La Curnis Auta - Val Grana

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scinty
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La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

La scinty torna… e coi suoi racconti chilometrici… ma questa volta di chilometrica c'è anche la gita… ci ho messo due settimane a scrivere il racconto, i tempi sono cambiati una volta ci avrei messo due giorni… vi incollo qui il testo ma per le foto, bisognerà pazientare prima che riesca a caricarle… vi dovrete accontentare per ora di guardarle dal link del mio blog, in fondo a ogni "giornata", incollo il link al racconto in fondo al post.

p.s. eh sì ho aperto un blog :risataGrassa: :smt050 https://www.ilsognodiscinty.it/" onclick="window.open(this.href);return false;


Avevamo da tempo il desiderio di percorrere la cornice della Val Grana (CN), la Curnis Auta, un itinerario ad anello che consente di percorrere tutto il crinale della valle sullo spartiacque tra questa e le Valli Stura e Maira. Un piccolo sogno per appassionati escursionisti, nei nostri luoghi del cuore. Decidiamo di intraprendere questo cammino in occasione del nostro anniversario di matrimonio, noi che in fin dei conti facciamo fatica a stare lontani dagli amati monti. Sono stati tre giorni davvero impegnativi con tante ore di cammino come mai nel nostro curriculum alpino, che hanno messo a dura prova i nostri piedi!
Per chi conosce le zone, tre giorni per riscoprire i luoghi che ama; per chi non le conosce, per innamorarsi dei luoghi che potrà scoprire…

