma tutti gli altri si sono sistemati altrove, noi abbiamo dormito nel silenzio totale senza la preoccupazione di svegliare tutti al mattino presto! Insomma una cena e pernottamento da dieci e lode!
Al mattino, dopo aver rimandato di un pochino la sveglia (si stava così bene…) partiamo alle 5:20 dal rifugio con la prima luce, raggiungendo il Col del Pas alle 6:50. Ci incamminiamo sulla cresta per la prima cima, la Punta Carmelina dove da subito non capiamo dove si deve passare, ma perdiamo in fondo poco tempo. Poi saliamo sulla Punta Emma, e ci dirigiamo per prati e poi per roccette verso la Cima Bozano dove approdiamo a due ore e mezza dalla partenza dal Col del Pas.
Nessuna difficoltà fino a Cima Pareto e al Marguareis, per il quale abbiamo seguito il sentiero (non la cresta, se posso evitare di passare su pareti precipiti è meglio…), arriviamo in vetta per le 10:30, incontriamo qualcuno che ha salito il Canale dei Genovesi, firmiamo il libro di vetta e proseguiamo per concederci una pausa all’uscita del canale. Ora arriva il bello, penso… la temibile cresta che porta alla Punta Tino Prato…
Ci sediamo un attimo, ho bisogno di riposarmi e recuperare energie, veloce colazione e un’occhiata per studiare l’affilata cresta alla quale ci avviciniamo. Arrivati di fronte al compatto placcone, mostro qualche titubanza ma sorrido vedendo che si può evitare. Alec parte ma a un tratto si blocca… valuta pericoloso proseguire, gli appoggi per i piedi non li trova, torna indietro, io di certo non disdegno. Tuttavia anche scendendo e risalendo per trovarsi di fronte all’ultimo pezzetto di cresta, la musica per me non cambia: Alec parte cautamente, poi si eleva in piedi e cammina come un funambolo con alla sua sinistra e alla sua destra due pareti vertiginose una delle quali con bella vista sul Canale dei Genovesi. A me vengono i capelli dritti. Arriva dalla parte opposta e mi dice “vieni”. Lì cominciano i dilemmi “non ce la faccio, non posso, sverrei… mi slego! Vai tu…” e così ho rinunciato alla Cima Tino Prato. Avrei potuto raggiungerla dal canalino dal quale poi è sceso lui, ma ho preferito tenermi al riparo scendendo subito per detriti fino al nostro punto di incontro poco più in basso. Il canalino in questione mi sembrava molto ripido e soprattutto nascondeva dietro di sé un paretone pauroso, come tutti i monti da queste parti del resto. Da una parte erbosi e dall’altra a filo di piombo!
Scendiamo verso il Colle dei Pancioni e cosa vi troviamo? Una panciona… di neve! Ripida e antipatica. Inconveniente che ci rallenta; aiutata da Alec con la corda mi calo tra i “crepaccini” e scendo su placche bagnate e scivolose, alla fine però su quella benedetta lingua di neve ci devo salire, riesco ad arrivare in fondo senza troppi traumi. Lui però l’aiutino dall’alto non ce l’ha e per raggiungermi ci rimetterà un po’ il suo didietro!
Continuiamo ancora per la Cima dell’Armusso, anche qui tra erba e detriti, piano piano. Che stanchezza tutte queste salite, mi sembrava di essere a buon punto fino a quel momento e invece c’è ancora così tanta cresta da percorrere…
Eccoci in vista del suggestivo Castello delle Aquile, con in tasca l’insuccesso della Tino Prato (totale per me, “parziale” per Alec, penalizzato dall'aver saltato un pezzo di cresta

), non immaginiamo che ce ne aspetti un altro al Castello… che si rivela da noi inespugnabile; ci sediamo un attimo e Alec galantemente mi chiede se preferisco aggirare. Sono solo due tiri in fondo, 50 metri di roba… è l’una. Proviamo! Risaliamo il canalino di erba e rocce e facciamo una sosta. Da lì dovremmo superare uno strapiombetto, così pare, la via Biancardi è data III+. Insomma dovremmo farcela!
Niente da fare, lo strapiombetto di III+ è un tetto invalicabile! Sembra proprio che non riusciremo a passare, non ci sono chiodi, nulla che indichi se siamo nel giusto… si fa tardi, non possiamo stare tanto a cercare… vista la giornata di bel tempo e le giornate lunghe di questo periodo avevo deciso di fare la traversata con tutta calma, ma a tutto c’è un limite.
Aggiriamo il Castello per risalirlo dall’altra parte, avvolti ormai dalle nuvole. Dentro di me spero proprio che abbiamo sbagliato attacco… altrimenti siamo rovinati se non siamo in grado di fare un III+

, poi per quello che mi importa… mi spiace più per Alec, però, sì, lo ammetto, è dispiaciuto anche a me

