Deforestazione a Ronchiadilly

Moderators: Moderatori, Moderatori di sezione (Arrampicata sportiva)

Post Reply
antitrust
Matricola
Posts: 11
Joined: Fri Feb 11, 2011 10:09

Deforestazione a Ronchiadilly

Post by antitrust »

Non vorrei apparire come un integralista, perciò premetto che l’argomento proposto vorrebbe solo sensibilizzare riguardo a un diffuso costume e non criminalizzarlo a priori. Ieri sono tornato a ripetere alcune lunghezze a Ronchiadilly, mancavo dall’estate scorsa e sapevo che da allora in molti erano andati a far visita alla falesia, che è assurta a meta, quasi popolare, dopo circa cinque anni dalla sua chiodatura; temevo di trovare imposti qua e là e di dover fare un po’ di pulizia: odio gli imposti! Invece ho trovato le pareti incredibilmente pulite, purtroppo però anche la base era orribilmente “sgombra”. Molti alberi erano stati tagliati, abbattuti, persino il tracciato del sentiero è stato modificato creando una passerella di massi sostenuta da un fascio di rami secchi. Non mi sono mai ritenuto proprietario del luogo, per carità! Ho speso molto tempo ed energie per attrezzare la falesia, ma mi sono divertito, è stato il mio gioco per un annetto e poi lo è stato ancora per ripetere le lunghezze, ho ottenuto tutte le soddisfazioni sperate, non posso pretendere nulla di più. Devo però ammettere che trovare la falesia così cambiata nell’aspetto mi ha lasciato perplesso. Prima il luogo era intimo, selvaggio, avevo fatto la pulizia indispensabile e sufficiente affinché non si corressero pericoli: in nessun caso si poteva cadere su un albero. Abbiamo scalato a Ronchiadilly per cinque anni e ripetuto tutte le lunghezze, vi assicuro con tanti voli, senza avere l’esigenza di una potatura indiscriminata. Soprattutto mi ha ferito la rasatura a zero di un piccolo albero, che credo sia un pepe selvatico, al quale era particolarmente affezionato e che per altezza ed esuberanza del fogliame non poteva dare alcun fastidio, fortunatamente è stato risparmiato il tronco che si sviluppa con andamento orizzontale e forse è utilizzato come naturale seduta, per sua buona sorte! Non mi piace il taglio del bosco, neppure quando si tratta dell’opera di boscaioli che lo fanno per lavoro sui propri terreni; ho visto luoghi trasformarsi, perdere la loro identità, denudati e abbandonati come privi di difesa, ma è naturale che ciò accada, sono boschi cedui, nati e sfruttati per quello scopo; quando però il taglio è eseguito per inspiegabili motivi e da comuni fruitori di boschi e falesie forse opporre un po’ di resistenza non è fuori luogo. Probabilmente ho una visione poco moderna, ristretta, forse è giusto creare spazi aperti, dove far svolazzare un bel drone, o semplicemente per definire il proprio dominio sui luoghi, oppure per ottenere una maggior illuminazione delle pareti, così come è giusto chiodare i tiri in maniera ravvicinata, uniformando la falesia all’indoor, omologando il tutto con la solita trita filosofia della “sicurezza prima di tutto”. Chissà, ma ho come l’impressione che la svolta verso destra della nostra politica italiana non sia altro che lo specchio di tutte le piccole realtà sociali, compresa questa nostra minuta dell’arrampicata in falesia: tutto deve essere fatto secondo regole e dettami precisi, voluti da una saggia, ricca di principi e incontestabile maggioranza. Eppure esiste qualcuno a cui ancora piacciono le diversità, che vedono in ciò una possibilità di arricchimento e di crescita, che sperano di trovare ancora un po’ di magica fantasia quando si confrontano con gli altri e con i luoghi. Penso sia indispensabile anche per noi scalatori avere la libertà di trovare, magari a poche centinaia di metri di distanza, falesie diverse per stile, per gradazione, per chiodatura, per natura e vegetazione. Sarebbe una noia avere tutti i muri con tiri della stessa difficoltà, attrezzati con un chiodo ogni metro come al pannello e la cui base è talmente lustra da confonderla col pavimento di una palestra. Lo scalatore della domenica, quello che trema quando il ginocchio supera il chiodo e fa fatica a portare in catena un 6b, nonostante in palestra risolva problemi degni di un ercolino, non migliorerà mai se le falesie non lo costringeranno a superarsi, ad affrontare le sue paure, a confrontarsi con un ambiente che può apparire ostile, cupo e austero. Tutta questa disanima solo per chiedere: era così necessario rasare a zero il mio povero pepe selvatico?
User avatar
adrian
Quotazerino
Posts: 557
Joined: Wed May 26, 2010 20:59

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by adrian »

io invece sono integralista e criminalizzo, con questi disboschi ingiustificati avete rotto il ****, basta per favore.
antitrust
Matricola
Posts: 11
Joined: Fri Feb 11, 2011 10:09

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by antitrust »

Scusate alcune sviste sintattiche e la metatesi di "disamina", cose che capitano quando si invia senza rileggere
cyclocaster
Utente di Quotazero
Posts: 89
Joined: Sun May 29, 2016 0:15

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by cyclocaster »

Abbiamo capito che non ti piacciono le "chiodature da pannello" e che sicuramente ti tieni di più di uno povero ronchionato " scalatore della domenica, quello che trema quando il ginocchio supera il chiodo e fa fatica a portare in catena un 6b, nonostante in palestra risolva problemi degni di un ercolino" . L' hai già ribadito due giorni fa nel post sulla richiodatura del canyon di Cucco. Lo ribadirai ancora fra altri due giorni in un altro post ? Hai pienamente ragione sul disboscamento indiscriminato, ma perchè questo sarcasmo per lo scalatore della domenica :domanda: :domanda: :domanda: e soprattutto perchè in un post sul disboscamento selvaggio? In questo modo, tutta questa lunga disamina sociale mi pare scivoli soltanto nella solita gara a " chi ce l'ha più lungo " .
Saluti.
antitrust
Matricola
Posts: 11
Joined: Fri Feb 11, 2011 10:09