GIORNO 1 – MA CHI ME LO FA FARE? – Come partenza e come festeggiamento della ricorrenza, è stato un giorno quantomeno particolare… Alessandro mi aveva preventivato una decina di ore di cammino per i primi due giorni e otto per il terzo. Già questo era sufficiente a destarmi non poca preoccupazione, ultimamente non abbiamo fatto gite lunghe ma, anche se fosse, dieci ore al giorno non sono una sciocchezza anche con una discreta base di allenamento! Inoltre, la sera prima, il marito ammette candidamente che le previsioni danno qualche leggera pioggia per sabato… ma i due giorni successivi saranno bellissimi. Io, di solito abbastanza previdente, porto come ricambio solo un paio di calze e mutande. Mi farò andare bene un solo paio di pantaloni, di quelli buoni che si asciugano presto, non sarò trendy ma ne guadagno di comfort sulle spalle, solo mi viene in mente durante il viaggio che avrei potuto portare almeno dei comodi leggins per il bivacco, per dormire e alzarmi di notte… ma ormai è andata così. La mattina di sabato partiamo alle 8:40 circa da Cervasca, all’inizio della Val Grana, dove parcheggiamo l’auto, ci incamminiamo verso i monti e in breve ci troviamo ad attraversare boschi di castagni da frutto ben curati. Sulla scia dell’entusiasmo cominciamo da subito a perdere tempo raccogliendo fragoline di bosco profumatissime e dolci. Una delle prime località attraversate si chiama Pra d’Franssa. Il nome mi suona curioso, ma durante il tragitto, a furia di leggerlo sui cartelli, mi sovviene di quella volta che osservando la cartina seduti nei pressi del bivacco Rousset, ho seguito con il dito tutto il percorso verso valle dicendo “Prato di Francia! Sarebbe bello fare tutto il percorso fin laggiù” e così mi sono resa conto che era proprio quello che stavamo facendo, in direzione contraria! La strada sterrata non è mai faticosa e tutto va per il meglio fino all’area attrezzata di Quiot Rosa, dove ci fermiamo a pranzare. Ma, appena seduti sulle panche, sentiamo i primi tuoni e vediamo scurirsi il cielo sulle montagne. Ma non doveva essere solo una pioggerellina? Guardo subito il meteo sul cellulare: è cambiato dal giorno prima e ora danno temporali per tutto il pomeriggio! Iniziano così le mie ansie temporalesche, giacché ho il terrore di tuoni, lampi e fulmini da sempre. Andiamo avanti e prendiamo la prima poca pioggia fino al rifugio Paraloup, dove approfittiamo di un caffè e una breve pausa sperando che si calmi un po’. Riprendiamo il cammino, ma la fortuna non ci assiste. Il mio ottimismo, che stava sbucando timidamente al cessare della pioggia, si ritrae su se stesso come gli occhietti delle lumache quando li tocchi, a un nuovo brontolio del cielo! Il temporale si sta allontanando, ma piove deciso e in poco tempo ci ritroviamo fradici. Viste le molte ore di cammino, avevo pensato bene di indossare le mie vecchie scarpe basse diventate ormai ciabattose e super confortevoli, che già di loro non tengono l’acqua, ma coi buchi che hanno, l’acqua entra ancor più volentieri! Silenziosamente proseguiamo, sperando che il cielo si apra, difatti dopo un bel po’, nei pressi dell’Alpe di Rittana, una tregua ci permette di assaporare un po’ di sole, i suoi raggi iniziano ad asciugarci un poco i vestiti, ma per le scarpe non c’è speranza, anche perchè i sentieri sono ormai ridotti a dei fiumiciattoli. Fino a quel punto, il percorso era per noi interamente nuovo ed ora cominciamo a ricalcare vette conosciute: passando sull’Alpe e poi sotto la Beccàs di Mezzodì, quindi nei pressi della Rocca Radevil (tutte mete di gite con sci e ciaspole), dobbiamo raggiungere il bivacco Rousset, sotto le Rocche Pergo, visitate in una bella giornata di primavera, partendo da borgata Sarasin di Frise. I boschi, bellissimi e pregni di umidità, diventano presto nebbiosi. Penso, tra me e me, sono suggestivi questi luoghi anche con un po’ di nebbia… Hey ho detto nebbia, non pioggia… ma ho detto nebbia, non grandine! Oh-oh, inizia a piovere e a grandinare come se non ci fosse un domani, proprio nell’istante in cui usciamo dal bosco e restiamo allo scoperto! La grandine è sferzante, piccola, graffia il viso e punge le mani, dopo un paio di chicchi aguzzi sul naso abbasso la testa per proteggere gli occhi. Procedo perplessa pensando al nostro anniversario, ai posti confortevoli che avremmo potuto visitare, ma sono fiduciosa di raggiungere il bivacco Bernardi e finalmente potermi ritemprare un pochino… arriviamo al bivacco Rousset bagnati e infreddoliti, non per la temperatura, ma per l’umidità. Inutile dire che per tutto il tempo, dopo il rifugio Paraloup non abbiamo incontrato anima viva. Il bivacco è accogliente, profuma di legno ed è ben fornito tanto da poter fare un caffè nel vano tentativo di scaldarci, nel frattempo il meteo si calma in vista del miglioramento promesso per la sera. Usciamo richiudendo bene la porta e risaliamo l’ultima rampa prima di sbucare sul panoramico crinale. Pare che questo fosse davvero il colpo di coda del temporale. Adesso sì che posso finalmente riconoscere la Val Grana che ricordavo: verdissima, fiorita, sorridente, profumata. Non perdo occasione per contemplare ogni fiore, i pascoli e i panorami diventati luminosi. I prati sono un tripudio di viole blu, bianche e gialle, anemoni, botton d’oro, rododendri. Si vede la pianura, le nuvole si diradano, qualche raggio di sole rende i tondi crinali vividi e saturi di colori. Dopo più di un’ora raggiungiamo il nostro posto tappa per la prima notte, il nuovo bivacco Roberta Bernardi, un bellissimo casotto di legno sulle sponde del piccolo lago del Bram (2197 m), alle pendici dell’omonimo monte. Siamo fradici e, con orrore, scopro che nonostante la copertura antipioggia, anche tutto quello che era nello zaino è bagnato! Non capisco come sia possibile, ma tiriamo fuori tutto confidando negli ultimi raggi di sole ormai tiepido: sono le 19:30. Undici ore sono passate dalla partenza. Due coraggiosi ragazzi che dormiranno al bivacco hanno appena fatto il bagno nel lago. Dal momento che si presentano in costume, mi prendo la confidenza di spogliarmi nel tentativo che almeno i pantaloni e una maglietta di ricambio si asciughino, perchè temo che le calze non avranno abbastanza tempo, difatti mi toccherà dormire senza, io che dormo con le calze anche a casa circa 10 mesi su 12! La nostra cena si basa su una focaccetta farcita a testa, poca focaccia con la groviera rubata alla colazione del giorno dopo e due crostatine! Sono stata parca anche nei viveri, ma Alessandro tira fuori la sua sorpresa, una piccola bottiglia di vino Pigato molto buono, per brindare a noi e al bel tramonto che c’è fuori, la luce rosa della sera finalmente in un cielo tutto sereno, coi suoi riflessi che si specchiano nei laghetti! Non appena viene buio ci infiliamo sotto le coperte per il meritato riposo e la partenza mattiniera del giorno dopo. Ore totali di percorrenza 11, dislivello in salita circa 1900 m.