; sulle creste affilate niente da fare... ma sulle paretine me la sono sempre cavata. E già che eravamo in gioco... sarebbe stato bello giocare, ecco! Consultando a posteriori la relazione di gambeinspalla, lui scrive che il primo pezzo da risalire è una placca e non uno strapiombo. Chiodi per la sosta non ne abbiamo visti, lui dice che un chiodo c'è. Mannaggia a me che mi è venuto in mente di stampare la sua relazione solo quando mi trovavo nel mio lettino al Garelli!
A quel punto l’entusiasmo cala un po’, vuoi per la via mancata, vuoi per il tempo più nuvolo, ci dirigiamo verso il temutissimo Scarason! Che invece, nonostante i miei timori, si è rivelato più amico di quanto credessi: la cresta era sufficientemente larga (ma mi son guardata bene dal gettare occhiate ai lati!) e nella discesa siamo riusciti a evitare le placche più continue passando tra piccole placchette ed erba, fino a imboccare un canalino e portarci piano piano al sicuro; certo che visto dal basso quel versante fa una certa impressione!
A questo punto ci rimangono più da salire la Cima di Piero e la Testa del Duca e la stanchezza sfocia nei consueti bisticci “scendiamo di là” “ma non vedi che dobbiamo andare dritti” “seguiamo i bolli, dai si torna a casa” “no bisogna fare anche la Cima di Piero, non rompere”!!!
Tra un battibecco e l’altro troviamo la pace sulla Testa del Duca, nell’ultimo pendio ho messo la quarta nonostante gli sbuffi da locomotiva che mi hanno accompagnato per tutta la gita, ma non ne potevo più, era l’ultima salita! Abbraccio l’ometto di vetta e mi guardo intorno.
Panorami bellissimi per tutta la gita, le vallate, la pianura, il Monviso e il Rosa, tutta la linea dei monti innevati! Ce l’abbiamo fatta! Più o meno gloriosamente ma siamo arrivati! Ora però è Alec che inizia a lamentarsi: ma dov’è il sentiero, dov’è il passo del Duca? Con fare sbrigativo cerco di tranquillizzarlo “su da qualche parte sarà, muoviamo il sedere e qualcosa troveremo”

semplice no? Certo che dalla vetta, anch’essa ardita sul versante nord, il passo resta ben nascosto poco al di sotto, in realtà basta scendere per il pendio erboso per avvistare subito il sentierino che si stacca per raggiungere il passo. Sono le 17:45… arriveremo alla macchina verso le 20:00!!! Pazienza, c'è luce, il tempo è bello, i posti sono piacevoli... chi ci corre dietro oramai?
Eravamo partiti abbastanza bene, almeno mi sembrava, poi ci siamo persi, c’è da dire che la galoppata è davvero lunga, io credevo che dal Castello delle Aquile mancasse poi ancora non molto e invece… alla luce di tutto ciò non so se si potrà chiamare Traversata Integrale però le cime sono state salite

. Rinnovo invece i miei complimenti ad Andrea e Flavio per la loro bravura!
Ad ogni modo, in conclusione, me la sono goduta, è stato un assaggio gustoso della zona dove tornerò ben volentieri magari per una sana camminata (ogni volta è la stessa storia “La prossima volta che andiamo in rifugio voglio solo camminare”, ma se è per questo anche “mai più gite così lunghe”… quante volte l’avrò detto, l’ultima il fine settimana precedente!

).
I posti sono meravigliosi (sarà che non conosco tanto bene la Val D’Aosta

scusa Sub ma non potevo resistere

), veramente, continuavo a esclamare che bellezza dalla partenza fino al ritorno all’auto! Anche al mattino, quando camminavamo verso il Col del Pas, con la Cima delle Saline in bella vista, tutti i prati fioriti e la prima luce dorata che li accarezzava… stupendo…
E bellissimo è il sentiero nel bosco di conifere che si percorre per scendere dal Passo del Duca al Pian delle Gorre! Dopo la lunga camminata i soliti sentieri sconnessi non farebbero altro che fiaccarti ancora di più, qui invece troviamo un sentiero dolcissimo, in alcuni tratti nella pineta persino “morbido” perché si cammina sugli aghi caduti, dove tra i canti degli uccellini e il suono del ruscello in fondo alla valle, con gli ultimi raggi di sole che filtrano tra gli alberi, possiamo finalmente rilassarci…
Mentre sono lì penso che camminerei per ore in posti così (e infatti…di ore e ore si è trattato!), poi sento suonare in lontananza alcuni campanacci, è inspiegabile come mi sento quando sento i campanacci delle mucche e scorgo le baite silenziose nei pascoli o tra i boschi… vorrei essere lì, vorrei sedermi accanto al margaro a chiacchierare mentre bevo un bicchiere di latte fresco… quel suono e quelle immagini bucoliche mi danno tanta serenità; è tardi ma non importa, è troppo bello essere qui, questa è la “mia” montagna, penso!
Non contenti di aver strapazzato le ginocchia tutto il giorno, decidiamo di fare una breve deviazione dal sentiero per andare a vedere la cascata del Saut, percorrendo un piccolo anello. Molto bella, e che freschezza sotto il salto d’acqua!
Ormai scendiamo sulla sterrata per forza d'inerzia… raggiungiamo l’auto, ci sciacquiamo alla fontana vicino al rifugio Pian delle Gorre e partiamo! Visto l’orario ci concediamo un ragionevole spuntino al mitico baretto all’ingresso dell’autostrada di Mondovì: non chiamatelo autogrill… è un posticino così "intimo", c’è pure il signore gentile che ti augura buon viaggio!!!

Il rifugio Garelli

il Marguareis

Panorama dal rifugio Garelli

tramonto

cima delle Saline e prati fioriti salendo al Col del Pas

Punta Carmelina con dietro Punta Emma, Cima Bozano e Cima Pareto

Punta Tino Prato e la sua cresta

Castello delle Aquile

il Marguareis dalla base del Castello delle Aquile

uno sguardo verso i sentieri del ritorno, sulla sinistra si vede la Testa del Duca

Cima Scarason, discesa

La Cima di Piero e più sotto la Testa del Duca

Fantozzi e Filini alias scinty ed Alec sulla Testa del Duca

Cascata del Saut

Gigli di San Giovanni nei pressi della cascata