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by antitrust »

Non c'è ironia quando parlo di chi fatica nella scalata, né sarcasmo, né intolleranza; tutti siamo, o siamo stati, o torneremo ad essere "ronchie", pertanto solo uno sciocco potrebbe essere pervaso da un senso di superiorità. Sono uno scalatore che ama l'arrampicata in tutte le sue sfaccettature, perciò non è neppure vero che disdegno le falesie chiodate corte, e neppure i pannelli, così come posso comprendere che a qualcuno piaccia avere una piazza d'armi alla base dei tiri, perfettamente piatta e senza un filo d'erba; ciò che penso, mi sembrava fosse chiaramente espresso, è che ritengo giusto lasciare a tutti uno spazio di gioco consono ai propri desideri: non sarebbe corretto estirpare protezioni sui tiri con chiodatura ascellare, così come aggiungere resinati sui tiri chiodati in maniera chilometrica, non è giusto intervenire con potature eccessive laddove qualcuno ha volutamente cercato di non interferire troppo con la natura. Preservare il diritto a questa diversità è fondamentale, sia perché non è giusto imporre il proprio gusto ad altri, sia perché, ed era questo il senso di quanto espresso nel precedente post, la diversità consente a chi ancora non è migliorato di migliorare. Chi comunque non ha intenzione alcuna di migliorare e vuole restare per sempre una "ronchia" godrà in ogni caso della mia stima, basta che non voglia imporre il proprio livello anche agli altri!
User avatar
mikesangui
Quotazerino doc
Posts: 2354
Joined: Mon Nov 20, 2006 15:04
Location: Cogoleto
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by mikesangui »

Perfettamente d'accordo con l'impatto al minimo delle falesie sull'ambiente.
Nelle poche cose che ho fatto ho cercato di essere essenziale e trovare un compromesso che mi paresse "giusto" tra le esigenze dell'ambiente e quelle della scalabilità, ma ovviamente è un parere personale.

Purtroppo o per fortuna l'arrampicata è libera , e le persone che la praticano sono diverse e multiformi, e questa diversità comporta il fatto che nella falesia che a me piace tanto così com'è, ci vada un personaggio che decide di tirare giù mezzo monte quando io son passato in punta di piedi, o viceversa.
Dispiace... ma va bene così. Altrimenti sarei promotore di quell'omologazione che cerca di regolarizzare al mio volere tutto.

Che piaccia ò no , la tutela delle minoranze può avvenire solo tramite regolamentazione ..altrimenti la maggioranza vince... purtroppo.. ma è così.
O lo si accetta , o si riduce la libertà e si mettono regole. Non a caso c'è una regola per la tutela della nidificazione uccelli. Questa regola va contro la "liberà" ma è per la liberà.

Ci sono alcune cose che non comprendo nei tuoi post. Non capisco la generalizzazione. Mischi la capacità di scalata con la volontà del rispetto della natura, son due cose che non mi paiono correlate. C'è gente ..come chiami tu ... "ronchia"..che non taglierebbe un albero manco a pagarlo, e overtenenti che fanno opere di disboscamento per raggiungere il grado.
D'altra parte è successo a Ronchiadilly che non è una falesia da "ronchie" .. come le chiami tu. Per cui perché tirare fuori il solito , trito, omologatissimo ,discorso del "tenersi"?

La seconda cosa che non capisco, e mi incuriosce, è il perché sbattersi in un opera di richiodatura (passo al canyon restando qui perché sono pigro) , che è di per se solo un'opera di messa in sicurezza quando nella sicurezza non si riconosce un valore necessario , anzi è inteso come elemento diversificante.
Sostituire un fittone resinato a un fix vecchio ne cambia solo la sicurezza di questo . Perché farlo e non cambiare il pericolo intrinseco dovuto ad altri fattori?
Se negli anni 80 avessero scalato un tiro con un macigno in bilico sopra la sosta... bisognerebbe lasciarcelo oppure va tirato giù? tirandolo giù sarei irrispettoso?
Se c'è valore nello scalare con rischio..tanto vale farlo con i FIX originali... come chi reputa importante scalare una via storica sui chiodi originali.
Ci può stare... lo comprendo benissimo. Ma non capisco perché allora sostituire i fix con fittoni resinati sicurissimi.

Sono domande, non sono colpevolizzazioni (in fondo non capisco perché sei partito subito con il concetto di colpevole) .

L'unica risposta razionale che mi son dato , è che per evitare che qualcuno lo richiodasse con criteri diversi da quelli che desideri, hai proceduto te. In questo senso lo capisco. In fondo tutti i chiodatori fanno così.
In fondo il fatto che, come scrivi , tu abbia piazzato il primo in funzione del fatto che sei salito con le scarpe da ginnastica slegato, indica che semplicemente hai misurato con il tuo livello personale il concetto di sicurezza accettabile , il prezzo da pagare all'ingresso di questo settore.
Non è una critica ,anzi, tutti i chiodatori fanno così, valutano il posizionamento sul proprio ,personale, concetto di facile.

Concordo in pieno con l'importanza di avere settori diversi , con un senso diverso, con esigenze diverse.

