rinunciare alla vetta
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- Marco S.
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Re: Vetta si o Vetta no?
Ciao, bellissimo confronto e bellissima discussione!,
dico la mia, in modo semplice anche se potrei parlarne per ore, citare fior di libri etc.. Ma penso sia meglio parlare per me, e "da" me, visto il tema.
Ho vissuto esperienze stupende in posti fantastici, in montagna, con altre persone, amici o da solo. Non rimpiango niente e, amando la storia e l'architettura alpina - insomma, la cultura di montagna - anche un minuscolo villaggio nei boschi esercita un fascino infinito su di me.
Tuttavia, da che ho memoria, la vetta rappresenta per me il non plus ultra, la somma di tutto, il punto di arrivo, la conquista, da pagare con fatica, attesa, pazienza. Da guadagnare, senza se e senza ma, senza facilitazioni, scale mobili, genitori e professori amichevoli, scale mobili, soldi, aiuti esterni.
La vetta, per me, è spesso il punto di arrivo e di partenza in cui convergono, in un istante di perfezione, felicità, struggimento, malinconia ed estasi.., i ricordi di una vita di salite: amici, persone dimenticate per tutto l'anno fuorché in quel momento, parenti, ricordi d'infanzia... Tutto converge lì, come vi si danno appuntamento i canali e le pareti, le pietraie e le ripe. Alcune di queste cime faranno sempre parte di me e della mia storia. Lo Zerbion, la mia prima, vera vetta, nel 1991; la Testa Grigia, nel 1992, che tuttora è la mia Signora e padrona, colei che sogno; la Zumstein che, come Sirena, mi ha incatenato per un anno,
http://www.varasc.it/punta_zumstein_e_p ... fetti_.htm" onclick="window.open(this.href);return false;
..e quando dico incatenato, intendo proprio "stregato", come le mitiche Sirene con i poveri naviganti..
E poi mille altre, ognuna per un suo segreto motivo. La Piure, che ho salito da solo quest'estate; la Soleron, dove non sale mai nessuno; il Monte Rosso, cui torno ogni anno; ognuna di loro ha una sua grande storia e sono fiero, nel mio piccolo e per poche ore, di averne fatto parte.
Insomma, non vedo la vetta come due metri di roccia piana, bensì come un punto di arrivo e di partenza, una conferma di quel che sono stato e di quel che sono, un ritorno. Ed alcune vette trascendono ancora tutto questo in un modo che nessuno, fuorché un vero e grande scrittore, potrebbe provare a descrivere con le semplici parole.
dico la mia, in modo semplice anche se potrei parlarne per ore, citare fior di libri etc.. Ma penso sia meglio parlare per me, e "da" me, visto il tema.
Ho vissuto esperienze stupende in posti fantastici, in montagna, con altre persone, amici o da solo. Non rimpiango niente e, amando la storia e l'architettura alpina - insomma, la cultura di montagna - anche un minuscolo villaggio nei boschi esercita un fascino infinito su di me.
Tuttavia, da che ho memoria, la vetta rappresenta per me il non plus ultra, la somma di tutto, il punto di arrivo, la conquista, da pagare con fatica, attesa, pazienza. Da guadagnare, senza se e senza ma, senza facilitazioni, scale mobili, genitori e professori amichevoli, scale mobili, soldi, aiuti esterni.
La vetta, per me, è spesso il punto di arrivo e di partenza in cui convergono, in un istante di perfezione, felicità, struggimento, malinconia ed estasi.., i ricordi di una vita di salite: amici, persone dimenticate per tutto l'anno fuorché in quel momento, parenti, ricordi d'infanzia... Tutto converge lì, come vi si danno appuntamento i canali e le pareti, le pietraie e le ripe. Alcune di queste cime faranno sempre parte di me e della mia storia. Lo Zerbion, la mia prima, vera vetta, nel 1991; la Testa Grigia, nel 1992, che tuttora è la mia Signora e padrona, colei che sogno; la Zumstein che, come Sirena, mi ha incatenato per un anno,
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..e quando dico incatenato, intendo proprio "stregato", come le mitiche Sirene con i poveri naviganti..
E poi mille altre, ognuna per un suo segreto motivo. La Piure, che ho salito da solo quest'estate; la Soleron, dove non sale mai nessuno; il Monte Rosso, cui torno ogni anno; ognuna di loro ha una sua grande storia e sono fiero, nel mio piccolo e per poche ore, di averne fatto parte.
Insomma, non vedo la vetta come due metri di roccia piana, bensì come un punto di arrivo e di partenza, una conferma di quel che sono stato e di quel che sono, un ritorno. Ed alcune vette trascendono ancora tutto questo in un modo che nessuno, fuorché un vero e grande scrittore, potrebbe provare a descrivere con le semplici parole.
Marco S.
una salus victis, nullam sperare salutem
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Re: Vetta si o Vetta no?
...vetta si vetta no...leggo solo ora
Vado sui monti da quando avevo pochissimi anni, non ho mai fatto nulla di che ma andandoci da tanti anni (rispetto alla mia età) posso dire di aver vissuto varie fasi.
Sicuramente l'associazione tra l'andare sui monti e raggiungere una vetta viene abbastanza spontanea...diverse le motivazioni e credo che quasi mai riguardino il panorama.
Il desiderio di raggiungere una meta (un obiettivo) è spesso fondamentale per chi pratica una attività che richiede un sacrificio fisico o mentale...per cui se gli si toglie questa gli si toglie lo stimolo necessario.
Io non sono diverso, anche io ho bisogno della mia meta spesso e volentieri.
Aggiungo però che le poche volte che sono riuscito ad andare oltre a questo pensiero...ho vissuto alcuni dei momenti più intensi a livello di percezione dell'ambiente in cui mi trovavo immerso.
In definitiva io dico a me stesso "vetta si, ma non sempre" ... perchè aver obiettivi quando si vive un ambiente come la montagna è da un lato fondamentale ma dall'altro può diventare, almeno per me, un vero limite per i miei sensi che restano poco ascoltati dalla testa protesa verso la cima.
Non mi inserisco invece nella questione sull'alpinismo classico perchè non ho le competenze

