Grand Combin
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Grand Combin
Qualcuno di voi ha mai salito il Grand Combin per la cresta Sud?
"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
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Per quale motivo? Cmq chiedevo notizie della cresta SE Al Gran Combin principaleFed7 wrote:Spalla Isler? Manco morto
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Re: Grand Combin
Prologo
Il 31 Luglio Alec ed io tentammo la salita dalla Valpelline, salendo la mulattiera verso la grande conca erbosa di By, diretti al Rif.Amiante che non raggiungemmo neppure.
Ma facciamo un passo indietro:
In quei giorni di fine Luglio alcune nevicate avevano interessato l’arco alpino ed i centimetri di neve caduta erano stati sufficienti a rendere sconsigliabili molte salite alpinistiche. Alec contattò in proposito il gestore del Rifugio Amiante per conoscere le condizioni del versante Sud del Gr.Combin, ove corre il suo itinerario più diretto, ovvero quello della spalla Isler. Il gestore, udendo che eravamo intenzionati a salire il Combin, lo rassicurò in tono alquanto faceto, dichiarandosi onorato di averci ospiti del suo rifugio … manco gli avesse detto di chiamarsi Barmasse o Gogna .. Incredulo Alec chiese ulteriore conferma sulle condizioni della spalla, suonava un po’ inverosimile che dopo sole due giornate (benché si fossero alzate le temperature) non ci fosse più un filo di neve. “E’ tutto pulito ribattè il gestore” “Inoltre due guide hanno prenotato il rifugio per fare la Isler assieme ad alcuni clienti, sapranno il fatto loro no? E voi non dovrete che seguirne le tracce..”
A quel punto Alec dubbioso ma rassicurato mi chiamò dicendo che potevamo tentare.
Quel 31 Luglio salendo dalla frazione Glacier di Ollomont vedemmo il Gran Combin bianco come non mai per essere in piena estate ed entrambi ci domandammo quale montagna avesse osservato il gestore dell’Amiante quando Alec gli chiese notizie sulle condizioni della Isler, probabilmente questi ci avrebbe detto che le condizioni erano buone anche nel bel mezzo di una tormenta…. Lo maledicemmo! A metà sentiero incontrammo le guide ed i loro clienti in discesa e chiedemmo loro se avessero effettuato la salita, ci risposero che a metà spalla avevano rinunciato perché la montagna non era in condizioni ed era troppo pericoloso proseguire. A quel punto gli improperi nei confronti del gestore saettavano nell’aria come fulmini a ciel sereno, eppure Alec era stato chiaro e gli aveva anche detto che saremmo partiti da Genova.. Ovviamente non usammo il garbo di avvertirlo della nostra rinuncia e ci ripromettemmo di rifare l’ascensione da un altro rifugio.
Il 31 Luglio Alec ed io tentammo la salita dalla Valpelline, salendo la mulattiera verso la grande conca erbosa di By, diretti al Rif.Amiante che non raggiungemmo neppure.
Ma facciamo un passo indietro:
In quei giorni di fine Luglio alcune nevicate avevano interessato l’arco alpino ed i centimetri di neve caduta erano stati sufficienti a rendere sconsigliabili molte salite alpinistiche. Alec contattò in proposito il gestore del Rifugio Amiante per conoscere le condizioni del versante Sud del Gr.Combin, ove corre il suo itinerario più diretto, ovvero quello della spalla Isler. Il gestore, udendo che eravamo intenzionati a salire il Combin, lo rassicurò in tono alquanto faceto, dichiarandosi onorato di averci ospiti del suo rifugio … manco gli avesse detto di chiamarsi Barmasse o Gogna .. Incredulo Alec chiese ulteriore conferma sulle condizioni della spalla, suonava un po’ inverosimile che dopo sole due giornate (benché si fossero alzate le temperature) non ci fosse più un filo di neve. “E’ tutto pulito ribattè il gestore” “Inoltre due guide hanno prenotato il rifugio per fare la Isler assieme ad alcuni clienti, sapranno il fatto loro no? E voi non dovrete che seguirne le tracce..”
A quel punto Alec dubbioso ma rassicurato mi chiamò dicendo che potevamo tentare.
Quel 31 Luglio salendo dalla frazione Glacier di Ollomont vedemmo il Gran Combin bianco come non mai per essere in piena estate ed entrambi ci domandammo quale montagna avesse osservato il gestore dell’Amiante quando Alec gli chiese notizie sulle condizioni della Isler, probabilmente questi ci avrebbe detto che le condizioni erano buone anche nel bel mezzo di una tormenta…. Lo maledicemmo! A metà sentiero incontrammo le guide ed i loro clienti in discesa e chiedemmo loro se avessero effettuato la salita, ci risposero che a metà spalla avevano rinunciato perché la montagna non era in condizioni ed era troppo pericoloso proseguire. A quel punto gli improperi nei confronti del gestore saettavano nell’aria come fulmini a ciel sereno, eppure Alec era stato chiaro e gli aveva anche detto che saremmo partiti da Genova.. Ovviamente non usammo il garbo di avvertirlo della nostra rinuncia e ci ripromettemmo di rifare l’ascensione da un altro rifugio.
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
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Re: Grand Combin
purtroppo dall'Italia non ci sono molte possibilità, la spalla Isler va almeno scesa... Per il corridor invece è più scialpinistica che alpinistica.
"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
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Re: Grand Combin
...che dire? Peccato davvero... porta pazienza...
Alexander - "Non ditemi che non lo posso fare" (Lost).
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Re: Grand Combin
cmq mai credere ai rifugisti...Alexander wrote:...che dire? Peccato davvero... porta pazienza...
"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
Re: Grand Combin
Sub-Comandante wrote:cmq mai credere ai rifugisti...Alexander wrote:...che dire? Peccato davvero... porta pazienza...
Beh ho portato pazienza fino a due giorni fa, quando ho salito il Combin toccando due dei 4000 più belli e poco frequentati della zona. Dopo la Dent Blanche è stata un'altra grande conquista!
P.S. Non tutti i rifugisti sono scorretti, ho parlato con alcuni molto sinceri. Non so perchè quello dell'Amiante ci abbia rifilato un'informazione così assurda, sta di fatto che ha regalato due clienti alla Cabane de Valsorey, luogo davvero accogliente, soprattutto perchè gestito da due dolci donzelle!
A presto il topic...
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Minkia.. Super CORDATA..........siete quasi eroticiramingo wrote:Sub-Comandante wrote:cmq mai credere ai rifugisti...Alexander wrote:...che dire? Peccato davvero... porta pazienza...
Beh ho portato pazienza fino a due giorni fa, quando ho salito il Combin toccando due dei 4000 più belli e poco frequentati della zona. Dopo la Dent Blanche è stata un'altra grande conquista!
P.S. Non tutti i rifugisti sono scorretti, ho parlato con alcuni molto sinceri. Non so perchè quello dell'Amiante ci abbia rifilato un'informazione così assurda, sta di fatto che ha regalato due clienti alla Cabane de Valsorey, luogo davvero accogliente, soprattutto perchè gestito da due dolci donzelle!
A presto il topic...
Re: Grand Combin
Grazie Pancho... ma dopo il freddo che abbiamo preso ora stiamo seriamente pensando di diventare esotici.Pancho Villa wrote:Minkia.. Super CORDATA..........siete quasi eroticiramingo wrote:Sub-Comandante wrote:cmq mai credere ai rifugisti...Alexander wrote:...che dire? Peccato davvero... porta pazienza...
Beh ho portato pazienza fino a due giorni fa, quando ho salito il Combin toccando due dei 4000 più belli e poco frequentati della zona. Dopo la Dent Blanche è stata un'altra grande conquista!