Invidio anche al tua capacità di attribuzione delle responsabilità molto ferrea, è vero e sacrosanto che se uno cade e si fa male è un problema suo, che si è cimentato con qualcosa troppo difficile rispetto alle sue possibilità, ma io comunque non dormirei la notte sapendo che qualcuno si è ammazzato su un tiro che ho richiodato. Ed è forse per un perfetto atto di egoismo, che mi faccia dormire la notte, che se richiodo un tiro e trovo una protezione che reputo pericolosa.. la sposto. Qualcuno potrebbe obiettare che avrei fatto meglio a non richiodarlo. E' vero... ma sempre per egoismo vorrei poterlo scalare. E allora richiodo. Come tutti i chiodatori d'altronde.

Anche perché non si comprende come le persone possano migliorare , se per cimentarsi in progetti più difficili , devono rischiare la vita. Forse il miglioramento è appannaggio dei sopravvissuti? di quelli che hanno rischiato , e gli è andata bene?

Perché il più delle volte ..ricordiamocelo... non è bravura.

Il tutto senza colpevolizzare, anzi con rispetto pieno, solo nel tentativo di confrontarsi su visioni forse diverse .. ma neanche tanto.
ciao
User avatar
adrian
Quotazerino
Posts: 557
Joined: Wed May 26, 2010 20:59

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by adrian »

non sono ancora andato a vedere il canyon (quei ronchionati dei miei soci dicono che e' troppo duro :risataGrassa: ) ma davvero e' chiodato a rischio di morte? Tempo fa' Minetto mi ha detto una volta si chiodava giusto per non morire se cadevi, la possibilita' di un'infortunio esisteva, adesso la si vuole eliminare completamente, per me e' sbagliato e chi vuole provare qualche emozione in piu' dovrebbe averne la possibilita', detto da uno che e' un coniglio.
Se cadendo al canyon non si rischia la morte non vedo motivo per modificare la chiodatura.
User avatar
mikesangui
Quotazerino doc
Posts: 2354
Joined: Mon Nov 20, 2006 15:04
Location: Cogoleto
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by mikesangui »

Non ho detto che il canyon è a rischio morte. E cerchiamo di non travisare le cose scritte che è un attimo a divergere.
A parte che non avendoci scalato non posso sapere se è a rischio morte.

Quel che ho scritto è un discorso generale , fatto su un concetto di richiodatura (che serve SOLO a mettere in sicurezza un sito) che prescinde dal mettere in discussione la sicurezza del posizionamento. Come se il posizionamento fosse sacro mentre la qualità dei materiali si può mettere in discussione.

POI .. ho aggiunto anche che comprendendo la ferrea ETICA dello scalare nelle condizioni dei primi salitori, personalmente non mi sentirei di richiodare senza garantire un livello di sicurezza di un certo tipo , perché cmq mi sentirei responsabile di eventuali incidenti anche se in relatà non lo sarei. E come dicevo, invidio la sua capacità di attribuire ferreamente la responsabilità per quella che davvero è, cioè solo a chi sceglie di salire.
antitrust
Matricola
Posts: 11
Joined: Fri Feb 11, 2011 10:09

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by antitrust »

