Vabbè, fedele al detto
"chi va sulla Caprazoppa impara a caprazoppicare" che mi sono appena inventato

, provo anch'io a scrivere qualcosa su questa zona.
Qualche giorno prima di Natale, viste le belle giornate, mi viene in mente il Finalese come possibile meta di una passeggiata non troppo impegnativa e con (di solito) parecchia soddisfazione.
Mi ricordo di aver ipotizzato tempo addietro un giro sul promontorio della Caprazoppa, che sembra offrire un mix interessante di emergenze paesaggistiche, antropologiche, geologiche, storiche, e chi più ne ha ne metta.
Poichè prevedevo di fare anche un giro per bottiglierie

, viste le feste incombenti, parcheggio in luogo strategicamente centrale subito dopo il ponte di ferro, idea che si rivelerà inutile, perchè, finita la gita, opterò comunque per usare l'auto, e a questo punto avrei potuto parcheggiare prima, in uno slargo sulla sinistra.
Se non altro mi viene l'idea di fare il giro in senso diciamo "antiorario", in modo da sfruttare maggiormente la luce del sole.
Qualcuno mi aveva parlato di una varietà di arance locale dette Pernambucco (in sostanza, una variante della Navel), che prenderebbe il nome dall'omonimo stato brasiliano, colonia portoghese da cui presumibilmente provennero; prima di partire ne recupero un sacchetto dal fruttivendolo più vicino, che mi pare preparato sull'argomento.
Torno quindi indietro sull'asfalto per circa 700 m per poi attraversare e prendere una sterrata nel bosco che piega a dx e rapidamente si trasforma in bel sentiero in parte selciato.
La mia intenzione era di aggirare la Rocca dell'Orera per cercare l'omonima Caverna,
ma giunto sotto le pareti della Rocca ravano inutilmente per un po' senza successo, sino a che decido di lasciar perdere e di allontanarmi maggiormente dal traffico stradale che riesco ancora a udire a poca distanza.
Quindi aggiro la Rocca sulla sinistra per seguire poi, giunto sul crinale, dei segni bianco-rossi sulla dx apparentemente recenti, che mi conducono in vetta, dove c'è un bel panorama, tralicci permettendo,
oltre ad una specie di raduretta non si capisce bene quanto naturale o influenzata dall'uomo, come spesso da queste parti.
Da qui continuo a seguire i segni in discesa, sino a giungere in una stupenda valletta con vari muretti a secco,
che termina in un bellissimo bosco di roveri (o lecci? o querce? o sono la stessa cosa? e se non lo sono, come ****** dovrei distinguerli?

), davvero affascinante; a proposito di ciò pare che anche nell'antichità venisse apprezzata questa coltura, trovo infatti in rete che Agostino Bianchi, uno dei corrispondenti dell'Accademia d'Agricoltura, in una relazione sui boschi per la Marina fatta al nuovo governo Sardo nel 1815 si era limitato a notare, a proposito del bosco di Verezzi nel Finale:
«è de' particolari che coltivano la quercia colla stessa cura colla quale si coltiva altrove l'olivo» (A. Bianchi, Stato del legname da costruzione nella Provincia di Ponente, 1815).
La bellezza di alcuni alberi mi affascina talmente che mi rendo conto di essere praticamente dietro la Chiesa di San Martino di Verezzi solo quando suonano le campane.
Mi aggiro un po' intorno alla Chiesa godendo del magnifico panorama, cercando di identificare sto Mulino Fenicio