Vado sui monti da quando avevo pochissimi anni, non ho mai fatto nulla di che ma andandoci da tanti anni (rispetto alla mia età) posso dire di aver vissuto varie fasi.
Sicuramente l'associazione tra l'andare sui monti e raggiungere una vetta viene abbastanza spontanea...diverse le motivazioni e credo che quasi mai riguardino il panorama.
Il desiderio di raggiungere una meta (un obiettivo) è spesso fondamentale per chi pratica una attività che richiede un sacrificio fisico o mentale...per cui se gli si toglie questa gli si toglie lo stimolo necessario.
Io non sono diverso, anche io ho bisogno della mia meta spesso e volentieri.
Aggiungo però che le poche volte che sono riuscito ad andare oltre a questo pensiero...ho vissuto alcuni dei momenti più intensi a livello di percezione dell'ambiente in cui mi trovavo immerso.

Non mi inserisco invece nella questione sull'alpinismo classico perchè non ho le competenze

- Conte Ugolino
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Re: Vetta si o Vetta no?
Non mi inserisco anch'io sul discorso alpinistico- classico o non classico non essendo un praticante
Sono un semplice escursionista con un brevissimo trascorso arrampicatorio (bassissimi livelli).
Personalmente a me il discorso vetta o sommità interessa poco, a me piace tout court l'ambiente. Per assurdo potrei dire che magari fare un giro in un'area laguanare mi appaga totalmente per l'ambiente che vedo e sperimento e che questo rappresenta a tutti gli effetti la mia meta.
Nelle mie escursioni cerco, se possibile, essendo nella maggior parte dei casi di bassa o bassissima quota, di trovare come meta quelli che sono gli aspetti storico antropico-culturali del territorio, in linea generale, a cui naturalmente aggiungo il panorama più in generale a cui ,per deformazione professionale, aggiungo gli aspetti naturalistici.
Uno dei paesaggi più belli che ho potuto toccare con mano è l'area toscana. In particolare le colline del Chianti classico, ma pure l'area delle Crete Senesi, o l'area della geotermia di Larderello, che mi riempono continuamente di emozioni.
Questo per chiarire (spero) il mio concetto
Sono un semplice escursionista con un brevissimo trascorso arrampicatorio (bassissimi livelli).
Personalmente a me il discorso vetta o sommità interessa poco, a me piace tout court l'ambiente. Per assurdo potrei dire che magari fare un giro in un'area laguanare mi appaga totalmente per l'ambiente che vedo e sperimento e che questo rappresenta a tutti gli effetti la mia meta.
Nelle mie escursioni cerco, se possibile, essendo nella maggior parte dei casi di bassa o bassissima quota, di trovare come meta quelli che sono gli aspetti storico antropico-culturali del territorio, in linea generale, a cui naturalmente aggiungo il panorama più in generale a cui ,per deformazione professionale, aggiungo gli aspetti naturalistici.
Uno dei paesaggi più belli che ho potuto toccare con mano è l'area toscana. In particolare le colline del Chianti classico, ma pure l'area delle Crete Senesi, o l'area della geotermia di Larderello, che mi riempono continuamente di emozioni.
Questo per chiarire (spero) il mio concetto
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Se l'è fassile m'angusciu, se l'è diffisile tribullu!
"Ogni civetta ha la sua casa l'albero, ma il barbagianni invece no" Punkreas Paranoia e potere
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Re: Vetta si o Vetta no?
Belli gli ultimi interventi, alcuni punti anche molto in linea con i miei 

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Re: Vetta si o Vetta no?
Marco S. wrote:Tuttavia, da che ho memoria, la vetta rappresenta per me il non plus ultra, la somma di tutto, il punto di arrivo, la conquista, da pagare con fatica, attesa, pazienza. Da guadagnare, senza se e senza ma, senza facilitazioni, scale mobili, genitori e professori amichevoli, scale mobili, soldi, aiuti esterni.
quoto!