Probabilmente stiamo uscendo dal seminato, forse sarebbe il caso di creare un altro post, ma un po' per pigrizia, un po' perché si filosofeggia e i ragionamenti si intersecano e si confondono, continuo anche io senza cambiare l'argomento.
In primis, mi sembra che l’uso della parola “ronchia” evochi un qualcosa di ancestrale, un personale timore, la paura di essere in qualche misura chiamati in causa. La “ronchia” che è in noi si risveglia ed è permalosa, si sente offesa, è il nostro lato peggiore, quello nascosto, quello che non ci piace sia messo in evidenza ed ecco allora subito incendiarsi gli animi. Mai parlare di “ronchia”, meglio semmai usare un’altra definizione, qualcosa di più morbido, altrimenti si rischia che tutte le energie siano assorbite da una sola parola e ci si concentri su quella, dimenticando tutto il resto. Lo sapevo, sarebbe stato meglio non tirare in ballo questa materia, ma il mio intervento non voleva toccare argomenti triti, relativi a quanto si è forti, o non si è forti e pensavo si potesse intuire. Non volevo assolutamente scatenare la solita lotta tra ricchi e poveri, semmai tra giusto e meno giusto, attributo che non è necessariamente collegato ad una delle due fazioni in particolare. Evidentemente mi sono sbagliato, allora cerco di porvi rimedio.
Il fatto che abbia parlato di "ronchie" nasce da un discorso troppo a monte per poterlo chiarire completamente in poche righe su un post, comprendo che ciò possa apparire fuori contesto, ma quando mi trovo ad affrontare una discussione in un forum sono quasi rapito dalla fuga delle idee e non posso spiegare tutte le connessioni che mi hanno spinto a dire una cosa.
Così come durante la chiodatura, anche nel semplice pensiero, e quindi nello scrivere, si è un po' schiavi della propria esperienza e del sensus sui, scordando che gli interlocutori sono spesso lontani dal "simpatizzare" con le nostre elucubrazioni. Cercherò quindi di spiegarmi meglio. Con il termine "ronchia" solitamente non definisco il povero neofita che per mancanza di tecnica e forza fatica su difficoltà molto banali; la dantesca definizione, per assimilazione alla sua definizione di origine, racchiude un mondo di pensiero che può accomunare lo scalatore da 6a a quello da 7c, anzi è più spesso "ronchia" uno scalatore da 7c! La "ronchia" è colui che tira le prese in maniera ignorante, è colui che ha bisogno di un ronchion, di un aiuto, per scalare, è colui che tende ad adattare l'ambiente (con potature e sterilizzazioni), la roccia (con scavi e aggiustamenti) e l'avventura (con iperprotezioni o bastoni periscopici) a se stesso, è lo scalatore antropocentrico, colui che non vuole adeguarsi a ciò che trova, ma trasforma tutto in virtù del proprio appagamento. A Ronchiadilly, oltre al taglio del bosco ho trovato un monodito allargato, al Canyon, dopo la richiodatura, sono stati scavati tre piedini (uno del tutto inutile sull'unica lunghezza nuova!) e "pulite" con arroganza alcune prese: mi è davvero impossibile chiarire per iscritto ogni piccolo spunto alle mie esternazioni. E questo non sarebbe tutto, ma il discorso diverrebbe davvero troppo lungo!
Per quanto riguarda le scelte inerenti la richiodatura del Canyon devo ammettere che sono stato anche condizionato dall'eventuale polverone che avrei suscitato spostando in maniera sensibile le protezioni: coloro che hanno attrezzato questa falesia negli anni '80 forse non avrebbero apprezzato un totale stravolgimento del loro operato; come dargli torto? Qualche piccola variazione relativa alla sicurezza, magari poco visibile, c'è comunque stata: ho eliminato un grosso masso, trattenuto solo dal terriccio, che incombeva sopra technicolor e ho abbassato di un paio di metri la sosta di dottor sottile perché quella originale era posizionata su una lama staccata. Lasciare poi i vecchi fix non sarebbe stata la medesima cosa, sostituirli con dei resinati ha garantito almeno un livellamento del rischio pari a quello corso all'epoca della chiodatura originale, salire un tiro con le vecchie protezioni corrispondeva praticamente ad una free solo, mentre negli anni ’80 si volava tranquillamente su quei fix.
Veniamo ora al mio senso di responsabilità. Quando attrezzo un tiro nuovo lo faccio esclusivamente per me stesso, pertanto chiunque lo affronti dopo di me si adeguerà ai miei parametri. Può apparire un modo di pensare egoistico e in parte lo è, ma anche in questo caso la scelta sottintende altri ragionamenti, uno per tutti: se creo qualcosa che risponde ai miei desideri ci sarà sicuramente qualcuno che sarà perfettamente appagato, qualcuno che per modo di pensare e per caratteristiche fisiche si trova rappresentato dal mio operare (quindi non reputo di essere il migliore dei chiodatori, di conoscere tutte le verità e di poter elargire soddisfazioni a tutti i fruitori, come purtroppo invece pensano di se stessi molti miei colleghi). Nel caso specifico della richiodatura ho cercato invece di dare soddisfazione ad una "fazione" di fruitori, scontentando certamente una larga maggioranza, ma non faccio fatica a dormire per il senso di colpa, o perché mi sento responsabile per la sicurezza degli altri. Sarei certamente dispiaciuto se qualcuno si facesse male su una mia lunghezza, ma non in misura maggiore di quando mi giunge notizia che qualcuno si è fatto male su un tiro non mio, inoltre penso che sia molto più facile capiti l'incidente su lunghezze facili e chiodate a metro che sulle mie lunghezze, perché quasi sempre la causa vera dell'incidente è da cercarsi nelle capacità, sia tecniche che di valutazione, dello scalatore e dell'assicuratore (ho visto gente distruggersi una caviglia su un tiro facile e attrezzato corto e bene). L'unica vera responsabilità che mi attribuisco è quella relativa al materiale usato e alla solidità degli ancoraggi, ma anche in questo caso non in maniera totale, poiché il tempo, o eventi naturali possono vanificare gli originari parametri di sicurezza che mi hanno condotto ad operare una scelta, oppure perché ho scelto di attrezzare comunque una lunghezza nonostante mi fosse impossibile garantire quel grado di sicurezza da me ritenuto sufficiente (in questo caso cerco di specificare in eventuali opuscoli, foglietti ed altro la pericolosità, ma nel tempo può perdersi la notizia, perciò sta sempre allo scalatore valutare le condizioni di quanto andrà ad affrontare). Poi credo che la faccenda responsabilità sia argomento delicato, non credo che la Ferrari si senta responsabile se un suo cliente si va a schiantare ai 300 sull’Aurelia.
Arriviamo infine al tema "miglioramento", che mi sembra strettamente correlato a quanto appena espresso. Credo che ogni scalatore debba essere motivato a migliorare, soprattutto per quanto concerne le sue capacità tecniche e di valutazione. È vero che non si deve migliorare correndo rischi esagerati e proprio per questo motivo risulta indispensabile trovarsi di fronte ad un’eterogeneità di stili, attrezzature, materiali che stimolino il ragionamento e spronino a confrontarsi con problemi nuovi e in generale a fare di più, grado per grado, senza arrivare ad affrontare il Pesce in Marmolada dopo aver ripetuto qualche 7b di dubbia intensità e con chiodatura ascellare. Inoltre, se non ci si spinge appunto sul Pesce, i rischi che si possono correre in una falesia sono solitamente molto ridotti e ciò indipendentemente dal chiodo lungo, anzi spesso la chiodatura corta ha la prerogativa di abbassare la tensione psicologica piuttosto che di ridurre il rischio oggettivo. Infine devo dire una cosa, che probabilmente molti sanno e che chi non lo sa può facilmente intuire: cadere su un tiro facile è sempre pericoloso, anche con la chiodatura ascellare, mentre cadere su un tiro duro è solitamente privo di rischi, anche se si saltano le protezioni. Quindi migliorare è fondamentale: non si rischierà più di cadere sul facile e ci si divertirà a volare lungo sul difficile! Tornando alla chiodatura del Canyon, benché sia evidente che il primo chiodo spesso è in alto (la base consente comunque un salto salvifico sul piano e su un letto morbido di foglie, ed esistono comunque anche i bastoni per evitare le slogature alle caviglie), normalmente il resto della chiodatura non presenta grossi rischi oggettivi, semmai si tratta più di tensione psicologica; è vero che rinviando qualche secondo chiodo bisogna avere la certezza di non cascare con la corda in mano, ma questa è una eventualità da scongiurare con qualsiasi tipo di chiodatura. Il miglioramento abbassa il rischio e consente di allargare il proprio raggio di azione, consente di visitare falesie prima ritenute proibitive e luoghi prima solo sognati, ma per migliorare bisogna avere, oltre alla volontà, i luoghi che lo consentano. Evviva quindi la diversità di chiodatura. Una ulteriore precisazione, quando ero meno esperto e più pauroso non affrontavo certe lunghezze a causa della chiodatura, o per la difficoltà, ma il fatto che quelle lunghezze esistessero mi consentiva di poter fantasticare, di poterle corteggiare e mi ha spinto a cercare la via per poterle affrontare, la via giusta, senza scavare appigli e senza aggiungere chiodi, senza facilitare l’impresa, non v’è soddisfazione più grande: arrivare dove prima ci si avvicinava solo coi sogni.
Ed ecco apparire il nodo della questione, quello che forse chiarisce meglio di tutto la mia miscellanea: il sogno. Disboscare, iperproteggere gli itinerari, scavare prese, dedicarsi ai blocchi sul pannello, tutto ciò non penso sia in assoluto sbagliato, ognuna di queste azioni può anzi essere costruttiva se relegata al suo giusto ambito, penso possano essere modi di affrontare e in cui contestualizzare l’arrampicata, ma mi sembra che in qualche maniera queste tipologie tendano ad attrarsi e a raggrupparsi in un unico grande modo che annienta il sogno, che annulla il sentimento del visionario.
Spero di aver in parte chiarito il perché del mio minestrone in cui cucino un po’ di taglio del bosco, con un po’ di “ronchie” e un po’ di ipersicurezza. Un ultima cosa, non pretendo che il mio minestrone sia digerito da tutti e sono aperto ad assaggiare qualsiasi altro piatto, anche se l’attività sportiva mi costringe ad essere attento con l’alimentazione, sono molto goloso!
User avatar
mikesangui
Quotazerino doc
Posts: 2354
Joined: Mon Nov 20, 2006 15:04
Location: Cogoleto
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by mikesangui »