P.S. Non tutti i rifugisti sono scorretti, ho parlato con alcuni molto sinceri. Non so perchè quello dell'Amiante ci abbia rifilato un'informazione così assurda, sta di fatto che ha regalato due clienti alla Cabane de Valsorey, luogo davvero accogliente, soprattutto perchè gestito da due dolci donzelle!
A presto il topic...
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Come queste...ramingo wrote: Grazie Pancho... ma dopo il freddo che abbiamo preso ora stiamo seriamente pensando di diventare esotici.
Re: Grand Combin
.............................
Esatto!!!
Esatto!!!
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Salita al GRAND COMBIN
Itinerario: Per la cresta del Meitin (cresta Ovest)
Difficoltà: AD- (III /35°)
Dislivello: 1195m + 1277
Tempo stimato: 4h + 4h-5h (al Combin de Valsorey)
Tempo impiegato: 3:30h + 7:15h (al Combin de Grafeneire)
Materiale: 2 mezze corde da 30mt./6 rinvii/nuts/casco,piccozza e ramponi.
Condizioni: Molto buone
Meteo: Bellissimo ma ventoso in quota
Giorni: 14-15 Settembre 2010
Cordata: Alessandro C. e Alessandro C. (Alec e Ramingo)
Questa volta le condizioni erano buone davvero, fortemente motivati siamo partiti alla volta del Colle del Gran San Bernardo 2473m. per scendere poi sul versante svizzero sino alla frazione di Bourg St.Pierre 1632m. dalla quale, seguendo le indicazioni per Valsorey, abbiamo proseguito sino a Cordonna 1842m. Da qui a piedi ci siamo avviati per il buon sentiero che risale il vallone, molto ben tracciato da segni bianchi e rossi. Camminando senza correre abbiamo avuto il piacere di constatare che, nonostante avessimo tenuto un passo tranquillo, avevamo impiegato mezz’ora in meno del previsto sulla tabella di marcia.
La Cabane di Valsorey è un rifugio molto accogliente, le sue stanze devono aver visto una bella fetta di storia alpinistica dato che l’anno di costruzione risale al 1901 e conta di due ristrutturazioni datate 1924-1926. Le mura in pietra a vista e le persiane rosse che accarezzano il senso estetico, ne fanno un luogo davvero distintivo e l’ospitalità delle ragazze che la gestiscono è davvero squisita.
Rif. de la Cabane de Valsorey
Alle spalle del Rifugio il Grand Combin
La Cresta del Meitin al Grand Combin
Al nostro arrivo per le 16.30 circa, ci siamo imbattuti in una curiosa e piacevole sorpresa. Da una terrazza erbosa antistante la Cabane, un tizio stava per spiccare il volo col suo parapendio, deposto lo zaino mi sono attrezzato immediatamente di macchina fotografica per filmarne l’impresa. Dopo alcune false partenze ecco l’arrivo della folata di vento giusta in cui l’uomo, presa una breve rincorsa, si lanciò nel vuoto librandosi sulla scia delle correnti d’aria come un uccello. Disegnò nel cielo una parabola puntando ad una parete rocciosa e poi planò dolcemente verso valle. La cosa strabiliante è che lo stesso uomo verso le 19.00 si trovava nuovamente alla Cabane per cena………..
Parapendio dalla Cabane de Valsorey
Dopo il pasto, le voci degli ospiti ci chiamarono ad assistere ad uno degli spettacoli più belli e romantici di madre natura … Un meraviglioso tramonto alpino scese colorandosi sotto i nostri occhi, uno dei più belli che avessi mai visto, nel giro di mezz’ora avevo scattato la bellezza di un centinaio di foto e tutti assieme siamo andati a dormire con gli occhi che ancora brillavano per l’incredibile e meraviglioso spettacolo!
La vetta dell'Aiguille du Midi nel dorato tramonto
Tramonto sulle Alpi
Dischi di nuvole sulle cime che dominano il Glacier d'Argentiere
Tramonto su Punta Walker
Zoom dalla terrazza della Cabane di Valsorey
In primo piano l'Aiguille d'Argentiere
L'imponente e severo Grand Combin inizia a colorarsi di rosso
Un pesce sul Monte Bianco....
Foto scattata dalla terrazza della Cabane de Valsorey (la severità di Punta Walker in primo piano)
Un'infuocato tramonto alpino
La ciminiera de Les Droites
Verso mondi dorati (il Bianco e le Jorasses con la loro vetta più alta)
Un magnifico G.Combin incendiato dallo splendido tramonto (la cresta del Meitin vista così ci invogliava da matti...)
Riflessi di attimi irripetibili illuminano le catene delle Alpi
Tramonto sull'Aiguille d'Argentiere (uno spettacolo quasi irreale per la straordinaria bellezza)
... l'alba.... ed i suoi toni tenui dalla cresta del Meitin
Come al solito riposai senza chiudere occhio, nei rifugi difficilmente riesco a prendere sonno, ho trascorso la notte in una sorta di dormiveglia, fino alla sveglia, puntuale alle 4:00. Fatta colazione, siamo partiti alle 04:40 circa, assieme a noi altre due cordate erano dirette al Combin, anche loro per la Cresta del Meitin. La prima, composta da due ragazzi svizzeri, ci seminò nel giro di poco, la seconda ci seguì a distanza. Dalla Cabane inizialmente si seguono con facilità alcuni bolli rifrangenti e tracce di sentiero, ma ben presto ci si trova attorniati da detriti, non più un segno né un ometto. La relazione indica di seguire tracce di sentiero verso NE guadagnando, anche con qualche tratto di neve, il Glacier du Meitin, per risalirlo sino a raggiungere la base del canale proveniente dal Col du Meitin. Da lì ci si dovrebbe spostare sulla costola di rocce rotte a destra di tale canale e risalire ancora per circa sessanta metri sino a raggiungere l’attacco della cresta. A parole sembra facile ma quando ti trovi immerso nel buio con la luce della frontale che illumina punti che sembrano tutti uguali il discorso cambia. Uno degli svizzeri che ci precedevano era già stato sul Combin, quindi aveva gioco facile e noi che vedevamo solo la luce delle loro frontali già alte sul ghiacciaio, dirigemmo pertanto in quella direzione.
Ma in mezzo al cammin di nostra salita, ci ritrovammo ben presto in una pietraia oscura ove la retta via era smarrita.
Impiastrati su un erto pendio ove occorreva davvero salire in punta di piedi perché ogni passo fatto faceva crollare sabbia, terra e rocce, abbiamo dovuto attivare la massima concentrazione per non rotolare all’indietro, una passo falso avrebbe condotto alla base di questi ammassi morenici, molti ma molti metri più in basso con le conseguenze che ben si possono immaginare. Non c’era un appiglio solido, ogni sasso sul quale si posava la mano muoveva pericolosamente, si staccava tutto e l’equilibrio era precario oltre ogni dire. In lontananza dietro di noi l’altra cordata seguendo le nostre luci stava imboccando lo stesso mer.daio. Il granitico dietro di me di alcune lunghezze aveva perso ogni voglia di proseguire e mi invitava caldamente a tornare indietro “non si può rischiare così per salire una montagna” mi diceva, ma tornare indietro era forse più pericoloso che proseguire, di questo ero certo ma più di ogni altra cosa non volevo rinunciare al Combin una seconda volta, non con la bella giornata che si sarebbe preannunciata.
Pertanto ho raccolto tutta la determinazione possibile e ho incitato Alec a salire e dopo alcune decine di minuti in silenziosa concentrazione, ringraziando per grazia ricevuta di non essere caduti, siamo usciti da quell’indicibile e schifoso pendio, ritrovandoci finalmente sul Glacier du Meitin e individuando, sulla neve ghiacciata, la linea trasversale di peste dei due svizzeri, i quali non erano saliti al centro come noi ma ben più a sinistra, non lontano dalle costole rocciose di una crestina che chiude il versante Ovest del ghiacciaio. Da lì a poco iniziò a schiarire e potemmo spegnere le frontali, raggiungendo in breve l’attacco della cresta.