Ti capisco sai, ogni giornata in Val d'Ayas inizia sempre ammirandola dalla finestra!Marco S. wrote:Testa Grigia, nel 1992, che tuttora è la mia Signora e padrona, colei che sogno

Ma non è un po' pericolosa per il tipo di roccia? Per non andare OT scrivimi della salita perchè sono curioso!Marco S. wrote:La Piure, che ho salito da solo quest'estate

"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
- TylerDurden
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Re: Vetta si o Vetta no?
io le vette mi sono accorto che mi piace di più guardarle dal basso
mi sento più così:
quando ero stato una ventina di giorni sulle dolomiti, mi sono accorto che anche uscire di casa per buttare la spazzatura mi sembrava una cosa mistica, con quelle montagne a far da cornice lì sullo sfondo. da allora ho capito quale fosse realmente il mio rapporto con quei posti. ora in vetta non ci vado quasi mai, tutt'al più ci capito, e la cosa, quando accade, non mi dispiace.
mi sento più così:
e al contrario di alec non potrei smettere di fare questo, anche perchè non ho una lista di target, e spesso mi piace anche tornare negli stessi postiNon ambisco a grandi nomi ma alla più grande solitudine e silenzio che si possono scoprire penetrando vallate poco frequentate.
quando ero stato una ventina di giorni sulle dolomiti, mi sono accorto che anche uscire di casa per buttare la spazzatura mi sembrava una cosa mistica, con quelle montagne a far da cornice lì sullo sfondo. da allora ho capito quale fosse realmente il mio rapporto con quei posti. ora in vetta non ci vado quasi mai, tutt'al più ci capito, e la cosa, quando accade, non mi dispiace.
Volante 1 a volante 2: siete arrivati o no? No perchè c'è un silenzio assordante: bisogna urlare tutti assieme STATTE CAPITALE!!! Dopo 2 giorni passati a CAPITAN HARLOCK e MASTER OF STONE che dire...
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Re: Vetta si o Vetta no?
Perfettamente d'accordo...TylerDurden wrote:mi sento più così:
e al contrario di alec non potrei smettere di fare questo, anche perchè non ho una lista di target, e spesso mi piace anche tornare negli stessi posti.
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.
Imagine there's no countries.
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Re: Vetta si o Vetta no?
soundofsilence wrote:Perfettamente d'accordo...TylerDurden wrote:mi sento più così:
e al contrario di alec non potrei smettere di fare questo, anche perchè non ho una lista di target, e spesso mi piace anche tornare negli stessi posti.
....io un po' meno


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Re: Vetta si o Vetta no?
Sub-Comandante wrote:Marco S. wrote:Tuttavia, da che ho memoria, la vetta rappresenta per me il non plus ultra, la somma di tutto, il punto di arrivo, la conquista, da pagare con fatica, attesa, pazienza. Da guadagnare, senza se e senza ma, senza facilitazioni, scale mobili, genitori e professori amichevoli, scale mobili, soldi, aiuti esterni.
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Ti capisco sai, ogni giornata in Val d'Ayas inizia sempre ammirandola dalla finestra!Marco S. wrote:Testa Grigia, nel 1992, che tuttora è la mia Signora e padrona, colei che sogno![]()
Ma non è un po' pericolosa per il tipo di roccia? Per non andare OT scrivimi della salita perchè sono curioso!Marco S. wrote:La Piure, che ho salito da solo quest'estate
Ma certo che ti scrivo...

Signore e signori, è un topic bellissimo, un caleidoscopio. Amo queste cose.
Marco S.
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Re: Vetta si o Vetta no?

Ho cercato in questi giorni di riprendere un minimo il discorso sulla storia alpinistica e sulle correnti di pensiero riguardo all'interesse per la vetta nel passato.... ma è difficile farne un concentrato, per il forum. Risulterebbe lungo e noioso da leggere. Meglio procurarsi un libro sull'argomento e lasciarsi trasportare da esso comodamente seduti sul divano.

I molti interventi a riguardo sono davvero interessanti.... ognuno ha apposto il suo pezzo di puzzle, per comporre questo variopinto e infervorante quadro sulla montagna. In ogni pezzo si celano le sensazioni e la ricerca della bellezza di ognuno di noi ... punti di vista diversi attorno ad un unico comune denominatore: la capacità atavica di esprimersi, adattarsi e confrontarsi con l'ambiente naturale che ci ospita e dove siamo nati.
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
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Re: Vetta si o Vetta no?
Giusto!
Penso poi che si possa parlare a lungo di montagna, e tuttavia non arrivare mai a tradurre veramente quel che si sente nel tornare in posti già vissuti o nell'esplorarne di nuovi.. è impossibile, per come la vedo io, spiegare veramente ogni cosa.
Penso poi che si possa parlare a lungo di montagna, e tuttavia non arrivare mai a tradurre veramente quel che si sente nel tornare in posti già vissuti o nell'esplorarne di nuovi.. è impossibile, per come la vedo io, spiegare veramente ogni cosa.

Marco S.
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Re: Vetta si o Vetta no?
Già e poi non si può dare una spiegazione a tutto, sviscerare ogni argomento, classificare... mi ricordo la frase di un libro che ho letto da piccola, dove si diceva che certe cose non possono essere spiegate, vanno solamente condivise 

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Re: Vetta si o Vetta no?
quare id faciam fortasse requirisscinty wrote:Già e poi non si può dare una spiegazione a tutto, sviscerare ogni argomento, classificare... mi ricordo la frase di un libro che ho letto da piccola, dove si diceva che certe cose non possono essere spiegate, vanno solamente condivise
nescio sed fieri sentio et excrucior
mettendo un "gaudeo" al posto di "excrucior" questi versi di catullo direi che vanno bene per noi che andiamo per monti