antitrust wrote:Probabilmente stiamo uscendo dal seminato, forse sarebbe il caso di creare un altro post, ma un po' per pigrizia, un po' perché si filosofeggia e i ragionamenti si intersecano e si confondono, continuo anche io senza cambiare l'argomento.
In primis, mi sembra che l’uso della parola “ronchia” evochi un qualcosa di ancestrale, un personale timore, la paura di essere in qualche misura chiamati in causa. La “ronchia” che è in noi si risveglia ed è permalosa, si sente offesa, è il nostro lato peggiore, quello nascosto, quello che non ci piace sia messo in evidenza ed ecco allora subito incendiarsi gli animi. Mai parlare di “ronchia”, meglio semmai usare un’altra definizione, qualcosa di più morbido, altrimenti si rischia che tutte le energie siano assorbite da una sola parola e ci si concentri su quella, dimenticando tutto il resto. Lo sapevo, sarebbe stato meglio non tirare in ballo questa materia, ma il mio intervento non voleva toccare argomenti triti, relativi a quanto si è forti, o non si è forti e pensavo si potesse intuire. Non volevo assolutamente scatenare la solita lotta tra ricchi e poveri, semmai tra giusto e meno giusto, attributo che non è necessariamente collegato ad una delle due fazioni in particolare. Evidentemente mi sono sbagliato, allora cerco di porvi rimedio.
Il fatto che abbia parlato di "ronchie" nasce da un discorso troppo a monte per poterlo chiarire completamente in poche righe su un post, comprendo che ciò possa apparire fuori contesto, ma quando mi trovo ad affrontare una discussione in un forum sono quasi rapito dalla fuga delle idee e non posso spiegare tutte le connessioni che mi hanno spinto a dire una cosa.
Così come durante la chiodatura, anche nel semplice pensiero, e quindi nello scrivere, si è un po' schiavi della propria esperienza e del sensus sui, scordando che gli interlocutori sono spesso lontani dal "simpatizzare" con le nostre elucubrazioni. Cercherò quindi di spiegarmi meglio. Con il termine "ronchia" solitamente non definisco il povero neofita che per mancanza di tecnica e forza fatica su difficoltà molto banali; la dantesca definizione, per assimilazione alla sua definizione di origine, racchiude un mondo di pensiero che può accomunare lo scalatore da 6a a quello da 7c, anzi è più spesso "ronchia" uno scalatore da 7c! La "ronchia" è colui che tira le prese in maniera ignorante, è colui che ha bisogno di un ronchion, di un aiuto, per scalare, è colui che tende ad adattare l'ambiente (con potature e sterilizzazioni), la roccia (con scavi e aggiustamenti) e l'avventura (con iperprotezioni o bastoni periscopici) a se stesso, è lo scalatore antropocentrico, colui che non vuole adeguarsi a ciò che trova, ma trasforma tutto in virtù del proprio appagamento.
A Ronchiadilly, oltre al taglio del bosco ho trovato un monodito allargato, al Canyon, dopo la richiodatura, sono stati scavati tre piedini (uno del tutto inutile sull'unica lunghezza nuova!) e "pulite" con arroganza alcune prese: mi è davvero impossibile chiarire per iscritto ogni piccolo spunto alle mie esternazioni. E questo non sarebbe tutto, ma il discorso diverrebbe davvero troppo lungo!
... non è che fosse proprio chiarissimo cosa intendessi per ronchia, e neppure facilmente intuibile. Ronchia non è un termine comune, se non per dire una presa grande, però è vero che quel che si può intuire lo si deduce dal contesto in cui è inserito il termine. L'unica cosa che avevo capito dal tuo parlare di Ronchie è che fosse un appellativo dispregiativo.
Cmq ora forse è un po' più chiaro qual è la metalità che intendi con Ronchia.