Qui ad Alec tornò il buonumore e iniziò la salita più determinato e sorridente, mentre io, dopo aver condotto lo snervante avvicinamento, mi lasciai guidare volentieri dal granitico che adesso filava sicuro su per la cresta.
Nella scalata al Meitin la progressione si è svolta alternando tratti di conserva a qualche tiro nei punti più difficoltosi, attrezzando dove opportuno e sfruttando spit, anelli e fittoni dove presenti. Le difficoltà non sono mai state continue ne troppo sostenute anche se certi passaggi richiedevano sempre un’adeguata attenzione e sicurezza, poiché il III in quota, per l’alpinista medio, resta sempre un grado tutt’altro che normale.
La via si sviluppa su un dislivello complessivo di cinquecento metri di arrampicata tra passi di II e III ma su ottime rocce ben appigliate. La cresta del Meitin è spezzata in tre punti nei quali si cammina facilmente sino al successivo e ripido risalto; il tratto più difficoltoso è il primo, gli altri due sono un po’ più facili, nonostante il filo si raddrizzi molto sul finale.
La cresta inizialmente presenta alcuni passaggi che non impensieriscono particolarmente, si sale per rocce rotte e grandi blocchi sempre presso il filo, sino a raggiungere il primo evidente risalto ove essa diventa più verticale e impone un’arrampicata più attenta. Si risale questo primo risalto superando alcuni passaggi di III sino a raggiungerne il tratto finale. Qui le relazioni indicano chiaramente che per superare l’ultimo tratto strapiombante occorre traversare a destra e riguadagnare il filo lungo un diedro, (III vari spit) noi in quel punto abbiamo traversato troppo a destra su quella che ci sembrò la via più ovvia finendo nel bel mezzo di un canale chiuso da un muro di roccia scura e ghiacciata che ci ha costretto a ripiegare perdendo almeno mezz’ora. “Perché non abbiamo consultato la relazione?” ci siamo detti dandoci degli stupidi. Infatti, tornando sui nostri passi e dando un’occhiata più accurata, ci siamo accorti della presenza di un anello in corrispondenza di quello che doveva essere un passaggio alquanto difficoltoso, poiché superabile in artificiale. Eravamo in corrispondenza del tratto strapiombante, inizialmente abbiamo provato a superarlo utilizzando l’anello in loco e attrezzando una staffa, ma il passo, su rocce strapiombanti e con prese molto scarse per le mani, non ci ha permesso di risolvere il problema. Arrampicata di un livello superiore, le nostre capacità dovranno migliorare. Così lo abbiamo aggirato (come consigliava la relazione) traversando leggermente a destra, e risalendo il diedro con bella arrampicata in contrapposizione. Un fittone permise di proteggere l’uscita del tiro. Faceva abbastanza freddo, non di quelle temperature terribili, ne abbiamo subito di peggio, ma quanto basta per gelare gli arti.
In alcuni punti abbiamo dovuto sfilare i guanti e arrampicare sulla roccia gelida a mani nude per meglio sfruttare gli appigli, ma le dita facevano male e appena possibile dovevamo infilare nuovamente i guanti.
Alec è stato formidabile in questa scalata, sia nel fiutare la via giusta, sia nell’affrontare i vari tiri, la cresta lo esaltava ed io ero fortemente caricato dal vederlo in gran forma, ci siamo proprio compensati.
Usciti dal diedro abbiamo proseguito abbastanza facilmente per terreno detritico, restando sempre nelle vicinanze del filo di cresta dove la roccia è di qualità migliore, anche se qui la salita è un po’ più impegnativa (II, qualche spit) sino a raggiungere dopo poco la base del secondo risalto.
uscita dal diedro
Alec impegnato in un bellissimo tratto di arrampicata
Traversando ancora a destra su sfasciumi abbiamo imboccato un evidente canale che abbiamo risalito spostandoci sulle rocce a destra verso l’uscita (passi di III spit e corda fissa). Il canale ghiacciato aveva formato una sorta di goulotte che ha reso la lunghezza ancora più accattivante.
Un tiro molto bello, per superarlo abbiamo utilizzato un nut e le protezioni presenti. Nonostante la presenza di ghiaccio vivo lo abbiamo salito senza ramponi, sfruttando le rocce affioranti e qualche raro gradino naturale sui tratti ghiacciati. In questo tiro Alec utilizzò tutto il materiale a disposizione, il resto lo avevo io sull’imbrago.
Usciti da questo bellissimo tratto di cresta siamo tornati sul filo che conduce attraverso qualche passaggio di II (vari spit) e per un tratto orizzontale su sfasciumi, verso la base del terzo ed ultimo risalto superabile in due modi.
verso l'ultimo risalto della cresta
Aggirandolo sulla destra per terreno più facile ma detritico ed abbastanza instabile oppure, più convenientemente, salendolo direttamente per rocce solide e leggermente impegnative (III, spit), come abbiamo fatto noi (di terreno detritico ne avevamo abbastanza). Da qui per neve e rocce rotte si arriva in breve alla croce di vetta del primo dei Combin: Il Combin de Valsorey mt.4184.
Per salire i 500 metri del Meitin, abbiamo impiegato tre ore, attaccando alle 7.30 e giungendo alla croce di legno del Combin di Valsorey a 4184 m. alle ore 10.30 precise. Considerando che a metà arrampicata l’aver imboccato una direzione sbagliata ci ha portato via mezz’ora di tempo prezioso, ci è sembrato di realizzare una discreta tempistica, se non avessimo sbagliato saremmo saliti in due ore e mezza.
Tra breve saremo a quota 4314 m. sulla vetta più bella del grandissimo Combin de Grafeneire
tra la cima del Valsorey ed il Grafeneire
Dalla cima del Valsorey, abbiamo proseguito subito verso l’attraente punta del Combin de Grafeneire, raggiunta dopo circa un’ora, sul far del mezzogiorno! L’esultanza dall’alto dei 4314 metri ha preso fiato nelle mie urla di soddisfazione prodotte da un’istintivo sfogo scaturito dalla fatica della scalata e da un misto di eccitata commozione per la nobile vetta raggiunta assieme al compagno di avventure.
Abbiamo messo grande volontà e motivazione nell’ascensione di questa vetta alla quale tenevamo entrambi in modo particolare.
Attorno a noi montagne a perdita d’occhio si estendevano nel raggio di chilometri e chilometri in linea d’aria, nell’aria tersa di una giornata splendida pur se spazzata da un vento piuttosto gelido.
artistica foto di vetta
Si vedeva tutto, ma proprio tutto. Tutte le più belle vette delle Alpi erano attorno a noi, dall’alto di quella bellissima vetta innevata ed isolata che dominava un panorama eccezionale.
Tra i più lontani era riconoscibile la sagoma inconfondibile del Monviso e la vetta della Barre des Ecrins, ad Ovest il massiccio del Monte Bianco e verso est i 4000 di Zermatt.
L'immensa e regale Dent Blanche salita con Alec il 3 Settembre.
Dal lato del massiccio del M.Bianco
L’euforia di tanto splendore mi portava a scattare foto a ripetizione, incurante del vento freddo che ci tempestava, solo la voce di Alec “Ale, dobbiamo andare” e la batteria della macchina fotografica che iniziava a patire il gelo, mi hanno richiamato alla realtà e con gli occhi che luccicavano abbiamo iniziato la graduale discesa, erano le 12.05.
