Le baragge sono zone della pianura biellese e vercellese tenute a pascolo, anziché trasformate in risaie o città diffusa di capannoni. La ragione geologica di questa destinazione è che sono altipiani non irrigabili, residuo dell'eriosione postglaciale. Lo sfruttamento pastorale le ha rese brughiere con alberi solitari e per questo sono paragonate alla savana africana, anche se a me tali alberi solitari liberi di espandersi hanno ricordato piuttosto certi dipinti di Friedrich, che li raffigurano appunto modellati dall'intenso sfruttamento pastorale delle brughiere della Germania settentrionale.
Per la pianura padana è un ambiente davvero insolito, che merita un passaggio. Consigliano di andarci in autunno, quando le brughiere assumoni colori vivaci e caldi. A fine aprile non vi era alcuna fioritura.
Ho fatto un giretto nella baraggia di Candelo, seguendo le indicazioni dal parcheggio lungo la strada per Castellengo. È la più estesa, sebbene la parte visitabile sia ridotta, in quanto la gran parte è zona di addestramento per l'aritlglieria (un mio amico racconta di aver sparato lì durante il servizio militare). Anche se sono quasi in piano, sono consigliabili un paio di scarpe da escursiosnismo, in quanto c'è fango negli avvallamenti e nelle zone ombrose, ameno che non sia un periodo siccitoso.
Al termine ho fatto un giro serale nel contiguo ricetto di Candelo, un deposito fortificato medievale divenuto importante centro ricreativo, perché organizzano eventi e si trovano attività di ristorazione molto sciccose, anche se subito fuori dal ricetto c'è il kebabbaro a beneficio dei poveracci. Se non ci sono eventi è ad accesso libero, fruibile 24 ore al giorno, sebbene i bagni pubblici siano aperti solo 8-22, invece se sono in corso eventi (tipo i popolarissimi mercatini di Natale) è accessibile solo con biglietto negli orari prestabiliti. Per deformazione fotografica consiglio di andarci al crepuscolo, con lampioni accesi e senza folle (persino le attrazioni turistiche della Provenza sono godibili in queste condizioni).
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ma che colpa io posso avere se la montagna presenta tanto di bello, che lo scritto ed il discorso diventano prolissi per accennare solo di volo ciò ch'essa porge d'interessante all'osservazione
M. Baretti, “Per rupi e ghiacci: frammenti alpini”, 1875
M. Baretti, “Per rupi e ghiacci: frammenti alpini”, 1875