antitrust wrote: Per quanto riguarda le scelte inerenti la richiodatura del Canyon devo ammettere che sono stato anche condizionato dall'eventuale polverone che avrei suscitato spostando in maniera sensibile le protezioni: coloro che hanno attrezzato questa falesia negli anni '80 forse non avrebbero apprezzato un totale stravolgimento del loro operato; come dargli torto? Qualche piccola variazione relativa alla sicurezza, magari poco visibile, c'è comunque stata: ho eliminato un grosso masso, trattenuto solo dal terriccio, che incombeva sopra technicolor e ho abbassato di un paio di metri la sosta di dottor sottile perché quella originale era posizionata su una lama staccata. Lasciare poi i vecchi fix non sarebbe stata la medesima cosa, sostituirli con dei resinati ha garantito almeno un livellamento del rischio pari a quello corso all'epoca della chiodatura originale, salire un tiro con le vecchie protezioni corrispondeva praticamente ad una free solo, mentre negli anni ’80 si volava tranquillamente su quei fix.
Veniamo ora al mio senso di responsabilità. Quando attrezzo un tiro nuovo lo faccio esclusivamente per me stesso, pertanto chiunque lo affronti dopo di me si adeguerà ai miei parametri. Può apparire un modo di pensare egoistico e in parte lo è, ma anche in questo caso la scelta sottintende altri ragionamenti, uno per tutti: se creo qualcosa che risponde ai miei desideri ci sarà sicuramente qualcuno che sarà perfettamente appagato, qualcuno che per modo di pensare e per caratteristiche fisiche si trova rappresentato dal mio operare (quindi non reputo di essere il migliore dei chiodatori, di conoscere tutte le verità e di poter elargire soddisfazioni a tutti i fruitori, come purtroppo invece pensano di se stessi molti miei colleghi). Nel caso specifico della richiodatura ho cercato invece di dare soddisfazione ad una "fazione" di fruitori, scontentando certamente una larga maggioranza, ma non faccio fatica a dormire per il senso di colpa, o perché mi sento responsabile per la sicurezza degli altri. Sarei certamente dispiaciuto se qualcuno si facesse male su una mia lunghezza, ma non in misura maggiore di quando mi giunge notizia che qualcuno si è fatto male su un tiro non mio, inoltre penso che sia molto più facile capiti l'incidente su lunghezze facili e chiodate a metro che sulle mie lunghezze, perché quasi sempre la causa vera dell'incidente è da cercarsi nelle capacità, sia tecniche che di valutazione, dello scalatore e dell'assicuratore (ho visto gente distruggersi una caviglia su un tiro facile e attrezzato corto e bene). L'unica vera responsabilità che mi attribuisco è quella relativa al materiale usato e alla solidità degli ancoraggi, ma anche in questo caso non in maniera totale, poiché il tempo, o eventi naturali possono vanificare gli originari parametri di sicurezza che mi hanno condotto ad operare una scelta, oppure perché ho scelto di attrezzare comunque una lunghezza nonostante mi fosse impossibile garantire quel grado di sicurezza da me ritenuto sufficiente (in questo caso cerco di specificare in eventuali opuscoli, foglietti ed altro la pericolosità, ma nel tempo può perdersi la notizia, perciò sta sempre allo scalatore valutare le condizioni di quanto andrà ad affrontare). Poi credo che la faccenda responsabilità sia argomento delicato, non credo che la Ferrari si senta responsabile se un suo cliente si va a schiantare ai 300 sull’Aurelia.
Arriviamo infine al tema "miglioramento", che mi sembra strettamente correlato a quanto appena espresso. Credo che ogni scalatore debba essere motivato a migliorare, soprattutto per quanto concerne le sue capacità tecniche e di valutazione. È vero che non si deve migliorare correndo rischi esagerati e proprio per questo motivo risulta indispensabile trovarsi di fronte ad un’eterogeneità di stili, attrezzature, materiali che stimolino il ragionamento e spronino a confrontarsi con problemi nuovi e in generale a fare di più, grado per grado, senza arrivare ad affrontare il Pesce in Marmolada dopo aver ripetuto qualche 7b di dubbia intensità e con chiodatura ascellare. Inoltre, se non ci si spinge appunto sul Pesce, i rischi che si possono correre in una falesia sono solitamente molto ridotti e ciò indipendentemente dal chiodo lungo, anzi spesso la chiodatura corta ha la prerogativa di abbassare la tensione psicologica piuttosto che di ridurre il rischio oggettivo. Infine devo dire una cosa, che probabilmente molti sanno e che chi non lo sa può facilmente intuire: cadere su un tiro facile è sempre pericoloso, anche con la chiodatura ascellare, mentre cadere su un tiro duro è solitamente privo di rischi, anche se si saltano le protezioni. Quindi migliorare è fondamentale: non si rischierà più di cadere sul facile e ci si divertirà a volare lungo sul difficile! Tornando alla chiodatura del Canyon, benché sia evidente che il primo chiodo spesso è in alto (la base consente comunque un salto salvifico sul piano e su un letto morbido di foglie, ed esistono comunque anche i bastoni per evitare le slogature alle caviglie), normalmente il resto della chiodatura non presenta grossi rischi oggettivi, semmai si tratta più di tensione psicologica; è vero che rinviando qualche secondo chiodo bisogna avere la certezza di non cascare con la corda in mano, ma questa è una eventualità da scongiurare con qualsiasi tipo di chiodatura. Il miglioramento abbassa il rischio e consente di allargare il proprio raggio di azione, consente di visitare falesie prima ritenute proibitive e luoghi prima solo sognati, ma per migliorare bisogna avere, oltre alla volontà, i luoghi che lo consentano. Evviva quindi la diversità di chiodatura. Una ulteriore precisazione, quando ero meno esperto e più pauroso non affrontavo certe lunghezze a causa della chiodatura, o per la difficoltà, ma il fatto che quelle lunghezze esistessero mi consentiva di poter fantasticare, di poterle corteggiare e mi ha spinto a cercare la via per poterle affrontare, la via giusta, senza scavare appigli e senza aggiungere chiodi, senza facilitare l’impresa, non v’è soddisfazione più grande: arrivare dove prima ci si avvicinava solo coi sogni.
Ed ecco apparire il nodo della questione, quello che forse chiarisce meglio di tutto la mia miscellanea: il sogno. Disboscare, iperproteggere gli itinerari, scavare prese, dedicarsi ai blocchi sul pannello, tutto ciò non penso sia in assoluto sbagliato, ognuna di queste azioni può anzi essere costruttiva se relegata al suo giusto ambito, penso possano essere modi di affrontare e in cui contestualizzare l’arrampicata, ma mi sembra che in qualche maniera queste tipologie tendano ad attrarsi e a raggrupparsi in un unico grande modo che annienta il sogno, che annulla il sentimento del visionario.
Spero di aver in parte chiarito il perché del mio minestrone in cui cucino un po’ di taglio del bosco, con un po’ di “ronchie” e un po’ di ipersicurezza. Un ultima cosa, non pretendo che il mio minestrone sia digerito da tutti e sono aperto ad assaggiare qualsiasi altro piatto, anche se l’attività sportiva mi costringe ad essere attento con l’alimentazione, sono molto goloso!
Condivido molte parti del tuo pensiero , alcune no... ma poi non è così importante.