In breve abbiamo nuovamente raggiunto la cima del Valsorey, dinnanzi ad un regale Monte Bianco, alle grandiose Jorasses e ad una slanciata Aiguille Verte che si ergevano maestose con le loro pareti tra ghiacciai, nevati e ciuffi di nubi.
Sulla vetta del Valsorey, di fronte ad un panorama che deliziava gli occhi, il cuore e lo spirito, di comune accordo poiché affamati, abbiamo deciso di perdere un’altra mezz’ora per mangiare qualcosa.
Dopo l’apprezzato ristoro, abbiamo tirato un lungo sospiro, consapevoli di iniziare la parte più snervante e temuta di tutta l’ascensione: la discesa lungo la spalla Isler.
Benché essa rappresenti la cosiddetta via normale, l’itinerario più facile e diretto per giungere in vetta, è considerata molto pericolosa per l’alta percentuale di scariche di pietre, dovute alla forte instabilità delle rocce della parete.
Come testimoniato da chiunque abbia avuto il “piacere” di percorrerla (cito il nostro bouquetin che la descrisse riportando il commento di una guida interpellata in merito “ è un posto magnifico, stupendo ma è anche un posto di mer…) anche noi abbiamo avuto il malaugurato onore di assaggiare cosa rappresentasse una simile discesa, ed anche a noi, come per bouquetin allora, la discesa ha portato via più tempo della salita.
Nel primo tratto a scendere dalla vetta, siamo riusciti ad accorciare leggermente il dislivello effettuando due o tre calate in doppia grazie ad alcune soste presenti in loco.
Poi più nulla… sino a poco sopra il rifugio abbiamo dovuto letteralmente inventarci la traccia poiché in quel mare di melma sfasciumosa nessun ometto avrebbe potuto resistere a lungo.
L’intera totalità della parete era a rischio caduta, non c’era assolutamente nulla per proteggerci, nulla su cui far sicura, sembrava di stare sulle sabbie mobili ma su una pendenza di 35° a volte anche 45°, dove ogni singolo passo scivolava sul terriccio e ci trascinava inesorabilmente verso il basso, in direzione di insidiosi salti di roccia.
Con la piccozza ci aiutavamo alla meglio, pregando di non cadere, mentre massi di ogni dimensione rotolavano giù per centinaia di metri ad ogni minimo movimento… … mai visto nulla di più terribile.
Per fortuna la prima cordata di svizzeri (velocissimi) a quell’ora era sicuramente arrivata al rifugio (magari surfando su qualche lastrone) mentre l’altra, che aveva iniziato la discesa prima di noi perché si era fermata alla vetta del Valsorey, era ormai fuori dal campo visivo e certamente assai lontana, se non addirittura già arrivata o prossima alla Cabane.
I nostri nervi durante questa discesa sono stati messi sul serio a dura prova.
Anche il traverso di neve ghiacciata in fondo alla spalla è stato delicato, il punto con la più alta probabilità di scariche improvvise, ma le condizioni della giornata erano favorevoli, faceva molto freddo e lo zero termico basso ha contribuito a ridurre questo pericolo, infatti in tutta la giornata non ricordo di aver avvertito echi di scariche.
Superato anche questo tratto, abbiamo faticato ancora nell’individuare una traccia da seguire, che fosse la meno pericolosa possibile, tra rocce che si staccavano sotto nostri piedi quasi fino al rifugio, raggiunto dopo una strenua lotta, attorno alle 19:00.
Strette di mano e abbracci calorosi hanno seguito attimi di meritato riposo fisico e mentale, poi, verso le 20:00, per non spendere altri franchi in un secondo pernotto, ci siamo avviati con le gambe e i piedi doloranti lungo il sentiero che riportava a Cordonna. Alla luce delle frontali dondolando come due zombie, dopo quattro ore di lenta e penosa discesa, abbiamo finalmente aperto le portiere dell’auto allo scoccar della mezzanotte. …. Però ragazzi…. Che salita! Che Montagna!
Considerazioni personali.
Pregi: Ascensione dall’intenso sapore alpinistico, esaltato dal fatto di trovarsi a scalare una vetta come il Gran Combin, a torto poco frequentata rispetto a molti altri 4000 più gettonati. Nel complesso scalata di notevole impegno e resistenza alla fatica poiché l’ascensione è lunga e impegnativa, penso vivamente che questa sia stata davvero una bellissima realizzazione. La Cresta del Meitin presenta una bellezza ed una varietà di passaggi davvero stimolanti che rendono l’itinerario altamente suggestivo.
Difetti secondo ramingo: La pericolosa e sfiancante discesa.
Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
Ciao a tutti e grazie a chi ha avuto il piacere (e la pazienza) di leggersi tutto il racconto!
altre foto qui:
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Itinerario: Per la cresta del Meitin (cresta Ovest)
Difficoltà: AD- (III /35°)
Dislivello: 1195m + 1277
Tempo stimato: 4h + 4h-5h (al Combin de Valsorey)
Tempo impiegato: 3:30h + 7:15h (al Combin de Grafeneire)
Materiale: 2 mezze corde da 30mt./6 rinvii/nuts/casco,piccozza e ramponi.
Condizioni: Molto buone
Meteo: Bellissimo ma ventoso in quota
Giorni: 14-15 Settembre 2010
Cordata: Alessandro C. e Alessandro C. (Alec e Ramingo)
Questa volta le condizioni erano buone davvero, fortemente motivati siamo partiti alla volta del Colle del Gran San Bernardo 2473m. per scendere poi sul versante svizzero sino alla frazione di Bourg St.Pierre 1632m. dalla quale, seguendo le indicazioni per Valsorey, abbiamo proseguito sino a Cordonna 1842m. Da qui a piedi ci siamo avviati per il buon sentiero che risale il vallone, molto ben tracciato da segni bianchi e rossi. Camminando senza correre abbiamo avuto il piacere di constatare che, nonostante avessimo tenuto un passo tranquillo, avevamo impiegato mezz’ora in meno del previsto sulla tabella di marcia.
La Cabane di Valsorey è un rifugio molto accogliente, le sue stanze devono aver visto una bella fetta di storia alpinistica dato che l’anno di costruzione risale al 1901 e conta di due ristrutturazioni datate 1924-1926. Le mura in pietra a vista e le persiane rosse che accarezzano il senso estetico, ne fanno un luogo davvero distintivo e l’ospitalità delle ragazze che la gestiscono è davvero squisita.
Rif. de la Cabane de Valsorey
Alle spalle del Rifugio il Grand Combin
La Cresta del Meitin al Grand Combin
Al nostro arrivo per le 16.30 circa, ci siamo imbattuti in una curiosa e piacevole sorpresa. Da una terrazza erbosa antistante la Cabane, un tizio stava per spiccare il volo col suo parapendio, deposto lo zaino mi sono attrezzato immediatamente di macchina fotografica per filmarne l’impresa. Dopo alcune false partenze ecco l’arrivo della folata di vento giusta in cui l’uomo, presa una breve rincorsa, si lanciò nel vuoto librandosi sulla scia delle correnti d’aria come un uccello. Disegnò nel cielo una parabola puntando ad una parete rocciosa e poi planò dolcemente verso valle. La cosa strabiliante è che lo stesso uomo verso le 19.00 si trovava nuovamente alla Cabane per cena………..
Parapendio dalla Cabane de Valsorey
Dopo il pasto, le voci degli ospiti ci chiamarono ad assistere ad uno degli spettacoli più belli e romantici di madre natura … Un meraviglioso tramonto alpino scese colorandosi sotto i nostri occhi, uno dei più belli che avessi mai visto, nel giro di mezz’ora avevo scattato la bellezza di un centinaio di foto e tutti assieme siamo andati a dormire con gli occhi che ancora brillavano per l’incredibile e meraviglioso spettacolo!