GIORNO 2 – TUTTO IL NOSTRO MONDO – “Sai perché questo si chiama Aigaversa e non Colle tal dei tali?” Aiga… versa… “Perché versa l’acqua? E’ lo spartiacque?”, “Brava! Non ti facevo così intelligente!”, il marito è sempre in vena di complimenti sul mio quoziente intellettivo… Dopo questo colle inizia la cavalcata che con diversi saliscendi sulla cresta passa per alcune cime, il Monte Borel, la Cima Viribianc, Il Monte Viridio, sulle quali io salgo per la prima volta, mentre lui ci è già stato con gli sci. Da qui si ha una veduta vicina di tante altre vette salite insieme: il Monte e la Rocca Salè, il Monte Omo e le omonime guglie, il Monte Savi… Dopo le prime poche ore di cammino già si scorge il Santuario di San Magno e tutto lo splendido circondario. E’ troppo presto e non si sente ancora il rombo delle moto che riempiono i colli alpini nei giorni di festa, al contrario le mucche sui pascoli di Castelmagno sono già belle toniche… Sento in lontananza i loro campanacci, poi scorgo la mandria al di sopra del santuario, le mucche cambiano velocemente postazione, prima erano una macchia sparsa qua e là, ora sono schierate tutte in fila: mi affascina quando si mettono in riga tutte belle ordinate una dopo l’altra, sembrano perle infilate in una collana che adorna il collo dei monti. La giornata è serena, ma si rivela presto impegnativa per i marcati saliscendi. La sera prima non avvertivo la fatica della camminata, ma quella mattina accuso qualche leggero fastidio e mi chiedo come affronterò la nuova lunga marcia. Mentre saliamo, vediamo i monti sui quali passeremo tra un po’ di ore, sono davvero lontani, in particolare lo sguardo si concentra sul Monte Tibert, quasi fosse il giro di boa, visto che quella al Colle Intersile dovrebbe essere l’ultima vera salita prima di traversare verso la Rocca della Cernauda e poi scendere a borgata Valliera. Ti giri indietro a guardare da dove sei partito ed è ancora più strano, ti chiedi come hai fatto a fare tutti quei chilometri… Ci stiamo avvicinando al Colle dei Morti o Colle Fauniera, da lì si sfiora con lo sguardo il bel trio Punta Parvo, Rocca Parvo e Monte Parvetto, salite in una giornata torrida dell’estate passata, i cui profumi di erbe alpine accompagnano ancora i miei ricordi. Vediamo anche l’appena inaugurato rifugio Trofarello, purtroppo non siamo riusciti a programmare una notte anche lì, ma può essere la base per i fortissimi che vorranno cimentarsi nel percorrere la Curnis in due soli giorni. Alessandro soffre il caldo, io sono un po’ provata, tuttavia continuiamo a camminare a passo regolare, mi rendo conto che un’altra mancanza nello zaino è quella dei sali minerali, ma inizio a confidare, avvicinandoci al colle, negli innumerevoli ciclisti che sicuramente incontreremo e difatti poco dopo ci troviamo a elemosinare un po’ di sali che un gentile gruppetto ci dona, tanto a loro non servono più, adesso li aspetta il divertimento della discesa! Sarà l’effetto placebo, ma quei sorsi di bevanda dolciastra si rivelano subito una panacea! Proseguiamo rigenerati verso il Colle d’Esischie, sentendoci a casa per via dell’accesso all’amata Val Maira, da lì ancora saliamo verso i colli Sibolet e poi Intersile, da dove iniziamo a scendere verso le grange Tibert, anche questo teatro di fantastici ricordi di una decina di anni fa, ospite di margari. In zona ci sono ancora alcuni nevai ai quali occorre prestare attenzione, che coprono il sentiero. Scendiamo verso le Grange, ma dobbiamo traversare per risalire verso la Bassa di Narbona, non c’è tempo di scendere a salutare, anzi ne abbiamo meno di quanto pensassimo, ma sorrido vedendo una lunga e colorata tavolata allestita fuori dalla baita, chissà se stanno festeggiando l’arrivo in alpeggio (tipicamente la transumanza avviene nei giorni intorno a San Giovanni) o se invece sono riusciti a salire prima quest’anno. Inizio ad assaporare il riposo e la cena al rifugio Valliera, ma la meta è ancora lontana, una lunga strada sterrata ci avvicina alla Cernauda, da lì in poi ci attende quasi esclusivamente discesa. La stanchezza delle ore di cammino accumulate in due giorni si fa sentire, a un primo bivio per Valliera provo a impietosire il maritino, tanto la traversata dalla Cernauda lungo tutta la cresta l’avevamo già fatta anni prima, persino salendo sull’aerea Rocca Albert! Pessima idea: non provate mai a corrompere Alessandro! “La gita non è completa se si abbandona il sentiero prima!” Bisogna raggiungere il Colle della Margherita, da dove esattamente ripartiremo il giorno successivo, non un metro di meno! Tra le proteste, continuiamo pertanto in cresta, vedendo sfumare una doccia fatta con calma per poi godersi magari una bella sdraio prima di cena! Ma quanto è bello comunque quassù! Il costone lato Maira che scende verso il Lago Gourc (noto anche come lago delle Rane), una macchiolina blu in un mare di verde con il suo tipico rotondo e vecchio faggio a fare da sentinella, è ricoperto di mirtilli e rododendri in fiore. E poi, il roccione del monte Plum