Nanà wrote: Vorrei condividere con voi un po' quello che ho vissuto e vivo io, anche se per alcuni può risultare banale.
In questi giorni nonostante le mille cose fatte non sono riuscita a pensare ad altro.. fino ad oggi conoscevo i rischi o i pericoli (e su questi due termini ci sarebbe da parlare tanto) ed è da quando sono nata che vado in montagna ma, un po' perchè le mie attività mi hanno esposto sempre "poco" al pericolo e un po' perchè mi sono sempre affidata molto alle persone con cui andavo (principalmente a mio fratello), non l'ho mai sentito veramente vicino e me. Ho riflettutto molto in questi anni su questa cosa ma, nonostante razionalmente fossi consapevole che effettivamente gli incidenti in montagna o in una falesia accadono e che possono accadere anche a me e ai miei, a livello emotivo non riuscivo a sentirlo possibile. Parlo di "sentire" perchè più che una cosa di testa è una cosa di pelle. Domenica è cambiato tutto.
Domenica il pericolo ha toccato una persona a cui sono molto affezionata. Non che non l'abbia mai toccata, perchè sappiamo che Felice ha fatto grandi cose che hanno esposto molto la sua vita ma.. come ho detto prima, finchè sento i racconti e non lo vivo non riesco a sentirlo davvero.
Sono tornata a casa con una strana sensazione; provo tuttora molta rabbia per quella caduta che in un attimo si è intromessa nei sogni, nei progetti, nelle speranze di una persona che ha fatto tanto e fa tanto.
In montagna purtroppo bisogna tenere conto anche di questo, è vero bisognerebbe avere il casco, ma soprattutto bisogna fare tutto ciò che deve essere fatto, tutte le accortezze vanno prese. Detto questo la montagna non assicura protezione, lo sappiamo, non è una questione di sfiga, e non è una montagna assassina; il rischio esiste e non possiamo pensare "poteva essere uno dei miei" perchè dal momento che andiamo e portiamo qualcuno noi sappiamo che può accadere. Quello che possiamo fare è appunto fare tutto ciò che serve a mettersi nella situazione di maggior sicurezza per quella particolare attività.
Volevo inoltre sottolineare meglio ciò che hanno espresso Walter e Bigo riguardo la pulizia delle falesie.
Forse dal momento che non avevo mai visto un intervento così da vicino, il mio punto di osservazione può essere importante in quanto ho seguito tutto l'intervento dei soccorsi con molto interesse. Inoltre essendo molto preoccupata per Felice ed essendo lì vicino a lui con il desiderio che i soccorsi riuscissero a portarlo via il prima possibile, ho seguito ogni tentativo di raggiungerci e ogni passaggio del soccorso.
Voi immaginate il sole ormai calato, il freddo, il bosco fitto tutto intorno, l'elicottero che inizialmente non riesce nemmeno a capire dove siamo e quando lo capisce non riesce a vederci.
Ora pensate l'importanza del lavoro che è stato fatto, come sempre da pochi, dal solito gruppetto di santi, perchè mi viene solo in mente questo termine per definirli, e alla possibilità che hanno dato per essere raggiunti dai soccorritori e per sollevare e portare via la barella. La natura è bella ma è necessario creare degli spazi dove sentirci sicuri di arrampicare in falesie pulite senza terra o muschio che fanno scivolare, dove se succede un incidente un elicottero può raggiungere il ferito e assicurargli una tempestività di cure.
Vorrei che sia ben presente, e che non scivolasse via come il piede sulla terra, che questo è solo grazie ai soliti che, praticamente a loro spese economiche e di tempo, si occupano della pulizia delle falesie.
Bisognerebbe usare queste testimonianze come manifesto dell'attività in montagna secondo lati che spesso vengono assogettati all'ottica dell'eroismo... senza scindere ciò che dev'essere evidenziato direttamente. Brava, mi è proprio piaciuto ciò che hai detto. Sono sicuro che Felix apprezzerà (come del resto i 2-3 santi che citavi)...