La vetta dell'Aiguille du Midi nel dorato tramonto
Tramonto sulle Alpi
Dischi di nuvole sulle cime che dominano il Glacier d'Argentiere
Tramonto su Punta Walker
Zoom dalla terrazza della Cabane di Valsorey
In primo piano l'Aiguille d'Argentiere
L'imponente e severo Grand Combin inizia a colorarsi di rosso
Un pesce sul Monte Bianco....
Foto scattata dalla terrazza della Cabane de Valsorey (la severità di Punta Walker in primo piano)
Un'infuocato tramonto alpino
La ciminiera de Les Droites
Verso mondi dorati (il Bianco e le Jorasses con la loro vetta più alta)
Un magnifico G.Combin incendiato dallo splendido tramonto (la cresta del Meitin vista così ci invogliava da matti...)
Riflessi di attimi irripetibili illuminano le catene delle Alpi
Tramonto sull'Aiguille d'Argentiere (uno spettacolo quasi irreale per la straordinaria bellezza)
... l'alba.... ed i suoi toni tenui dalla cresta del Meitin
Come al solito riposai senza chiudere occhio, nei rifugi difficilmente riesco a prendere sonno, ho trascorso la notte in una sorta di dormiveglia, fino alla sveglia, puntuale alle 4:00. Fatta colazione, siamo partiti alle 04:40 circa, assieme a noi altre due cordate erano dirette al Combin, anche loro per la Cresta del Meitin. La prima, composta da due ragazzi svizzeri, ci seminò nel giro di poco, la seconda ci seguì a distanza. Dalla Cabane inizialmente si seguono con facilità alcuni bolli rifrangenti e tracce di sentiero, ma ben presto ci si trova attorniati da detriti, non più un segno né un ometto. La relazione indica di seguire tracce di sentiero verso NE guadagnando, anche con qualche tratto di neve, il Glacier du Meitin, per risalirlo sino a raggiungere la base del canale proveniente dal Col du Meitin. Da lì ci si dovrebbe spostare sulla costola di rocce rotte a destra di tale canale e risalire ancora per circa sessanta metri sino a raggiungere l’attacco della cresta. A parole sembra facile ma quando ti trovi immerso nel buio con la luce della frontale che illumina punti che sembrano tutti uguali il discorso cambia. Uno degli svizzeri che ci precedevano era già stato sul Combin, quindi aveva gioco facile e noi che vedevamo solo la luce delle loro frontali già alte sul ghiacciaio, dirigemmo pertanto in quella direzione.
Ma in mezzo al cammin di nostra salita, ci ritrovammo ben presto in una pietraia oscura ove la retta via era smarrita.
Impiastrati su un erto pendio ove occorreva davvero salire in punta di piedi perché ogni passo fatto faceva crollare sabbia, terra e rocce, abbiamo dovuto attivare la massima concentrazione per non rotolare all’indietro, una passo falso avrebbe condotto alla base di questi ammassi morenici, molti ma molti metri più in basso con le conseguenze che ben si possono immaginare. Non c’era un appiglio solido, ogni sasso sul quale si posava la mano muoveva pericolosamente, si staccava tutto e l’equilibrio era precario oltre ogni dire. In lontananza dietro di noi l’altra cordata seguendo le nostre luci stava imboccando lo stesso mer.daio. Il granitico dietro di me di alcune lunghezze aveva perso ogni voglia di proseguire e mi invitava caldamente a tornare indietro “non si può rischiare così per salire una montagna” mi diceva, ma tornare indietro era forse più pericoloso che proseguire, di questo ero certo ma più di ogni altra cosa non volevo rinunciare al Combin una seconda volta, non con la bella giornata che si sarebbe preannunciata.
Pertanto ho raccolto tutta la determinazione possibile e ho incitato Alec a salire e dopo alcune decine di minuti in silenziosa concentrazione, ringraziando per grazia ricevuta di non essere caduti, siamo usciti da quell’indicibile e schifoso pendio, ritrovandoci finalmente sul Glacier du Meitin e individuando, sulla neve ghiacciata, la linea trasversale di peste dei due svizzeri, i quali non erano saliti al centro come noi ma ben più a sinistra, non lontano dalle costole rocciose di una crestina che chiude il versante Ovest del ghiacciaio. Da lì a poco iniziò a schiarire e potemmo spegnere le frontali, raggiungendo in breve l’attacco della cresta.
Qui ad Alec tornò il buonumore e iniziò la salita più determinato e sorridente, mentre io, dopo aver condotto lo snervante avvicinamento, mi lasciai guidare volentieri dal granitico che adesso filava sicuro su per la cresta.
Nella scalata al Meitin la progressione si è svolta alternando tratti di conserva a qualche tiro nei punti più difficoltosi, attrezzando dove opportuno e sfruttando spit, anelli e fittoni dove presenti. Le difficoltà non sono mai state continue ne troppo sostenute anche se certi passaggi richiedevano sempre un’adeguata attenzione e sicurezza, poiché il III in quota, per l’alpinista medio, resta sempre un grado tutt’altro che normale.
La via si sviluppa su un dislivello complessivo di cinquecento metri di arrampicata tra passi di II e III ma su ottime rocce ben appigliate. La cresta del Meitin è spezzata in tre punti nei quali si cammina facilmente sino al successivo e ripido risalto; il tratto più difficoltoso è il primo, gli altri due sono un po’ più facili, nonostante il filo si raddrizzi molto sul finale.
La cresta inizialmente presenta alcuni passaggi che non impensieriscono particolarmente, si sale per rocce rotte e grandi blocchi sempre presso il filo, sino a raggiungere il primo evidente risalto ove essa diventa più verticale e impone un’arrampicata più attenta. Si risale questo primo risalto superando alcuni passaggi di III sino a raggiungerne il tratto finale. Qui le relazioni indicano chiaramente che per superare l’ultimo tratto strapiombante occorre traversare a destra e riguadagnare il filo lungo un diedro, (III vari spit) noi in quel punto abbiamo traversato troppo a destra su quella che ci sembrò la via più ovvia finendo nel bel mezzo di un canale chiuso da un muro di roccia scura e ghiacciata che ci ha costretto a ripiegare perdendo almeno mezz’ora. “Perché non abbiamo consultato la relazione?” ci siamo detti dandoci degli stupidi. Infatti, tornando sui nostri passi e dando un’occhiata più accurata, ci siamo accorti della presenza di un anello in corrispondenza di quello che doveva essere un passaggio alquanto difficoltoso, poiché superabile in artificiale. Eravamo in corrispondenza del tratto strapiombante, inizialmente abbiamo provato a superarlo utilizzando l’anello in loco e attrezzando una staffa, ma il passo, su rocce strapiombanti e con prese molto scarse per le mani, non ci ha permesso di risolvere il problema. Arrampicata di un livello superiore, le nostre capacità dovranno migliorare. Così lo abbiamo aggirato (come consigliava la relazione) traversando leggermente a destra, e risalendo il diedro con bella arrampicata in contrapposizione. Un fittone permise di proteggere l’uscita del tiro. Faceva abbastanza freddo, non di quelle temperature terribili, ne abbiamo subito di peggio, ma quanto basta per gelare gli arti.
In alcuni punti abbiamo dovuto sfilare i guanti e arrampicare sulla roccia gelida a mani nude per meglio sfruttare gli appigli, ma le dita facevano male e appena possibile dovevamo infilare nuovamente i guanti.
Alec è stato formidabile in questa scalata, sia nel fiutare la via giusta, sia nell’affrontare i vari tiri, la cresta lo esaltava ed io ero fortemente caricato dal vederlo in gran forma, ci siamo proprio compensati.