è imperdibile! Sa di magico e di fiabe. Dopo un tempo che sembra indefinibile, con gli occhi rivolti alla parte opposta della Valle, al Monte Bram da dove siamo partiti, arriviamo al Colle della Margherita e iniziamo a scendere verso il nostro rifugio per la notte. Il sentiero si interrompe a borgata Sarià, dove inizia la strada sterrata. Alessandro mi precede, io ho ancora il muso per il mancato “taglio” della gita e lancio in aria un’esclamazione in quel momento di certo non rivolta a lui: “ammoooreee!!!”, a fianco alla strada compare un batuffolo bianco, un piccolo agnellino belante, in piedi sotto al sole ancora alto. Mi avvicino per fargli due moine chiedendomi come mai si trovi lì tutto solo, anche se a fianco a lui ha un ombrellone da spiaggia, che non sembra però sufficiente a ripararlo. L’agnellino si trova fuori dalla rete e mi si avvicina, infilando la testolina tra le mie ginocchia. Mi accuccio per accarezzarlo e lui inizia a prendermi a testate: i piccoli di bovini e ovini fanno così per stimolare l’uscita del latte quando ciucciano… oddio mi ha scambiata per la sua mamma! Imbarazzata e profondamente intenerita, lo scosto e cerco di rimandarlo nel suo pratino con l’ombrellone, ma non c’è verso, continua ad avvicinarsi. Alessandro da lontano mi urla di correre, provo a seguire il consiglio, ma il piccolo mi tiene testa. Nel frattempo sopraggiunge il cane pastore, il tipico cane capace di sbranarti con un solo sguardo: “Hey guarda che è lui che mi sta seguendo! Io sono innocente!”, ma non noto in lui la minima emozione, il cane ha l’aria di chi è appena tornato dall’osteria e ha alzato troppo il gomito per fare il suo dovere, mi si avvicina svogliatamente, mi annusa e se ne va. Non considera l’agnellino e questo non ha intenzione di seguirlo, nonostante la somiglianza con la mamma sia più marcata della mia! Lusingata per l’affetto, riprendo il cammino con agnellino al seguito, pensando che a Valliera qualcuno di sicuro potrà risolvere la situazione. “Beee-eeeh!” Lo so hai fame amore, ma perché non torni dalla tua mamma? E soprattutto, dov’è la tua mamma?! “Beeeh!”. Il ricciolino ci segue, approfittando di qualche pausa per tirare testate un po’ a me un po’ ad Ale, non si sa mai che esca un po’ di latte. Incrociamo altri due escursionisti che salgono con un cane, perciò prendo Bè in braccio fiutando un possibile pericolo. Anche i due si inteneriscono e visto che il cane è tranquillo rimetto il piccino a terra, sperando che li segua per tornare fino a casa. Ma rimasto a pari distanza tra noi e loro, si volta indeciso sulla direzione da prendere. Beee-eeh! Dai vieni Bè che a Valliera ci aiuteranno. Non mi era mai successo di essere seguita da un agnellino durante una gita, ma l’effetto pet therapy si fa subito sentire, avere questo piccolino che ci trotta dietro belando mi distrae facendomi dimenticare i miei vari dolori articolari… Stiamo per raggiungere la borgata, ma quanto è bella! Eravamo passati da qui anni fa, ma non la ricordavo affatto così. Anzi stento proprio a riconoscerla, così immersa tra gli alberi, con tutti quei bei tetti di pietra raggruppati come un gregge. Arriviamo alle prime case e cerchiamo la locanda, più in basso, scendendo faticosamente le scale con le ginocchia compromesse, mentre Bè saltella buffamente giù da ogni gradino; i pochi presenti ci accolgono con un coro di “oooh che carino”, pensando che l’agnellino sia nostro, perché avevano già visto una scena simile, ma chiarito l’equivoco l’emergenza è fare tornare Bè dalla sua mamma perchè possa sfamarlo. Quello che poi scopriremo essere il cuoco, visto che la linea è stata interrotta in quei giorni dal temporale e non può chiamare il pastore, si offre di portarlo con il trattore, tenendolo in braccio. Il caso è risolto felicemente. La ragazza che ci ha accolto, a quel punto ci accompagna sù nella nostra stanza, che poi è un delizioso appartamentino. Eh sì, avete letto bene, ci accompagna sù! Si tratta di una sorta di albergo diffuso, perciò ci arrampichiamo di nuovo eroicamente in cima scalando tutti i gradini! Finalmente possiamo fare una bella doccia (solo dopo aver riempito di esclamazioni la casa per tutti i bei dettagli che la caratterizzano) e uscire per goderci la pace della sera, seduti come previsto sulle sdraio davanti alla locanda, dolcemente cullati dai canti degli uccelli, purtroppo solo per poco tempo. Un’ottima cena ci aspetta, ci fa tornare tutte le energie, è stata una giornata davvero faticosa. L’atmosfera è proprio bella e rilassante, siamo serviti da una ragazza giovane e gentile, che ci dice essere originaria di Coumboscuro. Mi piace tanto come i locali lo pronunciano, Coumboscüro. Qualche chiacchiera con lei e i suoi genitori che sono venuti a trovarla, poi la buonanotte. Ci affacciamo dal poggiolino dell’appartamento per vivere quella pace antica ancora un attimo, con la chiesa di Colletto illuminata più in basso, circondata dal fitto buio dei boschi.
Ore totali di percorrenza quasi 12, dislivello in salita circa 1400 m.


