Il M. Contrario è una montagna di discreta importanza, anche se vicino ad altre cime più alte e imponenti (Cavallo, Grondilice, Pisanino).
In particolare, oltre agli itinerari invernali della parete nord, non si può trascurare la grande parete sudovest, una delle più importanti delle Apuane, sulla quale sono tracciate parecchie vie a forte carattere avventuroso (fra le classiche, oltre a una prima Via dei Genovesi del 1933 sono da ricordare la via Ceragioli del 1934, uno dei primi V delle Apuane, e un'altra via dei Chiavaresi, di Bastrenta e Guarnieri del 1962, più facile e ripetuta ma purtroppo su roccia friabile).
Al margine destro di questa notevole parete corre la Cresta Sud, percorso panoramico e d'altri tempi, da salire in scarponi, con difficoltà che non raggiungono il IV. A un primo tratto orizzontale segue una sezione ripida, alta sui 150 m: qui ci sono le maggiori difficoltà e la roccia è discreta, uno scisto abbastanza compatto e simile a quello che si trova sul vicino M. Cavallo. Infine, un altro tratto orizzontale e l'ultimo salto di roccia pessima (o erboso, se preso sulla destra) che porta in vetta.
Ecco alcune foto.
L'avvicinamento è molto lungo, partiamo da Biforco (376 m!) alle 7:10 e con una ripida via di lizza ci portiamo nella selvaggia Val d'Alberghi. Qui compare per la prima volta la meta, con la cresta Sud a destra:
Si risale lungamente il sentiero n. 167, passando dai ruderi di Case Carpano, finché il sentiero non scavalca la cresta Sud del Contrario a circa 1400 m. Qui lasciamo il sentiero e proseguiamo slegati ancora per un tratto poco ripido e agevole, e ci fermiamo a prepararci prima di una sezione affilata iniziale. Aspettiamo un po', perché vogliamo che il sole inizi ad asciugare ben bene le rocce: ieri è piovuto...
Ecco la cresta dall'attacco:
Andiamo in conserva, proteggendoci su spuntoni e traversando alcuni intagli, fino alla base del tratto più ripido. Qui sosto su spuntone e partiamo con i tiri di corda. All'inizio del primo tiro c'è una paretina di III con un buon chiodo. Più avanti si sosta su un solido albero. I due tiri successivi sono sempre abbastanza facili, forse non arrivano al III, ci si protegge e si sosta su spuntoni, finché non si arriva a una sosta a chiodi sotto un tettino, a destra del filo. Qui inizia il tratto chiave, con due tiri un po' più impegnativi e continui. Si sale lo strapiombino sopra la sosta (III+, con un chiodo a destra) e si prosegue su ottime placche in prossimità del filo, traversando sempre un po' a sinistra (sempre sul III):
I panorami sono stupendi, qui M. Sagro, Punta Questa e Torrione Figari, Forbice e Grondilice:
Trovando altri due chiodi, si prosegue fino a una scomoda sosta attrezzata con 2 chiodi vecchi, su una placca fessurata a sinistra del filo. Io ho aggiunto un dado. Ecco come si presenta da qui il tiro successivo:
Si sale sopra la sosta, lungo la fessura o sulla placca a destra (III+). Si trova un chiodo e ci si porta sul filo, fin sotto il torrioncino visibile nella foto. Lo si passa a destra (altro chiodo) e poi si continua in prossimità del filo, su difficoltà minori, sostando su spuntone.
Da qui conviene continuare in conserva, c'è un lungo tratto orizzontale ma mosso, con diversi intagli e affilati spuntoni di roccia, tutti più o meno evitabili sulla destra per erbe. Sotto l'ultimo risalto, è bene spostarsi ancora un po' destra, avvicinandosi al canale sud-est e risalire l'ultimo tratto a una decina di metri a destra del filo roccioso (molto friabile). Le difficoltà sono bassissime, c'è solo da fare attenzione al paleo ripido. Si arriva facilmente in vetta, dove alcuni grossi spuntoni permettono anche di sostare. Noi ci siamo arrivati alle 14:30, siamo stati un po' lenti.
Ecco il Pisanino e gli Zucchi dalla vetta:
La discesa è molto lunga e inizialmente non banale.
Dalla vetta si segue la breve cresta Est, per ripide tracce di sentiero, con rari passaggi di I e II (possibile doppia, sosta sotto un tettino prima del tratto più ripido). Discesi a un intaglio si oltrepassa un risalto e al di là si raggiunge la Foce di M. Cavallo (1700 m). Qui ci si abbassa verso Sud per il ripido e disagevole canale erboso che scende sul versante massese, tenendosi a sinistra del solco. In corrispondenza di un tratto più ripido bisogna tenere sempre la sinistra, cercando i passaggi più facili, e trovando un brevissimo tratto attrezzato con cavo d'acciaio. Si scende ancora per prati, adesso su terreno più facile, fino a incontrare nuovamente il segnavia n. 167 (qui praticamente cancellato dall'erba; intorno ai 1550 m di quota conviene abbassarsi in diagonale destra verso un evidente ometto, ormai quasi sotto la cresta Sud del Contrario appena salita: da qui ometti e segni rossi si fanno più evidenti).
L'ambiente è splendido e selvaggio, con le "gobbe" del Cavallo che dominano il panorama.
Seguendo in discesa il sentiero, si scavalca la cresta nel punto dove lo si è abbandonato all'andata: da qui il percorso è lo stesso dell'avvicinamento, a ritroso.
Ormai è quasi sera... un'ultimo sguardo al Contrario:
Il cammino è lungo, fra nubi che vanno e vengono:
Noi siamo rientrati a Biforco alle 18:45, dopo circa tre ore e mezzo di sfacchinata. Però in questi casi la stanchezza è anche gioia...