che dovrebbe essere nelle immediate vicinanze, per decidere alla fine di fermarmi presso un tavolo da picnic per appunto picniccare sotto la bella croce di pietra che marchia il panorama davvero godurioso, in una giornata di sole come questa.
Procedo in direzione della Torre di Bastia, prima deviando a sx per la Grotta dell'Arma di Crosa, molto carina su 2 livelli,
poi dirigendomi verso il crinale che seguo, con alcune eventuali piccole deviazioni per guardare il panorama sull'altro versante,
sino a raggiungere una sterrata carrabile nei pressi di una casa la cui recinzione bisogna aggirare brevemente risalendo un pendio, per giungere alla Torre.
Dovrebbe esserci un menhir nei paraggi, che identifico in un pietrone abbastanza anonimo che non avrei degnato di uno sguardo, probabilmente,
anche perchè la vegetazione impera abbastanza.Torno indietro sui miei passi, questa volta seguendo il crinale in direzione di un branco di antenne che abbruttiscono il paesaggio, anche se forse non come una cabina elettrica lì accanto cui non è stato prestato nemmeno lo sforzo abbastanza esiguo di rivestirla in pietra, e mi dirigo lungo il sentiero nel bosco che mi porta a questo fantomatico "dolmen megalitico",
che sinceramente non definirei proprio così.....al massimo potrei definirlo un "altare", forse, e che sia preistorico mi riservo di dubitarne.
Ma può anche darsi, fatto sta che più che un dolmen pare una panca, sopra la quale la capra.....
zoppa
Ma tanto, di dubbi, nella vita è meglio abbondare, coltivarne, anzi.... che per esempio infatti mi chiedevo da tempo cosa ****** dovesse rappresentarmi un "mulino fenicio" in cima a un monte,
e quando lo trovo, finalmente, leggendo anche un cartello "esplicativo" lì accanto, mi rendo conto che gran parte delle nostre conoscenze derivano da assunti presi per buoni un po' da chiunque, e il porsi questioni ahimè è un'abitudine ormai dimenticata, come dimostrano altresì gli ultimi anni trascorsi, dove le cose più assurde parevano normali alla maggioranza degli esseri non pensanti.
Vabbè.
Sta di fatto che la vedo più come questo ragazzo, che ringrazio per aver pensato, e non essersi fermato semplicemente a leggere le ipotesi gratis di altri, scrivendo invece un articolo dal titolo abbastanza esplicito
"Il Faro Mediterraneo diventa un Mulino Fenicio a Sua Insaputa."
https://www.academia.edu/5160168/Faro_o ... cheologico
Questo solo per dire che a volte, non è necessario che "tutti siano d'accordo", come mi sono sentito dire spesso con tono ironico in questi ultimi anni....basta solo che nessuno si faccia domande.
A buon intenditor....
Allo stesso modo, quelle che mi parevano coppelle sul masso posto dalla Croce di Verezzi, nello stesso cartello vengono definite come "vaschette di corrosione", evidenti segni di "carsismo superficiale", il che mi fa definitivamente propendere verso l'interpretazione che ne avevo dato, durante il picnic, come coppelle (ma in effetti nella pietra calcarea è difficile a volte stabilire il confine tra natura e opera umana).
Comunque sia, ritorno alla chiesa - che certo meriterebbe una visita - ma sono già in ritardo dalla sveglia