Usciti dal diedro abbiamo proseguito abbastanza facilmente per terreno detritico, restando sempre nelle vicinanze del filo di cresta dove la roccia è di qualità migliore, anche se qui la salita è un po’ più impegnativa (II, qualche spit) sino a raggiungere dopo poco la base del secondo risalto.
uscita dal diedro
Alec impegnato in un bellissimo tratto di arrampicata
Traversando ancora a destra su sfasciumi abbiamo imboccato un evidente canale che abbiamo risalito spostandoci sulle rocce a destra verso l’uscita (passi di III spit e corda fissa). Il canale ghiacciato aveva formato una sorta di goulotte che ha reso la lunghezza ancora più accattivante.
Un tiro molto bello, per superarlo abbiamo utilizzato un nut e le protezioni presenti. Nonostante la presenza di ghiaccio vivo lo abbiamo salito senza ramponi, sfruttando le rocce affioranti e qualche raro gradino naturale sui tratti ghiacciati. In questo tiro Alec utilizzò tutto il materiale a disposizione, il resto lo avevo io sull’imbrago.
Usciti da questo bellissimo tratto di cresta siamo tornati sul filo che conduce attraverso qualche passaggio di II (vari spit) e per un tratto orizzontale su sfasciumi, verso la base del terzo ed ultimo risalto superabile in due modi.
verso l'ultimo risalto della cresta
Aggirandolo sulla destra per terreno più facile ma detritico ed abbastanza instabile oppure, più convenientemente, salendolo direttamente per rocce solide e leggermente impegnative (III, spit), come abbiamo fatto noi (di terreno detritico ne avevamo abbastanza). Da qui per neve e rocce rotte si arriva in breve alla croce di vetta del primo dei Combin: Il Combin de Valsorey mt.4184.
Per salire i 500 metri del Meitin, abbiamo impiegato tre ore, attaccando alle 7.30 e giungendo alla croce di legno del Combin di Valsorey a 4184 m. alle ore 10.30 precise. Considerando che a metà arrampicata l’aver imboccato una direzione sbagliata ci ha portato via mezz’ora di tempo prezioso, ci è sembrato di realizzare una discreta tempistica, se non avessimo sbagliato saremmo saliti in due ore e mezza.
Tra breve saremo a quota 4314 m. sulla vetta più bella del grandissimo Combin de Grafeneire
tra la cima del Valsorey ed il Grafeneire
Dalla cima del Valsorey, abbiamo proseguito subito verso l’attraente punta del Combin de Grafeneire, raggiunta dopo circa un’ora, sul far del mezzogiorno! L’esultanza dall’alto dei 4314 metri ha preso fiato nelle mie urla di soddisfazione prodotte da un’istintivo sfogo scaturito dalla fatica della scalata e da un misto di eccitata commozione per la nobile vetta raggiunta assieme al compagno di avventure.
Abbiamo messo grande volontà e motivazione nell’ascensione di questa vetta alla quale tenevamo entrambi in modo particolare.
Attorno a noi montagne a perdita d’occhio si estendevano nel raggio di chilometri e chilometri in linea d’aria, nell’aria tersa di una giornata splendida pur se spazzata da un vento piuttosto gelido.
artistica foto di vetta
Si vedeva tutto, ma proprio tutto. Tutte le più belle vette delle Alpi erano attorno a noi, dall’alto di quella bellissima vetta innevata ed isolata che dominava un panorama eccezionale.
Tra i più lontani era riconoscibile la sagoma inconfondibile del Monviso e la vetta della Barre des Ecrins, ad Ovest il massiccio del Monte Bianco e verso est i 4000 di Zermatt.
L'immensa e regale Dent Blanche salita con Alec il 3 Settembre.
Dal lato del massiccio del M.Bianco
L’euforia di tanto splendore mi portava a scattare foto a ripetizione, incurante del vento freddo che ci tempestava, solo la voce di Alec “Ale, dobbiamo andare” e la batteria della macchina fotografica che iniziava a patire il gelo, mi hanno richiamato alla realtà e con gli occhi che luccicavano abbiamo iniziato la graduale discesa, erano le 12.05.
In breve abbiamo nuovamente raggiunto la cima del Valsorey, dinnanzi ad un regale Monte Bianco, alle grandiose Jorasses e ad una slanciata Aiguille Verte che si ergevano maestose con le loro pareti tra ghiacciai, nevati e ciuffi di nubi.
Sulla vetta del Valsorey, di fronte ad un panorama che deliziava gli occhi, il cuore e lo spirito, di comune accordo poiché affamati, abbiamo deciso di perdere un’altra mezz’ora per mangiare qualcosa.
Dopo l’apprezzato ristoro, abbiamo tirato un lungo sospiro, consapevoli di iniziare la parte più snervante e temuta di tutta l’ascensione: la discesa lungo la spalla Isler.
Benché essa rappresenti la cosiddetta via normale, l’itinerario più facile e diretto per giungere in vetta, è considerata molto pericolosa per l’alta percentuale di scariche di pietre, dovute alla forte instabilità delle rocce della parete.
Come testimoniato da chiunque abbia avuto il “piacere” di percorrerla (cito il nostro bouquetin che la descrisse riportando il commento di una guida interpellata in merito “ è un posto magnifico, stupendo ma è anche un posto di mer…) anche noi abbiamo avuto il malaugurato onore di assaggiare cosa rappresentasse una simile discesa, ed anche a noi, come per bouquetin allora, la discesa ha portato via più tempo della salita.
Nel primo tratto a scendere dalla vetta, siamo riusciti ad accorciare leggermente il dislivello effettuando due o tre calate in doppia grazie ad alcune soste presenti in loco.
Poi più nulla… sino a poco sopra il rifugio abbiamo dovuto letteralmente inventarci la traccia poiché in quel mare di melma sfasciumosa nessun ometto avrebbe potuto resistere a lungo.
L’intera totalità della parete era a rischio caduta, non c’era assolutamente nulla per proteggerci, nulla su cui far sicura, sembrava di stare sulle sabbie mobili ma su una pendenza di 35° a volte anche 45°, dove ogni singolo passo scivolava sul terriccio e ci trascinava inesorabilmente verso il basso, in direzione di insidiosi salti di roccia.
Con la piccozza ci aiutavamo alla meglio, pregando di non cadere, mentre massi di ogni dimensione rotolavano giù per centinaia di metri ad ogni minimo movimento… … mai visto nulla di più terribile.
Per fortuna la prima cordata di svizzeri (velocissimi) a quell’ora era sicuramente arrivata al rifugio (magari surfando su qualche lastrone) mentre l’altra, che aveva iniziato la discesa prima di noi perché si era fermata alla vetta del Valsorey, era ormai fuori dal campo visivo e certamente assai lontana, se non addirittura già arrivata o prossima alla Cabane.
I nostri nervi durante questa discesa sono stati messi sul serio a dura prova.
Anche il traverso di neve ghiacciata in fondo alla spalla è stato delicato, il punto con la più alta probabilità di scariche improvvise, ma le condizioni della giornata erano favorevoli, faceva molto freddo e lo zero termico basso ha contribuito a ridurre questo pericolo, infatti in tutta la giornata non ricordo di aver avvertito echi di scariche.
Superato anche questo tratto, abbiamo faticato ancora nell’individuare una traccia da seguire, che fosse la meno pericolosa possibile, tra rocce che si staccavano sotto nostri piedi quasi fino al rifugio, raggiunto dopo una strenua lotta, attorno alle 19:00.
Strette di mano e abbracci calorosi hanno seguito attimi di meritato riposo fisico e mentale, poi, verso le 20:00, per non spendere altri franchi in un secondo pernotto, ci siamo avviati con le gambe e i piedi doloranti lungo il sentiero che riportava a Cordonna. Alla luce delle frontali dondolando come due zombie, dopo quattro ore di lenta e penosa discesa, abbiamo finalmente aperto le portiere dell’auto allo scoccar della mezzanotte. …. Però ragazzi…. Che salita! Che Montagna!