Io credetti e credo la lotta con l'Alpe utile come il lavoro, nobile come un'arte, bella come una fede.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
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Re: Vetta si o Vetta no?
forse chiederai perchè lo faccio, non lo so ma sento che accade e me ne dolgo (e ne godo)
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Re: Vetta si o Vetta no?
tranquilla, anche chi lo ha studiato lo ha già dimenticatoscinty wrote:Lo sai che non so il latino

"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
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Re: Vetta si o Vetta no?
Un altro aspetto del mio rapporto con la montagna,
a prescindere dal quando mi trovo lassù (ed allora va tutto bene, grazie tante..!),
consiste invece nel silenzioso richiamo, o attrazione, che provo ogni momento, quando ne sono lontano. In treno, a casa, portando a spasso la musetta. Sul lavoro, a Milano; ovunque ed in qualsiasi momento, a letto o sotto la doccia o facendo pesi o uscendo la sera. E' come sentire un richiamo costante che, alla lunga, si condensa nella sensazione di dover purtroppo vivere tutta questa noiosa normalità - lavoro, menate varie, code, perdite di tempo, treni... - pur sapendo di non appartenerle veramente. E sentendo che, qualsiasi cosa succeda o sia da fare oggi, io non appartengo del tutto a questo ambiente!
a prescindere dal quando mi trovo lassù (ed allora va tutto bene, grazie tante..!),
consiste invece nel silenzioso richiamo, o attrazione, che provo ogni momento, quando ne sono lontano. In treno, a casa, portando a spasso la musetta. Sul lavoro, a Milano; ovunque ed in qualsiasi momento, a letto o sotto la doccia o facendo pesi o uscendo la sera. E' come sentire un richiamo costante che, alla lunga, si condensa nella sensazione di dover purtroppo vivere tutta questa noiosa normalità - lavoro, menate varie, code, perdite di tempo, treni... - pur sapendo di non appartenerle veramente. E sentendo che, qualsiasi cosa succeda o sia da fare oggi, io non appartengo del tutto a questo ambiente!
Marco S.
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Re: Vetta si o Vetta no?
Concordo in pieno e' proprio un "silenzioso richiamo".Marco S. wrote:Un altro aspetto del mio rapporto con la montagna,
a prescindere dal quando mi trovo lassù (ed allora va tutto bene, grazie tante..!),
consiste invece nel silenzioso richiamo, o attrazione, che provo ogni momento, quando ne sono lontano. In treno, a casa, portando a spasso la musetta. Sul lavoro, a Milano; ovunque ed in qualsiasi momento, a letto o sotto la doccia o facendo pesi o uscendo la sera. E' come sentire un richiamo costante che, alla lunga, si condensa nella sensazione di dover purtroppo vivere tutta questa noiosa normalità - lavoro, menate varie, code, perdite di tempo, treni... - pur sapendo di non appartenerle veramente. E sentendo che, qualsiasi cosa succeda o sia da fare oggi, io non appartengo del tutto a questo ambiente!
Anch'io vivo la quotidianita' e sento che tutto questo ambiente di citta' non mi appartiene e costantemente il mio pensiero viaggia sulle vette piu' disparate...e appena posso accontento il "silenzioso richiamo"