, perciò procedo scendendo sul sentiero denominato "Via dei Carri Matti" (mi pare, anche se non ci giurerei, vista l'abbondanza di percorsi che si incrociano in zona) passando prima davanti ad una piccola costruzione che da qualche parte ho visto definita come "uccelliera" non so quanto verosimilmente; questa costruzione però mi intriga per il particolare delle pietre d'angolo (oltre che ai lati dell'ingresso) forate, similmente ad una che trovai nell'alveo di un rio dietro il Forte di Gavi...facendo ricerche non trovai granché sull'utilizzo/scopo di questi sassi, se non ipotetiche funzioni magico/rituali, e l'eventuale definizione di "pietra da cancello", come se potesse essere servita come cardine di una "porta", ipotesi poco convincente e che infatti in questo caso non avrebbe alcun senso.
Se qualcuno ha idee/ipotesi/suggerimenti, è il benvenuto.
Proseguendo sul sentiero si giunge alla cosiddetta "Grotta dell'Antenna", cosiddetta non saprei perchè, visto che le antenne sul Monte Caprazoppa certo non mancano ma mi paiono in zone più distanti (ma magari mi sbaglio).
La Grotta dell'Antenna è davvero carina, sia per la sua struttura divisa praticamente in due, sia per il panorama visibile dalla porta/finestra!
Beati gli antennisti del tempo che fu.
Dalla Grotta continuo sul sentiero sino a giungere nei pressi del bivio per la Cava del Colle, dove si possono vedere 2 macine o ruote o frantoi scavati nella roccia quasi completamente, ma rimasti in loco.
Titubante sul percorso da seguire, che qui offre mille variabili, alla fine decido di ritornare verso la chiesa per seguire il tragitto che da quella radura bellissima circondata dai roveri porterebbe in direzione della Cava della Chiesa.
Prima di giungere alla Cava, il sentiero attraversa una specie di dolina
dopo la quale, sulla sinistra, spuntano delle mura che definirei quasi ciclopiche, vista l'altezza e la consistenza, affiancate su due lati da scalinate anch'esse in pietra, luogo stupendo in mezzo al bosco, sulla cima del quale appaiono consistenti ruderi, non ho capito se di un'altra chiesa precedente, o magari più probabilmente fabbricati legati all'attività di cava.
Tornando sul sentiero, in breve sono alla Cava della Chiesa, poco prima della quale, nel bosco, appare un gigantesco monolite abbandonato.

Spostalo, tu!
La cava è affascinante, con le sue pareti di calcare rosso, a differenza di quello finalese biancastro, e le diverse aperture, spaccature e colpi d'occhio che offre.
Il sentiero poi prosegue nel fitto del bel bosco, cominciando a scendere continuamente sino ad incontrare, alla fine, la Strada Napoleonica che porta alla Caverna delle Arene Candide,
ovviamente chiusa (so che da qualche tempo però viene aperta periodicamente per visite guidate); da qui entro poi, vista la recinzione sfondata, nella cava ormai dismessa di Caprazoppa, sperando di uscirne...
fortunatamente dall'altro lato non c'è nessuna chiusura, perciò mi dirigo brevemente (anche perchè è già un'ora) verso la sottostante Torre di Caprazoppa, a picco sul mare e circondata da reti paramassi con tiranti sui quali bisogna fare attenzione a non inciampare.
Indeciso se scendere e rientrare a Finale sulla statale o tornare sul sentiero sovrastante, opto per quest'ultima scelta;
la strada di cava sembra frequentata (soprattutto da pusher, immagino, da alcuni indizi

), sarà per questo che in fondo alla stessa trovo un cancello chiuso con lucchetto che sbarra la strada : dopo aver tentato inutilmente di assottigliarmi alla Mr. Fantastic per passare tra i battenti,
sono costretto ad arretrare e cercare un varco in una rete con ravanamento incorporato.
Il sentiero (Strada Cappelletta) a questo punto scende prima ripidamente poi più tranquillamente ma in ogni caso senza sorprese, sino alla chiesetta della Regina Pacis
e poi sino al punto di partenza, dove ribecco la statale che seguo sino al ponte di ferro e quindi alla macchina.
Il tutto per tipo 10,5 KM per 650 m di dislivello.
Raggiunta la macchina rapido giro per bottiglierie & affini per golosità natalizie

, e rientro in autostrada senza code (sulla A7....sulla A26 invece i cartelli segnalavano code a Masone per lavori

).
Colgo l'occasione anche per ringraziare Sound (e lo faccio sia da vicino che da lontano, sia salendovi sia guardando indietro

) una cui traccia gps di tempo addietro mi è stata molto utile per l'individuazione dei percorsi ma soprattutto per qualche waypoint che probabilmente non avrei notato, oltre a quelli persi di mio in cui sono molto bravo.
Credo che in ogni caso, vedendo il suo ultimo post dove lui riesce sempre a trovare qualcosa di più bello di quello che hai appena visto tu, ci tornerò per aggiungere altri waypoint.
Si chiamerà Finale ma non finisce mai di stupire.
Aloha