Considerazioni personali.
Pregi: Ascensione dall’intenso sapore alpinistico, esaltato dal fatto di trovarsi a scalare una vetta come il Gran Combin, a torto poco frequentata rispetto a molti altri 4000 più gettonati. Nel complesso scalata di notevole impegno e resistenza alla fatica poiché l’ascensione è lunga e impegnativa, penso vivamente che questa sia stata davvero una bellissima realizzazione. La Cresta del Meitin presenta una bellezza ed una varietà di passaggi davvero stimolanti che rendono l’itinerario altamente suggestivo.
Difetti secondo ramingo: La pericolosa e sfiancante discesa.
Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
Ciao a tutti e grazie a chi ha avuto il piacere (e la pazienza) di leggersi tutto il racconto!
altre foto qui:
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“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Grandioso racconto, ogni volta è sempre meglio
Che dire della salita...la vetta è spettacolare. Una delle più belle mai salite, chi ha visto il Combin sa di cosa parlo.
La gita ha due aspetti differenti. La cresta offre una bellissima e sicura arrampicata su ottima roccia. Invece l'avvicinamento e la discesa si svolgono sui più grandi mer.dai che abbia mai attraversato in particolare la Spalla Isler è un incubo, ad ogni passo si rischia di finire giù con mezza montagna...zero ometti, segni o tracce...e il ripidissimo traverso su neve per giungere alle orride pietraie sopra al rifugio è la ciliegina sulla torta. In confronto la Grivola era stata una salita su roccia ottima
Ale ha fatto bene a convincermi a proseguire al mattino, io volevo tornare indietro dopo un'ora ne è valsa la pena
Ottimo affiatamento, spero di fare ancora tante belle gite insieme
Che dire della salita...la vetta è spettacolare. Una delle più belle mai salite, chi ha visto il Combin sa di cosa parlo.
La gita ha due aspetti differenti. La cresta offre una bellissima e sicura arrampicata su ottima roccia. Invece l'avvicinamento e la discesa si svolgono sui più grandi mer.dai che abbia mai attraversato in particolare la Spalla Isler è un incubo, ad ogni passo si rischia di finire giù con mezza montagna...zero ometti, segni o tracce...e il ripidissimo traverso su neve per giungere alle orride pietraie sopra al rifugio è la ciliegina sulla torta. In confronto la Grivola era stata una salita su roccia ottima
Ale ha fatto bene a convincermi a proseguire al mattino, io volevo tornare indietro dopo un'ora ne è valsa la pena
Ottimo affiatamento, spero di fare ancora tante belle gite insieme
Dimmi te se pollo al curry con riso all'ananas è un tipico piatto di cucina alpinaramingo wrote:Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
Io credetti e credo la lotta con l'Alpe utile come il lavoro, nobile come un'arte, bella come una fede.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
Re: Grand Combin
Per la foto, per altro SPLENDIDA, sono comunemente chiamate, le nuvole di quel tipo, "il pesce".....perchè segnalano a breve l'arrivo del brutto tempo...
Re: Grand Combin
Bravi, so quanto ci tenevate (in particolare alec perchè me ne parlava da tempo, anche del desiderio di farlo in sci ) e sono contenta per la realizzazione. Certo che bisogna stare sempre in ansia, questa volta ero un po' più serena, devo dire però che leggendo certe considerazioni qui scritte mi si presenta davanti una scena più reale ancora di quella raccontata di persona..
Il pesce lo avevo visto quando tre anni fa ero stata col CAI sulla Kurz, il giorno della salita al rifugio, ma per fortuna si era messo a piovere solo una volta che eravamo sul sentiero del ritorno.
Spettacolare tramonto sembra di essere in una fiaba!
Il pesce lo avevo visto quando tre anni fa ero stata col CAI sulla Kurz, il giorno della salita al rifugio, ma per fortuna si era messo a piovere solo una volta che eravamo sul sentiero del ritorno.
Spettacolare tramonto sembra di essere in una fiaba!
solo perdendomi nella natura ritrovo me stessa
- Pazzaura
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Re: Grand Combin
Per la gita non dico più niente perchè ormai ne mettete a segno una dietro l'altra...
Per le foto del tramonto dico SPLENDIDE!! Che atmosfera!!
Per le foto del tramonto dico SPLENDIDE!! Che atmosfera!!
"Se non fosse unta, non fosse focaccia." Ignota
Re: Grand Combin
Grazie Grazie. Volevo precisare che le foto nella gallery sono tutte perfettamente corredate di informazioni e didascalie, che per problemi di tempo non ho potuto riportare esattamente sopra le foto del topic.
Nello specifico:
1- tra le due vette che fumano il sigaro oltre a Les Droites si riconosce ancor meglio la grandiosa Aiguille Verte;
2- Nella foto dell'Aiguille du Midi si riconosce il pennone metallico in punta e la passerella tra le pareti;
3- I fantomatici pesci erano un pò dappertutto, ma noi non temevamo perchè eravamo certi che il giorno successivo sarebbe stata una gran bella giornata, un pò perchè l'avevo espressamente richiesto, un pò perchè meteo sat la sa lunga in merito . Solo durante la discesa della Isler qualche fiocco di neve ci ha fatto alzare il muso, ma è stato un fenomeno passeggero, probabilmente proveniente da qualche vallata vicina pioveva e le gocce portate dal vento al contatto con lo zero termico della quota hanno provocato la simapatica pioggerellina bianca. Così abbiamo subito riportato il muso sui nostri piedi, non era consigliabile osservare altro...
4- In questa foto infatti oltre alla Cresta del Meitin, sulla destra è perfettamente visibile l'estensione della Spalla Isler ... e delle sue indicibili condizioni!
Nello specifico:
1- tra le due vette che fumano il sigaro oltre a Les Droites si riconosce ancor meglio la grandiosa Aiguille Verte;
2- Nella foto dell'Aiguille du Midi si riconosce il pennone metallico in punta e la passerella tra le pareti;
3- I fantomatici pesci erano un pò dappertutto, ma noi non temevamo perchè eravamo certi che il giorno successivo sarebbe stata una gran bella giornata, un pò perchè l'avevo espressamente richiesto, un pò perchè meteo sat la sa lunga in merito . Solo durante la discesa della Isler qualche fiocco di neve ci ha fatto alzare il muso, ma è stato un fenomeno passeggero, probabilmente proveniente da qualche vallata vicina pioveva e le gocce portate dal vento al contatto con lo zero termico della quota hanno provocato la simapatica pioggerellina bianca. Così abbiamo subito riportato il muso sui nostri piedi, non era consigliabile osservare altro...
4- In questa foto infatti oltre alla Cresta del Meitin, sulla destra è perfettamente visibile l'estensione della Spalla Isler ... e delle sue indicibili condizioni!
Last edited by Ramingo on Mon Sep 20, 2010 0:42, edited 1 time in total.
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Anche se (mentre sto scrivendo) è molto tardi, ho letto con passione tutto il tuo bel racconto......
adesso però, prova ancora una volta a dire che non sei un alpinista!!!!
Siete veramente un ottima cordata!!!!
adesso però, prova ancora una volta a dire che non sei un alpinista!!!!
Siete veramente un ottima cordata!!!!
Paolo
Il silenzio è il grido più forte.
Il silenzio è il grido più forte.
Re: Grand Combin
Grazie Paolo, onorato sono!
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
Oui mon ami, certainement!!!! Merci pour tout et la prochaine!alec wrote:Grandioso racconto, ogni volta è sempre meglio
Che dire della salita...la vetta è spettacolare. Una delle più belle mai salite, chi ha visto il Combin sa di cosa parlo.