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Re: Vetta si o Vetta no?
I vostri due commenti mi hanno riportato ad un articolo che ho letto due giorni fa e che mi ha suscitato un filo di commozione. L'articolo è stato riportato da mazzysan in un topic aperto da mahler e dedicato a Samuele Scalet, di cui vi metto il link (viewtopic.php?f=9&t=6962&p=166183#p166183" onclick="window.open(this.href);return false;). Potete continuare su quel topic eventuali commenti e considerazioni attinenti a Samuele e qui, se volete, un discorso parallelo circa ciò che avete definito come "silenzioso richiamo"...MAURY76 wrote:Concordo in pieno e' proprio un "silenzioso richiamo".Marco S. wrote:Un altro aspetto del mio rapporto con la montagna,
a prescindere dal quando mi trovo lassù (ed allora va tutto bene, grazie tante..!),
consiste invece nel silenzioso richiamo, o attrazione, che provo ogni momento, quando ne sono lontano. In treno, a casa, portando a spasso la musetta. Sul lavoro, a Milano; ovunque ed in qualsiasi momento, a letto o sotto la doccia o facendo pesi o uscendo la sera. E' come sentire un richiamo costante che, alla lunga, si condensa nella sensazione di dover purtroppo vivere tutta questa noiosa normalità - lavoro, menate varie, code, perdite di tempo, treni... - pur sapendo di non appartenerle veramente. E sentendo che, qualsiasi cosa succeda o sia da fare oggi, io non appartengo del tutto a questo ambiente!
Anch'io vivo la quotidianita' e sento che tutto questo ambiente di citta' non mi appartiene e costantemente il mio pensiero viaggia sulle vette piu' disparate...e appena posso accontento il "silenzioso richiamo"
Impiegherò un bel pò di tempo e molte, molte letture unite a numerose salite e ad una vita vissuta a stretto contatto con questo incredibile mondo prima di riuscire ad ottenere una cultura sufficiente a conoscere i grandi del nostro alpinismo e forse a comprendere veramente la filosofia della montagna ed il significato vero e proprio di "salire in vetta".
Ma non importa. Passo dopo passo, con la dovuta calma come sui sentieri o in parete.... sfoglierò le pagine dei libri assaporandone l'essenza ed il contenuto interrogandomi e riflettendo sul perchè di vetta si o vetta no. Sul perchè così tante persone hanno perso la vita nella lotta con l'alpe e così tante l'hanno rischiata e la rischiano tutt'ora. Sul perchè quest'ambiente ci conquisti a tal punto da incunearsi nella nostra vita come un chiodo nella roccia, fino a scendere in profondità, nel cuore. E lì compiere quel sortilegio, quella magia che accarezzandoci l'anima con materna dolcezza ci rende diversi e incompresi agli occhi dei più.
"Non conoscevo Samuele Scalet, neppure di fama, eppure leggere cosa è stato scritto di lui mi ha davvero toccato. Un amore così forte e così sviscerato... "
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
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Re: Vetta si o Vetta no?
Ora vado a leggere, ti ringrazio...
Sai, leggere di montagna è bello, ho la casa tappezzata da libri, e colleziono (finchè ci sono i soldi, e soprattutto finché ho fortuna!, perchè spesso non contano i soldi ma la disponibilità dei titoli) libri d'epoca.
Però trovo che leggere.. sia, spesso, riconoscere in altri una passione, un tratto della mia stessa passione, del mio bisogno e necessità di tornar "su". Per questo ne sono attratto. Come scoprire, a bordo di un aereo con 400 passeggeri, che uno ed uno soltanto è stato sulla Testa Grigia, che è salito da Alpenzu, che quel giorno nevicava, e così via. Un tratto segreto che credi solo tuo, in questa fiumana amorfa di shopping e grane e fastidi vari, che all'improvviso scopri di condividere con un altro passante, con una ragazza. Ed allora magari fai qualche passo insieme, ed è bello così.
Insomma, non sono le letture a formare un amore per la montagna, forse neanche a definirlo. Permettono di riconoscere quel che si prova, in altri, e visto che spesso costoro sono più esperti e bravi, di imparare da loro. Dai loro sbagli, dai loro sogni, dalla tenacia con cui ci si sono aggrappati.
Un bel libro per esempio, che leggevo in treno mesi fa, è "Scomparsi sull'Everest" di Peter Firstbrook. La storia di Mallory ed Irvine la conosciamo tutti. Però... Fa capire molte cose. A me, è parso di riconoscere quel ruggito, quell'istinto bruciante di slanciarmi in avanti quando, a poca distanza da una vetta, sembra ormai impossibile raggiungerla, quel "manonvorraicertofarmiQUESTO!" che esplode dentro, che fa andare avanti, purtroppo abbassando la percezione del rischio accettabile. Ho riconosciuto questo, e la mia passione per l'esplorazione, per le escursioni in luoghi selvaggi dove da due secoli non passa più un'anima bipede, in quel libro.