GIORNO 3 – LA FINE (NON SI VEDE MAI) – Il giorno dopo sveglia non troppo presto perché dovrebbe essere la giornata più corta, ma si sta talmente bene in quel letto comodo e fresco che ci si alza mal volentieri, provo a muovere le dita dei piedi e il resto per vedere se funziona ancora tutto, il riposo a Valliera mi ha fatto tornare come nuova! Solo i piedi sono cotti e iniziano a detestare di essere soffocati dentro le scarpe, perciò cammino solo con le calze godendomi il fresco del pavimento di pietra. La prima cosa che faccio non appena mi alzo è dare il buongiorno al mondo, a quello splendido incantevole mondo, affacciandomi dal balconcino! Apro la porta finestra, mi appoggio alla ringhiera di legno e annuso l’aria, come gli animali. Le Ballerine passeggiano ondeggiando sui tetti. Le osservo mentre arruffano le piume e svolazzano da una grondaia a un camino. E’ quasi doloroso staccarsi da qui… sarebbe un buon posto dove vivere, un vero rifugio dell’anima. Consumiamo la colazione data in dotazione dal rifugio e partiamo, con tre quarti d’ora di ritardo secondo la nostra tabella di marcia. Mentre risaliamo al Colle della Margherita sentiamo uno scampanellio provenire dal bosco, saggia idea quella di ripararsi all’ombra degli alberi, anche se a quest’ora il sole non è ancora molesto. Ma non sono mucche come credevo, sono le pecore con il pastore che le accompagna! Chissà se ci sarà anche Bè o sarà stato messo in castigo per la scappatella della sera prima! Sul crinale si avverte già il caldo, ma un po’ di nuvolaglia sembra promettere un po’ di refrigerio. Non si può dire che non voli una mosca, perché qualche insetto in montagna ronza sempre, ma quel silenzio accompagnato solo da qualche remoto campanaccio è corroborante per il cuore, dovremmo tutti avere la possibilità di staccare dalla frenesia che sempre più caratterizza le nostre giornate e stare a contatto per un po’ con questi suoni… “la musica dei monti”, come recita una tipica scritta che sovente compare sul collare di cuoio di alcuni rudun (campanacci), tra cui il mio… come, io ho un rudun?? Beh questa è un’altra storia. Questo crinale è a noi ben noto, l’abbiamo percorso diverse volte, l’ultima anche con la neve. Gli alti pascoli del Cauri, un altro nome che mi evoca ricordi ancestrali che solo gli anziani locali riescono a descrivere e a farti immaginare con i loro racconti, mentre tu stai ad ascoltare a bocca aperta facendo finta di capire con cenni di assenso un po’ smarriti anche quando parlano in occitano. E’ sempre bello tornare qui e indicare col dito i luoghi conosciuti riconoscendo tutti i sentieri percorsi, in diversi periodi dell’anno con il sole, con la pioggia, la nebbia, la neve… Scesi dal monte Cauri invece, facendo attenzione a individuare i paletti con i segnavia che proseguono dritti per i prati mentre la traccia principale svolta verso la Val Maira, ci aspetta un tratto di sentiero mai percorso, fino al termine della nostra gita. I piedi iniziano a dolere, la rugiada dei pascoli ha nuovamente bagnato le scarpe e le calze, camminare con i piedi bagnati è davvero fastidioso e iniziano le prime vere sofferenze fisiche, nonostante la meraviglia che ci circonda. Verso il colle del Gerbido abbiamo un momento di smarrimento, perché diverse piste forestali disordinate e piene di rami e terra ammassati, ci fanno perdere la traccia giusta e scendiamo per un breve tratto sul sentiero sbagliato. I lavori di taglio della legna sono in corso e tornando indietro incontriamo un signore che ci dice come arrivare al Colle del Gerbido. Bisogna fare attenzione perché la guida parla di un grande frassino, che non si sa se ci sia ancora, forse ci siamo distratti troppo, ma il signore risponde alla mia domanda che sì, alcune di quelle strade scavate dalla ruspa sono nuove. In mezzo a svariati altri colli che sembrano infiniti, scendiamo un ripido sentiero che ci porta alla base della parete rocciosa