Quel che mi risulta più ostico di comprendere è come metti insieme queste due cose:

"la causa vera dell'incidente è da cercarsi nelle capacità, sia tecniche che di valutazione, dello scalatore e dell'assicuratore" Ne deduco che lo scalatore se si mette su un tiro che è oltre le sue capacità fa un errore di valutazione e quindi è responsabile del suo incidente.

Però dici anche :

"Lo scalatore della domenica, quello che trema quando il ginocchio supera il chiodo e fa fatica a portare in catena un 6b, nonostante in palestra risolva problemi degni di un ercolino, non migliorerà mai se le falesie non lo costringeranno a superarsi, ad affrontare le sue paure, a confrontarsi con un ambiente che può apparire ostile, cupo e austero. "

La questione è tutta in quel "apparire". Se il problema è che l'ambiente appare ostile (ma non lo è) allora lo scalatore si frena non per pericolo oggettivo, ma per paura inutile. In tal caso son d'accordo.
Ma se l'ambiente è realmente ostile (e non deve necessariamente ammazzarti per essere ostile, in quanto non credo si debba sfondarsi le caviglie per migliorarsi) allora la paura e il freno che la paura ti da è la differenza tra divertirsi e finire all'ospedale.

Mi pare evidente che non si può contare sul rischio di finire in ospedale per migliorarsi. E' sufficiente avere un ambiente non ostile (meglio però se lo appare ostile ) in modo da abituare la persona a spingersi oltre le proprie paure senza rischiare l'ospedale. In arrampicata ci sono già molti fantasmi personali da vincere anche in chiodature sicure (non ravvicinate... sicure) che secondo me possono bastare a migliorarsi.

Dici anche :
"cadere su un tiro facile è sempre pericoloso, anche con la chiodatura ascellare, mentre cadere su un tiro duro è solitamente privo di rischi, anche se si saltano le protezioni. Quindi migliorare è fondamentale: non si rischierà più di cadere sul facile e ci si divertirà a volare lungo sul difficile!"

Se è vera la prima.. non necessariamente è vera la seconda. Senza dubbio migliorare aumenta la sicurezza e il divertimento. Ma se un tiro è chiodato bene , il chiodo c'è se serve, e se serve significa che se lo salti e cadi ti fai male. Non muori ma ti fai male.


Credo quindi che la differenza di visione tra noi sia nella necessità o meno di non rischiare l'ospedale .

Ma in linea di massima ... ho affinità sparse con i tuoi pensieri.
Last edited by mikesangui on Wed Jun 20, 2018 15:58, edited 1 time in total.
funkazzista
Utente Molto Attivo
Posts: 235
Joined: Fri Apr 08, 2011 12:08
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by funkazzista »

antitrust wrote:Non vorrei apparire come un integralista [...]
Ammazza quanto scrivi! :wink:

Comunque sui "disboscamenti selvaggi" sono più che d'accordo.

PS
Di solito "ronchia" significa "appiglio enorme"... si vede che il tuo gergo è diverso dal mio.
Stefs
Utente Molto Attivo
Posts: 374
Joined: Wed Mar 28, 2012 20:35

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by Stefs »

Io sono contrario a ogni intervento di taglio, vedi Boragni-Sasso Scorpion, dove il posto purtroppo ha perso il suo fascino precedente, o anche l'altipiano di San Bernardino e il Bric Le PIle, ma capisco anche che esistano boschi cedui.
Certo che ora, almeno a me, sembra una situazione un pò eccessiva, con ceduazioni fatte male e tagli indiscriminati.