Sai, leggere di montagna è bello, ho la casa tappezzata da libri, e colleziono (finchè ci sono i soldi, e soprattutto finché ho fortuna!, perchè spesso non contano i soldi ma la disponibilità dei titoli) libri d'epoca.
Però trovo che leggere.. sia, spesso, riconoscere in altri una passione, un tratto della mia stessa passione, del mio bisogno e necessità di tornar "su". Per questo ne sono attratto. Come scoprire, a bordo di un aereo con 400 passeggeri, che uno ed uno soltanto è stato sulla Testa Grigia, che è salito da Alpenzu, che quel giorno nevicava, e così via. Un tratto segreto che credi solo tuo, in questa fiumana amorfa di shopping e grane e fastidi vari, che all'improvviso scopri di condividere con un altro passante, con una ragazza. Ed allora magari fai qualche passo insieme, ed è bello così.
Insomma, non sono le letture a formare un amore per la montagna, forse neanche a definirlo. Permettono di riconoscere quel che si prova, in altri, e visto che spesso costoro sono più esperti e bravi, di imparare da loro. Dai loro sbagli, dai loro sogni, dalla tenacia con cui ci si sono aggrappati.
Un bel libro per esempio, che leggevo in treno mesi fa, è "Scomparsi sull'Everest" di Peter Firstbrook. La storia di Mallory ed Irvine la conosciamo tutti. Però... Fa capire molte cose. A me, è parso di riconoscere quel ruggito, quell'istinto bruciante di slanciarmi in avanti quando, a poca distanza da una vetta, sembra ormai impossibile raggiungerla, quel "manonvorraicertofarmiQUESTO!" che esplode dentro, che fa andare avanti, purtroppo abbassando la percezione del rischio accettabile. Ho riconosciuto questo, e la mia passione per l'esplorazione, per le escursioni in luoghi selvaggi dove da due secoli non passa più un'anima bipede, in quel libro.
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Re: Vetta si o Vetta no?
Quoto. Anch'io sto iniziando ad arricchire la libreria con qualche bel libro sul genere, prediligendo proprio quelli degli anni 60 e da lì indietro, ma tenendo d'occhio anche le nuove uscite. Come dici tu, i soldi son pochi, anch'io devo scegliere con cura; Sono d'accordo quando dici che le letture non possono formare l'amore per la montagna.. la lettura per quanto appassionante non è in grado di infondere le emozioni di un ambiente. Tuttavia, ti può invogliare a cercarlo quell'ambiente, sulla scorta dei racconti di chi ha vissuto a fondo la montagna e di chi ha donato la vita per essa, per errori commessi o per veri e propri atti di coraggio in soccorso di altre persone.Marco S. wrote:Ora vado a leggere, ti ringrazio...
Sai, leggere di montagna è bello....
....Però trovo che leggere.. sia, spesso, riconoscere in altri una passione, un tratto della mia stessa passione, del mio bisogno e necessità di tornar "su". Per questo ne sono attratto. Come scoprire, a bordo di un aereo con 400 passeggeri, che uno ed uno soltanto è stato sulla Testa Grigia, che è salito da Alpenzu, che quel giorno nevicava, e così via. Un tratto segreto che credi solo tuo, in questa fiumana amorfa di shopping e grane e fastidi vari, che all'improvviso scopri di condividere con un altro passante, con una ragazza. Ed allora magari fai qualche passo insieme, ed è bello così.
Insomma, non sono le letture a formare un amore per la montagna, forse neanche a definirlo. Permettono di riconoscere quel che si prova, in altri, e visto che spesso costoro sono più esperti e bravi, di imparare da loro. Dai loro sbagli, dai loro sogni, dalla tenacia con cui ci si sono aggrappati.
Un bel libro per esempio, che leggevo in treno mesi fa, è "Scomparsi sull'Everest" di Peter Firstbrook. La storia di Mallory ed Irvine la conosciamo tutti. Però... Fa capire molte cose. A me, è parso di riconoscere quel ruggito, quell'istinto bruciante di slanciarmi in avanti quando, a poca distanza da una vetta, sembra ormai impossibile raggiungerla, quel "manonvorraicertofarmiQUESTO!" che esplode dentro, che fa andare avanti, purtroppo abbassando la percezione del rischio accettabile. Ho riconosciuto questo, e la mia passione per l'esplorazione, per le escursioni in luoghi selvaggi dove da due secoli non passa più un'anima bipede, in quel libro.