La gita ha due aspetti differenti. La cresta offre una bellissima e sicura arrampicata su ottima roccia. Invece l'avvicinamento e la discesa si svolgono sui più grandi mer.dai che abbia mai attraversato in particolare la Spalla Isler è un incubo, ad ogni passo si rischia di finire giù con mezza montagna...zero ometti, segni o tracce...e il ripidissimo traverso su neve per giungere alle orride pietraie sopra al rifugio è la ciliegina sulla torta. In confronto la Grivola era stata una salita su roccia ottima
Ale ha fatto bene a convincermi a proseguire al mattino, io volevo tornare indietro dopo un'ora ne è valsa la pena
Ottimo affiatamento, spero di fare ancora tante belle gite insieme
... Beh ... Anche mì sun in un grande amante de raiêu au sugo de funxi o de carne (co u ripin de erbette), o de pulenta bella cada e fumante co-u tuccu de cinghiale o de cervo, de lasagne e menestrun a zeneize, de turta cun e gè (per i foresti: gè = bietole) e de atre leccornie. Ma in muntagna besogna arrangiase e quandu davanti au nasu te vegne serviu da mangià e te serve sustanza pe arrampegà u giurnu doppu nu ti po fa troppu u schizzinusu. Megiù mangià che patì a famme fiite!alec wrote:Dimmi te se pollo al curry con riso all'ananas è un tipico piatto di cucina alpinaramingo wrote:Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Grand Combin
D' accordo ottimo affiatamento e bellissime foto, bravi ad entrambipaolo59 wrote:Anche se (mentre sto scrivendo) è molto tardi, ho letto con passione tutto il tuo bel racconto......
adesso però, prova ancora una volta a dire che non sei un alpinista!!!!
Siete veramente un ottima cordata!!!!
Re: Grand Combin
Bravissimi!
- Maury76
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Re: Grand Combin
Grandi
Racconto emozionante e foto davvero splendide
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- Alexander
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Re: Grand Combin
...complimenti!!!!!!!!!!!!!!
Le foto sonjo qualche cosa di semplicemente MAGNIFICO!!!!!!!!!!
Poesia pura!!!!!
Le foto sonjo qualche cosa di semplicemente MAGNIFICO!!!!!!!!!!
Poesia pura!!!!!
Alexander - "Non ditemi che non lo posso fare" (Lost).
Re: Grand Combin
Grazie ragazzi.
Il posto era poesia pura... le foto son venute da se
Il posto era poesia pura... le foto son venute da se
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
- Alexander
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Re: Grand Combin
....grazie all'anima di chi le ha scattate in risonanza col sito...
Alexander - "Non ditemi che non lo posso fare" (Lost).
Re: Grand Combin
Sono senza parole di fronte a simili immagini e a tali imprese alpinistiche!!!!!
Il silenzio non si trova sulla cima delle montagne e il rumore non sta nei mercati delle città: ambedue sono nel cuore dell'uomo.
Lao Tse (VI sec a.C.)
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Re: Grand Combin
le foto del tramonto sono di una bellezza struggente e mi hanno fatto venire i brividi
...montagna vissuta,tempo per respirare... (Reinhard Karl)
"Quando le luci si spegneranno per sempre il mio popolo sarà ancora qui.Noi abbiamo le nostre antiche usanze.Sopravviveremo."
(Nuvola Rossa,capo Sioux)
"Quando le luci si spegneranno per sempre il mio popolo sarà ancora qui.Noi abbiamo le nostre antiche usanze.Sopravviveremo."
(Nuvola Rossa,capo Sioux)
Re: Grand Combin
Ribadisco il concetto!Ago wrote:CHAPEAU e invidia
Quel Monte l'ho potuto ammirare per bene la prima volta dalla cima del Mont Gelé nel 1987. A dir il vero la prima impressione fu di timore e solo successivamente di richiamo.
Leggere e vedere che alcuni amici son saliti lassù, mi riempie di gioia.
Re: Grand Combin
Tanto di cappello! Avete salito una cima splendida, e avete anche avuto il coraggio di scendere su quell'infido terreno, davvero complimenti!
"Un uomo va al di là di ciò che può afferrare" (N. Tesla)
"De gustibus non disputandum est"
La montagna non uccide... è l'uomo che sottovaluta i pericoli...
"De gustibus non disputandum est"
La montagna non uccide... è l'uomo che sottovaluta i pericoli...
Re: Grand Combin
Onorato di essere considerato tuo amicoAgo wrote:Ribadisco il concetto!Ago wrote:CHAPEAU e invidia
Quel Monte l'ho potuto ammirare per bene la prima volta dalla cima del Mont Gelé nel 1987. A dir il vero la prima impressione fu di timore e solo successivamente di richiamo.
Leggere e vedere che alcuni amici son saliti lassù, mi riempie di gioia.
Io credetti e credo la lotta con l'Alpe utile come il lavoro, nobile come un'arte, bella come una fede.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
Re: Grand Combin
Bravo Ramingo, bel racconto!!ramingo wrote:Difetti secondo ramingo: La pericolosa e sfiancante discesa.
Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
Io per evitare "i difetti", sono sceso da Nord, dal Gouloir du Guardien.
Ad inizio stagione si scende bene, anche se bisogna avere un po' di naso per individuare da sopra il passaggio.
Inoltre è un po' ripido, ma se la neve è buona tutto è ok.
A fine stagione credo sia poco simpatico, in quanto ho sentito che si può trovare molto ghiaccio.
Avevo già deciso per questa discesa, ma la scelta è stata ancora più rafforzata dal fatto che quel giorno (luglio 2009) sulla spalla Isler due poveri ragazzi svizzeri hanno trovato la morte....
http://www.cdt.ch/confederazione/cronac ... omini.html
Italo B.
- amadablam
- Sherpani di Quotazero
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Re: Grand Combin
....il mio mitico G.Combin , penso sia il monte che amo di +, non solo perchè mi ha fregato un sacco di volte , ma perchè è sopratutto bello elegante....da qualsiasi versante lo guardiate è sempre diverso, sempre bello , stringo fortissimo la mano per la salita al G.Combin ..... (sentite la mia mano???!!!)
Namaste
"Non esiste una via per la pace, la Pace è la Via"
Tenzin Gyatso (Dalai Lama)
Tibet libero!!!
"...ognuno di noi, da qualche parte ha il suo Everest da scalare, qualunque nome esso porti (Wanda Rutkiewicz)
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- amadablam
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Re: Grand Combin
...e giusto il Gardien. non sei la sola persona che in discesa me lo cosigliato.....avevo sceso la IIsler tanti anni fa in "ritirata" il mio secondo stava male e la ricordo come un postaccio......Italo B. wrote:Bravo Ramingo, bel racconto!!ramingo wrote:Difetti secondo ramingo: La pericolosa e sfiancante discesa.
Difetti secondo Alec: La pericolosa e sfiancante discesa e le aliene pietanze della cucina svizzera.
Io per evitare "i difetti", sono sceso da Nord, dal Gouloir du Guardien.
Ad inizio stagione si scende bene, anche se bisogna avere un po' di naso per individuare da sopra il passaggio.
Inoltre è un po' ripido, ma se la neve è buona tutto è ok.
A fine stagione credo sia poco simpatico, in quanto ho sentito che si può trovare molto ghiaccio.
Avevo già deciso per questa discesa, ma la scelta è stata ancora più rafforzata dal fatto che quel giorno (luglio 2009) sulla spalla Isler due poveri ragazzi svizzeri hanno trovato la morte....
http://www.cdt.ch/confederazione/cronac ... omini.html
Italo B.
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