dove si trova la cavità di Balmarossa, una grande grotta larga e bassa, dove ci fermiamo a mangiare, coi piedi in fiamme. Nonostante il cambio dei calzini, ormai chiedono pietà. Sarà per quello che entriamo in una sorta di mondo parallelo dove le paline segnaletiche indicano sempre le stesse tempistiche, anche quando ti sembra di aver camminato mezz’ora, il tempo si riduce solo di 5 o 10 minuti, anzi a volte aumenta e sprofondiamo sempre più nello sconforto! Questa volta, forse non è mai accaduto, è Alessandro a lamentarsi al posto mio. La fine sembra avvicinarsi e inizio a immaginare un bel gelato premio a Caraglio, dove dovremo anche rimediare un passaggio fino a Cervasca per recuperare l’auto, tuttavia le ore indicate dai cartelli non sono affatto rassicuranti e guardando verso la pianura, perché in discesa non puoi farne a meno, non puoi credere quanto sia distante Caraglio. Ogni tanto mi toccherà ripetermelo “non guardare dov’è Caraglio, non guardare dov’è Caraglio!” e inizio ad avere un brutto presentimento, visto che pensavo che saremmo arrivati alle 17:00, ma a quell’ora siamo ancora molto lontani… sul nostro cammino un’altra vetta, la Cima Varengo, boscosa e con un ripetitore sulla sommità. Da lì inizia la discesa fino a Montemale, non sembra distante in linea d’aria, ma lo sviluppo è invece notevole! Il paesaggio è in ogni caso ricco di fascino, ci sono boschi, pascoli e, arrivati al borgo di Montemale, ammiriamo dei bellissimi castagneti da frutto molto curati, alberi di noci e ciliegi, camminando su un poggio panoramico dominante la bassa Val Maira e la bassa Val Grana. Passando tra le belle case non sai dove girare lo sguardo, se a sinistra sui polli che si rincorrono in un cortile o in basso a destra su prati rasati e verdi con la legna ben accatastata… poi si riprende il sentiero tra ampi campi e ci si addentra nuovamente nei boschi, qui tutto ha l’aria di essere curato e i sentieri sono comodi e rilassanti, accompagnano fino a borgata Paniale, proprio alle spalle di Caraglio, ma il centro è ancora distante. Sbucati dal sentiero sulla strada asfaltata, un signore si propone di consigliarci come proseguire, indirizzandoci di fatto sulla strada corretta per continuare a seguire la Curnis, la stanchezza galoppa più delle nostre gambe e i tempi delle paline sembrano davvero non cambiare mai… (questo purtroppo anche a causa di alcuni evidenti errori, non siamo noi ad avere le allucinazioni); infine dopo case Torrassa, un cartello caduto e nascosto nella siepe ci induce a proseguire diritti, ma una volta scoperto l’errore ritorniamo sui nostri passi, avremmo dovuto svoltare a sinistra per raggiungere il pilone dei Bergè che è in realtà una bella cappelletta colorata. Arriviamo finalmente al Santuario del Castello di Caraglio, ma non possiamo ancora festeggiare perché rimane la discesa fino al paese. Raggiunta la parrocchiale, c’è giusto il tempo per una brevissima esultanza, vista l’ora (21:10!) e la preoccupazione di tornare a Cervasca. Strascicando i piedi bolliti ci trasciniamo pietosamente per le strade di Caraglio e all’uscita del paese tentiamo l’autostop: dopo qualche auto indifferente, una gentile ragazza si ferma impietosita dal nostro evidente stato confusionale, sottolineando che in genere non carica nessuno, ma dalle nostre facce palesemente si capiva la reale necessità! La fortuna vuole che dovesse andare proprio nel punto dove avevamo parcheggiato e così lì termina la nostra avventura! Abbiamo ancora la voglia di tornare in auto a Caraglio per un panino e una mega coppa di gelato, scoprendo un luogo delizioso per futuri spuntini, ma a quel punto ci aspetta l’ultima impresa della giornata, tornare a casa guidando un po’ per uno, anche perché oltre alle difficoltà di deambulazione, Ale non riesce neppure a tenere i piedi sui pedali!
Ore totali di percorrenza 12.5, dislivello in salita circa 1000 m, dislivello in discesa 1810 m