“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
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Re: Vetta si o Vetta no?
E' vero, concordo..
Un libro in cui mi sono riconosciuto, anni fa, è stato "Gli spiriti dell'aria" di Diemberger.
Nei manuali, ho amato profondamente gli autori che, trattando delle montagne valdostane, abbiano voluto descrivere l'idea di una vetta, non solo i suoi metri e l'esposizione; la sua storia, non solo le due canoniche parole sul come salire e come scendere; che siano usciti dai soliti quattro giretti canonici e reiterati. Buscaini. Piergiorgio Bosio, Mario Aldrovandi. Manuali che ti facciano sentire, in mano, il peso e la bellezza di trovarsi in un canalone o su un colle, con una cartina ed una bussola in mano, a pensare a quanto disti il prossimo ruscello perché stai morendo di sete, a quante ore ti separino dal primo punto conosciuto, da cui poi saprai tornare a valle...
Che bello, signore e signori, che bello!
Quanto vorrei averli conosciuti.
Un libro in cui mi sono riconosciuto, anni fa, è stato "Gli spiriti dell'aria" di Diemberger.
Nei manuali, ho amato profondamente gli autori che, trattando delle montagne valdostane, abbiano voluto descrivere l'idea di una vetta, non solo i suoi metri e l'esposizione; la sua storia, non solo le due canoniche parole sul come salire e come scendere; che siano usciti dai soliti quattro giretti canonici e reiterati. Buscaini. Piergiorgio Bosio, Mario Aldrovandi. Manuali che ti facciano sentire, in mano, il peso e la bellezza di trovarsi in un canalone o su un colle, con una cartina ed una bussola in mano, a pensare a quanto disti il prossimo ruscello perché stai morendo di sete, a quante ore ti separino dal primo punto conosciuto, da cui poi saprai tornare a valle...
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Re: Vetta si o Vetta no?
Non arrivare alla meta insegna forse di più che arrivarci. Personalmente parto con un idea, ma poi spesso il cammino che fai conta di più del dove ti porta.
Il coraggio non è mai stato non avere paura,gli uomini coraggiosi affrontano le loro incertezze e le ribaltano a loro vantaggio per diventare ancora più forti
Re: Vetta si o Vetta no?
Ci sono luoghi che amo ed altri a cui mi sento particolarmente legato (non parlo di sola montagna ma anche di mare..) Da bambino (all’epoca dodicenne) percorrevo solitario i sentieri dei boschi nel levante ligure. Pieno di fantasie come ogni bambino, immaginavo le storie più strane e quei luoghi abitati da chissà quali creature, oltre agli animali che ben conoscevo, (faine, cinghiali, lepri. Fantasticavo che anche gli alberi e le piante e la terra stessa avessero un’anima. Ricordo che non avevo timore (non così grande almeno) di essere solo nel bosco, perché sentivo di amare quei luoghi ed ero convinto che la terra sentisse l’amore che provavo per essa. Mi sentivo protetto dall’ambiente che mi circondava e trascorrevo i miei pomeriggi a giocare sulle piante, esplorando ogni anfratto del sottobosco, infilandomi tra i rovi come per cercare chissà cosa e mi godevo il tramonto seduto in cima ai muri a secco con le gambe a penzoloni o sdraiato su qualche roccia, ancora calda dai raggi del sole. Che tempi memorabili … ricordi che non svaniranno mai. Ora, sui monti, riassaporo quel piacere di scoperta, ritrovo emozioni lontane e mai sopite. Riemergono i ricordi e l’amore, sempre vivo per l’ambiente. La vetta diventa una meta, appare come il culmine di una felice fatica. Il premio da guadagnare con il sudore e con l’impegno. Un traguardo da raggiungere con umiltà e rispetto, Robyvalgrana, ha detto una cosa saggia: “il cammino che fai conta più del dove ti porta”, ma aggiungerei che “le mete che toccherai durante il tuo cammino, saranno significative sulla scorta dell’impegno profuso per raggiungerle”. Sono d’accordo con tutti quelli che hanno espresso la loro soddisfazione nel fare una passeggiata o nello stare bene in un luogo qualsiasi che sia la natura e magari in buona compagnia, perché per me è lo stesso. Come lo era da bambino lo è tutt’ora, solo adesso ho scoperto un lato nuovo, una nuova dimensione: la montagna e la sua più stretta disciplina, l’arrampicata. L’uomo ha bisogno di sognare e di esprimersi. Ognuno lo fa come meglio crede. Io amo la danza ed il canto e mi piacerebbe anche imparare a suonare uno strumento e saper recitare. Ora esprimo me stesso e libero le mie emozioni in montagna. Arrampicando ricerco solidità, rinnovo lo spirito, alleno la mente, misuro la forza, sorrido, solleticato dai risvolti ludici che ad essa appartengono e che mi si presentano sempre nuovi e divertenti. Ma non solo. Non provo unicamente emozioni placide quando mi trovo in alto, col vuoto sotto i piedi. Sento la paura, l’adrenalina che mi circola nel sangue e mantiene vigile la mia attenzione ed acuti i miei sensi. Anche queste sono emozioni di cui avverto il bisogno, e non perché sia in cerca di emozioni forti a tutti i costi, non lo faccio per quello, no. Ma sento dentro di me che anche quelle sensazioni sono importanti per il mio spirito. Sento che sono emozioni che devo provare, come se facessero parte di una scuola di vita e sono profondamente convinto che (per me) esse, tutte insieme, euforiche e paurose, siano davvero esperienze importanti ed istruttive. Il cercare la vetta è qualcosa che da un senso ed un sapore molto particolare nell’andare in montagna. Preparare con cura una salita alpinistica, è un legame unico con la parte intima di te stesso ed il compagno o i compagni di cordata e, naturalmente, con la montagna. In sostanza: Non siamo tutti uguali, proviamo emozioni diverse ed abbiamo gusti particolari e soggettivi, ma sono convinto che la passeggiata attraverso un luogo bellissimo e la scalata verso una cima circondata da un luogo altrettanto bello racchiudono due sfere emotive altrettanto grandi e smisurate, quanto completamente differenti. L’approccio in ogni caso deve essere sempre prudente, qualsiasi cosa si stia facendo, come naturalmente non devono mancare mai il rispetto per l’ambiente, il buon senso, l’amicizia, la semplicità e la voglia di divertirsi e stare insieme.
“La Primavera sembra portare dentro di sé un ricordo che poi, in estate, racconterà al mondo intero fin quando non sarà divenuta più saggia nel grande autunnale silenzio con cui si confida soltanto ai solitari.”
Re: Vetta si o Vetta no?
Che bella discussione
Provo a dire anche la mia da frequentatore delle montagne in ambito escursionistico.