Per quanto riguarda le falesie ho già visto lavori fatti male ed eccessivi; in una falesia dalle mie parti sono state tagliate delle giovani piante di castagno e frassino, poi ricoperto tutto con ghiaia, secondo il chiodatore si trattava di "giungla", cioè quelle poche piantine ricresciute da un precedente disboscamento erano inutili se non dannose. Adesso si che il posto è più bello :? e nessuno si farà più male inciampando in qualche radice o pungendosi nei rovi :roll:
Personalmente, ma questa è una mia idea, dovessi chiodare un tiro (o un blocco) con un albero nel "mezzo", o non lo chiodo, o corro il rischio di una schienata o lo uso a mò di camino :) se non voglio rishiare di farmi male.

Questo ed altri (molti) sono i problemi contro cui andiamo incontro, perchè l'arrampicata e più ingenerale l 'outdor, stanno diventando attività di massa e nessuno è disposto a rinunciare a un pò del suo divertimento.
Bisogna continuare a discuterne, sensibilizzare chi non "sa" ma è in buona fede, come credo la maggioranza di chi scala.
User avatar
mikesangui
Quotazerino doc
Posts: 2354
Joined: Mon Nov 20, 2006 15:04
Location: Cogoleto
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by mikesangui »

Stefs wrote:Io sono contrario a ogni intervento di taglio, vedi Boragni-Sasso Scorpion, dove il posto purtroppo ha perso il suo fascino precedente, o anche l'altipiano di San Bernardino e il Bric Le PIle, ma capisco anche che esistano boschi cedui.
Certo che ora, almeno a me, sembra una situazione un pò eccessiva, con ceduazioni fatte male e tagli indiscriminati.

Per quanto riguarda le falesie ho già visto lavori fatti male ed eccessivi; in una falesia dalle mie parti sono state tagliate delle giovani piante di castagno e frassino, poi ricoperto tutto con ghiaia, secondo il chiodatore si trattava di "giungla", cioè quelle poche piantine ricresciute da un precedente disboscamento erano inutili se non dannose. Adesso si che il posto è più bello :? e nessuno si farà più male inciampando in qualche radice o pungendosi nei rovi :roll:
Personalmente, ma questa è una mia idea, dovessi chiodare un tiro (o un blocco) con un albero nel "mezzo", o non lo chiodo, o corro il rischio di una schienata o lo uso a mò di camino :) se non voglio rishiare di farmi male.

Questo ed altri (molti) sono i problemi contro cui andiamo incontro, perchè l'arrampicata e più ingenerale l 'outdor, stanno diventando attività di massa e nessuno è disposto a rinunciare a un pò del suo divertimento.
Bisogna continuare a discuterne, sensibilizzare chi non "sa" ma è in buona fede, come credo la maggioranza di chi scala.

Capisco il discorso ma trovo che possa esistere un buon equilibrio tra deforestazione e giungla.
Ovviamente l'esempio che citi mi vede d'accordo... l'idea che un chiodatori riversi ghiaia alla base della falesia mi sembra già di per sé ridicola. Personalmente non sono estremista (intendo dire che non chiodo il tiro se per farlo devo tagliare una pianta) .
Va valutato con sensibilità e intelligenza il posto e le condizioni.

Noi non staremmo a parlare davanti a un monitor di ste boiate se l'uomo non avesse fatto interventi nella natura. Sarebbe stato meglio ? forse ... non lo so... però è un fatto che non si può deprecare ogni intervento umano nell'ambiente. Infatti un contadino , che è inteso come persona che cura il terreno, in realtà lo manipola estirpando erbacce , pianando la terra ...ecc.

In sostanza se , in una zona di abbondante presenza di verde , taglio un alberello per un motivo sensato non mi pare un intervento da dissacrare. L'importante è avere Rispetto dell'ambiente . Se si ha il rispetto non si fanno scempi, ma solo interventi mirati essenziali.
ZioCantanteReloaded
Matricola
Posts: 15
Joined: Mon Oct 03, 2016 17:09

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by ZioCantanteReloaded »

Post interessante. Premetto che oramai non faccio parte degli scalatori della domenica dato che scalo se va bene una volta al mese. Di conseguenza estremamente ronchionato e condannato solo a falesie farlocche, vedendo i draghi tra un resinato ed il successivo. Condivido comunque il fatto che ci sia davvero molto poco rispetto da parte di climber di tutti i livelli nei confronti dei luoghi che ci ospitano. Disboscamenti selvaggi, bolli di vernice fluorescente ogni mezzo metro, magari su scalini e mulattiere usati da qualche millennio. Per non parlare di rifiuti, cicche di sigarette ovunque ed escrementi ad un metro dalla partenza delle vie. Il concetto attuale non contempla il camminare tra i cespugli tra sentieri vaghi o nulli: una comoda autostrada ci deve guidare fino alla meta.
User avatar
mikesangui
Quotazerino doc
Posts: 2354
Joined: Mon Nov 20, 2006 15:04
Location: Cogoleto
Contact:

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by mikesangui »

Non è che sia generale questo approccio..., c'è ancora tante gente rispettosa. Semplicemente con al massificazione dell'arrampicata e l'aumento delle persone che la praticano, è ovvio che la mentalità media dei climber si avvicini alla mentalità media dell'intera umanità .. che da mondo e mondo non fa altro che semplificarsi la vita senza avere grande rispetto e lungimiranza.

lo scavo e i gradi regalati sono solo una forma di questa mentalità "cittadina" di massa
ZioCantanteReloaded
Matricola
Posts: 15
Joined: Mon Oct 03, 2016 17:09

Re: Deforestazione a Ronchiadilly

Post by ZioCantanteReloaded »

Sicuramente la massificazione contribuisce ma il concetto di "proprietà" dei luoghi dove arrampichiamo purtroppo lo ho visto anche in climber storici...basterebbe ricordare sempre che siamo ospiti, in primis della natura dove si trovano le nostre falesie.
Post Reply

Return to “Attività in falesia”