CONCLUSIONI: In definitiva, una splendida avventura sui monti che tanto amiamo, una camminata stimata per un totale di circa 28-30 ore. Noi ne abbiamo impiegate 35 incluse tutte le pause fisiologiche, le foto, i rallentamenti dovuti alla pioggia il primo giorno e alla sistemazione di calze e solette moleste l’ultimo giorno. Come già detto, i più forti potranno ardire di percorrerla in due giorni, appoggiandosi al rifugio Trofarello. Chi ha un buon allenamento, ma vuole godersela con più calma può farla in tre giorni come noi oppure in quattro giorni facendo però tappa al Bivacco Rousset, al Trofarello, a Valliera. Da Valliera a Caraglio mi è sembrata lunghissima, ma sarà perché essendo l’ultima tappa, sembra non finire mai, in fondo è quasi tutta discesa. A naso, i km dovrebbero essere tra gli 80 e i 90 (ho letto che sono 45 km solo da Cervasca al Colle Fauniera). Come guida avevamo con noi Tra Marittime e Cozie di A.Parodi/R. Pockaj/A.Costa e le nostre cartine.

Per un po' di fotine:

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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by daniele64 »

=D> =D> =D> Bravissimi :esclamativo:
Mamma mia che mazzo che vi siete fatti ... :risata: però ne è valsa la pena . : Thumbup : Posti magnifici : Thumbup : .
Ogni tanto penso anch'io di fare qualche trekking di più giorni ma più passa il tempo e meno possibilità ci sono ... :triste:
:smt006
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

Grazie Daniele! In paragone il Roberto Cavallero che è più impegnativo.. è stato meno impegnativo :lol:
Sono veramente tante ore e tanti km...ma i posti meritano tutti : Love :
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Littletino
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by Littletino »

Grandissimi, un'impresa avete fatto!! Complimenti! =D>

Percorrere integralmente in soli tre giorni tutta la Curnis Auta con passo e spirito escursionistico (quindi senza correre, assaporando ogni metro del percorso facendo foto e mangiando fragoline :strizzaOcchio:: )
non è davvero da tutti. : Thumbup :
Io dell'intera Curnis ne ho percorso solo alcuni tratti, qualcuno anche con voi gli scorsi anni, e quindi capisco perché a un certo momento maturi il desiderio di farla tutta d'un fiato.

La Val Grana è una storia a sè: serrata tra le Marittime e le Cozie, chiusa presto nella testata dalla Gardetta, è una pausa di calmi pascoli tra aspre montagne.
In Val Grana i sentieri corrono tranquilli sui crinali erbosi, o tra siepi di bosso più in basso, e tutto è tondo e maturo, e buono.
A decoro, ogni tanto, enormi schegge di pietra sorgono dritte dai prati, per ricordare che la montagna vera è vicina.

Vallone di San Giacomo
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Aigaversa
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Punta dell'Omo
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Bivacco Bernardi
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Monte Bram e Punta dell'Omo
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Vetta del Bram
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Verso il Monte Grum
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

Littletino wrote:La Val Grana è una storia a sè: serrata tra le Marittime e le Cozie, chiusa presto nella testata dalla Gardetta, è una pausa di calmi pascoli tra aspre montagne.
In Val Grana i sentieri corrono tranquilli sui crinali erbosi, o tra siepi di bosso più in basso, e tutto è tondo e maturo, e buono.
A decoro, ogni tanto, enormi schegge di pietra sorgono dritte dai prati, per ricordare che la montagna vera è vicina.
che poeta :shock:

Bellissima frase, quasi quasi la cito aggiungendola al mio racconto! :risataGrassa: Anche la Val Grana va sponsorizzata così un po' di turisti si spostano dalla Val Maira :ahah:
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by FRANKIE@ »

: Ok : =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> 8)

FRANKIE@
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Littletino
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by Littletino »

scinty wrote:
Littletino wrote:La Val Grana è una storia a sè: serrata tra le Marittime e le Cozie, chiusa presto nella testata dalla Gardetta, è una pausa di calmi pascoli tra aspre montagne.
In Val Grana i sentieri corrono tranquilli sui crinali erbosi, o tra siepi di bosso più in basso, e tutto è tondo e maturo, e buono.
A decoro, ogni tanto, enormi schegge di pietra sorgono dritte dai prati, per ricordare che la montagna vera è vicina.
che poeta :shock:

Bellissima frase, quasi quasi la cito aggiungendola al mio racconto! :risataGrassa: Anche la Val Grana va sponsorizzata così un po' di turisti si spostano dalla Val Maira :ahah:
Ma non lo sapevi che gli amici "me chiamano 'er Poeta" ? :risataGrassa: :risataGrassa:

Leggendo la cronaca del vostro Trail ho ripensato a tutte le gite fatte negli anni scorsi in Val Grana, e mi è venuta fuori 'sta sintesi un pò poetica, ma che rappresenta la mia visione di quegli splendidi e rilassanti paesaggi.

Per quanto riguarda i turisti hai ragione, anche se la Val Maira ha il cuore grande, e c'è posto per tutti ... :risata:
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by Littletino »

FRANKIE@ wrote:: Ok : =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> =D> 8)

FRANKIE@
Ciao Grande Frankie@! : Ok :

Non si scrive più spesso come un tempo qui sul forum, ma è sempre bello rivederti. : Thumbup :
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by psiconauta »

che bello !!! bravi =D> =D> : Thumbup :

come mi piacerebbe fare qualcosa del genere....... :cry: questo tuo racconto mi fa pensare...

bellissime anche le foto, quella con l'aquilegia è stupenda ! =D> ma anche le altre, tipo quella con le mucche in fila dall'alto...

belli anche i monti Grum e Plum (sono amici? :P )

certo Alessandro che estrae a sorpresa la bottiglia di Pigato l'avrei baciato anch'io, probabilmente ! :lol: :ahah:

bravissimi.




p.s. bellissime anche le tue foto, tino! : Thumbup :
Image
...........non seguitemi, mi sono perso anch'io !
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by awretus »

Bellissimo racconto delle tue emozioni. Le tappe sono un po' lunghe per le mie abitudini nei trek itineranti, perché ho visto che sopra le 7 ore diventano della marce forzate, ma il tuo racconto e le tue foto mi invogliano a provarci.
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

psiconauta wrote: belli anche i monti Grum e Plum (sono amici? :P )

certo Alessandro che estrae a sorpresa la bottiglia di Pigato l'avrei baciato anch'io, probabilmente ! :lol: :ahah:
:
Ah ah ah :risata:

Plum, Grum, Bram, sembra di essere nei fumetti :risataGrassa:
awretus wrote:Bellissimo racconto delle tue emozioni. Le tappe sono un po' lunghe per le mie abitudini nei trek itineranti, perché ho visto che sopra le 7 ore diventano della marce forzate, ma il tuo racconto e le tue foto mi invogliano a provarci.
Grazie, tu mi sembri un gran camminatore ma in effetti una buona giornata di trekking non dovrebbe superare le 7-8 ore... altrimenti è massacrante. La prima tappa nonostante tutto non è stata faticosa, l'ultima invece disumana :lol: nonostante la discesa. Trovando almeno un appoggio tattico in più si può fare in 4 - 5 gg, Alec ha detto che dovrebbe esserci un b&b vicino a borgata Biotto nella parte finale, magari smorza un po'la fatica del ritorno... sarebbe il bb Liretta in località Piatta Sottana. Su internet ho letto di uno che l'ha fatta da solo, mi pare sempre in tre giorni, con la tenda!
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by teo-85 »

gran bel trekking Scinty =D> =D> compimenti per l'entusiasmo e il coraggio!!
In effetti, i primi due giorni decisamente lunghi, però il terzo (che doveva essere sulla carta il meno peggio) vi ha fatto tribolare :roll:
Carino il siparietto con l'agnello :risata: :risata: :risata:
Spettacolare la mossa di Alec quando tira fuori il pigato 8)
Luoghi veramente unici, si nota che li hai nel cuore, come "gemme incastonate"....
Forse il primo giorno, con quell'acquazzone, non avete assaporato appieno l'ambiente... ma c'è anche questo in montagna
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

Grazie Teo, si è proprio come dici tu :feliceModerato:
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resina65
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by resina65 »

salito con l'auto da San giacomo di Demonte (a destra) fino al ponticello alla base dell'anfiteatro naturale anche se volendo si potrebbe salire ancora;
partiti a piedi e ignorato il cartello che indica biv. Bernardi a destra (sentiero più corto ma più "impestato") proseguito sulla strada fino al bivio superiore (a sinistra indicazione per Colle Viribianc e Rif. Carbonetto) dove si prosegue a destra in piano sulla sterrata fino a raggiungere il Gias della Sella; a questo punto sentiero a sinistra (palina) e in un'oretta al Bivacco Bernardi. Da qui si può scegliere se andare ancora a destra con la curnis auta e poi ritornare lungo la cresta del Grum e Bram oppure da subito tornare leggermente indietro ed andare all'evidente colletto (tacche rosse) per poi proseguire su cresta panoramicissima toccando Aigaversa Punta dell'Omo e Borel. Dopo il Borel ancora pochi minuti su traccia e poi svoltato decisamente verso sinistra verso il Peracontard e poi giù ad occhio (sempre dritto :risataGrassa: ) fino alla strada;
Bellissima giornata.... poca gente in giro... anfiteatro naturale bellissimo e cresta ampissima, passeggiabile e panoramica (ben visibile dalle foto di Scinty); ultimi giorni di soggiorno estivo delle mucche sui pascoli che iniziano ad essere accompagnate a valle
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by scinty »

Sono posti stupendi specie in queste stagioni di mezzo :o
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argento
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Re: La Curnis Auta - Val Grana

Post by argento »

Sì molto bello, complimenti per il racconto e per il giro. Sarebbe sicuramente da vedere. Grazie!
Ogni vita dovrebbe avere almeno sette gatti!

La vita è una trappola mortale, non ne usciremo vivi.
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