Per me vetta no, o almeno non è quasi mai la meta. Io vedo le montagne come degli enormi e magnifici sipari-ponti con quel che c'è di la. Frequento spesso gli stessi posti senza pormi una meta particolare ma per il semplice piacere di essere in montagna e godermela con abbandono lasciando che mi stupisca e che mi sveli ancora qualche frammento di se e di me. Quando però posso progettare una bella uscita di solito la meta è un fondovalle che sta "di la". Mi piace allo stesso modo arrivare ad una vetta o ad un bel passo, perchè quel momento coincide con il momento di una nuova rivelazione, posso vedere "cose dell'altro mondo" ma sono veramente soddisfatto solo se posso anche scendere verso "l'altro mondo" e immergermici almeno per un pochino. A me piace molto scendere in un'altra valle arrivare in un paesino e incontrare qualcuno, andare a bermi una birra o a mangiare e scoprire sapori e dialetti diversi. Però il motore che alimenta tutto questo stupore è il percorso che mi ci ha condotto, la meta completa il viaggio ma il suo valore è per me sempre proporzionale al valore del viaggio stesso.
Con lo scollinamento coincidono due momenti separati dal punto di vista emozionale. Con gli ultimi metri di salita coincide l'emozione dello stupore per una nuova scoperta. Con i primi di discesa una sensazione di euforia e allo stesso tempo di adrenalina, una sensazione simile a quella che si prova tuffandosi. Nel momento dello stacco si abbandona il proprio mondo fatto di solido terreno sotto i piedi e ci si butta in un "Nuovo mondo" fatto di vuoto e acqua.
L'Appennino Ligure soddisfa molto questo mio piacere nel guardare di la perchè è un bellissimo ponte-sipario tra due mondi che trovo entrambi belli ma che sono molto diversi tra loro.
Non so se diventare alpinista cambierebbe il mio punto di vista ma avrei tanto desiderato esserlo un giorno abbastanza nuvoloso a Courmayeur con il Massiccio del Monte Bianco che si ergeva tra le nuvole passeggere come una magnifica "Fine del Mondo". Se in quel momento mi avessero chiesto cosa avrei voluto essere avrei risposto "Un Alpinista" per poter andare a vedere cosa c'è di la.
Provo a dire anche la mia da frequentatore delle montagne in ambito escursionistico.
Per me vetta no, o almeno non è quasi mai la meta. Io vedo le montagne come degli enormi e magnifici sipari-ponti con quel che c'è di la. Frequento spesso gli stessi posti senza pormi una meta particolare ma per il semplice piacere di essere in montagna e godermela con abbandono lasciando che mi stupisca e che mi sveli ancora qualche frammento di se e di me. Quando però posso progettare una bella uscita di solito la meta è un fondovalle che sta "di la". Mi piace allo stesso modo arrivare ad una vetta o ad un bel passo, perchè quel momento coincide con il momento di una nuova rivelazione, posso vedere "cose dell'altro mondo" ma sono veramente soddisfatto solo se posso anche scendere verso "l'altro mondo" e immergermici almeno per un pochino. A me piace molto scendere in un'altra valle arrivare in un paesino e incontrare qualcuno, andare a bermi una birra o a mangiare e scoprire sapori e dialetti diversi. Però il motore che alimenta tutto questo stupore è il percorso che mi ci ha condotto, la meta completa il viaggio ma il suo valore è per me sempre proporzionale al valore del viaggio stesso.
Con lo scollinamento coincidono due momenti separati dal punto di vista emozionale. Con gli ultimi metri di salita coincide l'emozione dello stupore per una nuova scoperta. Con i primi di discesa una sensazione di euforia e allo stesso tempo di adrenalina, una sensazione simile a quella che si prova tuffandosi. Nel momento dello stacco si abbandona il proprio mondo fatto di solido terreno sotto i piedi e ci si butta in un "Nuovo mondo" fatto di vuoto e acqua.
L'Appennino Ligure soddisfa molto questo mio piacere nel guardare di la perchè è un bellissimo ponte-sipario tra due mondi che trovo entrambi belli ma che sono molto diversi tra loro.
Non so se diventare alpinista cambierebbe il mio punto di vista ma avrei tanto desiderato esserlo un giorno abbastanza nuvoloso a Courmayeur con il Massiccio del Monte Bianco che si ergeva tra le nuvole passeggere come una magnifica "Fine del Mondo". Se in quel momento mi avessero chiesto cosa avrei voluto essere avrei risposto "Un Alpinista" per poter andare a vedere cosa c'è di la.
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Re: Vetta si o Vetta no?
Condivido.. diamine se condivido..!
Qualcosa di duro, bello, difficile, da guadagnare con le mie due mani ed il mio fiato, le gambe e quel poco che ho nello zaino:
senza se e senza ma, senza giustificazioni, scorciatoie, mami & papi premurosi, avvocati, servitori.. Una pacchia, una meraviglia. AMO la montagna. Non saprei immaginare la mia vita, senza!
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Re: Vetta si o Vetta no?
Non ho letto tutto-tutto ma quasi.
Vetta si o vetta no?
Dipende... ultimamente ho notato che mi piace fare gite in cui possa avere un obiettivo, che sia una vetta, un giro ad anello, una difficoltà. Quando mi capita di tornare indietro prima rispetto al programma... non nego che mi dispiaccia. Così come ho notato che raggiungere una vetta dà un valore aggiunto alla giornata.
Per quanto riguarda i torrenti, li considero smarcati solo se li completo.
Per il resto, non essendo uno specialista ma facendo un po' tutto e male non posso ambire a grandi imprese, tuttaia questo non vieta di potersi dare qualche scopo.
In ogni caso l'importante, alla fine, è esserci! Anch'io passo un sacco di tempo a progettare gite di tutti i tipi...
Ciao
Skeno
Vetta si o vetta no?
Dipende... ultimamente ho notato che mi piace fare gite in cui possa avere un obiettivo, che sia una vetta, un giro ad anello, una difficoltà. Quando mi capita di tornare indietro prima rispetto al programma... non nego che mi dispiaccia. Così come ho notato che raggiungere una vetta dà un valore aggiunto alla giornata.
Per quanto riguarda i torrenti, li considero smarcati solo se li completo.
Per il resto, non essendo uno specialista ma facendo un po' tutto e male non posso ambire a grandi imprese, tuttaia questo non vieta di potersi dare qualche scopo.
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rinunciare alla vetta
rinunciare alla vetta, vittoria o sconfitta? A voi la parola, namaste
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"...ognuno di noi, da qualche parte ha il suo Everest da scalare, qualunque nome esso porti (Wanda Rutkiewicz)
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Re: rinunciare alla vetta
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Re: rinunciare alla vetta
Penso che saper rinunciare sia un segno di grande maturitá, i motivi possono essere molteplici e tutti comunque validi.
Per me l'aver rinunciato ad una vetta é stato il motivo per cominciare ad arrampicare e la scoperta di un mondo nuovo e incredibile di cui prima non sospettavo l'esistenza!
Per me l'aver rinunciato ad una vetta é stato il motivo per cominciare ad arrampicare e la scoperta di un mondo nuovo e incredibile di cui prima non sospettavo l'esistenza!
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Re: rinunciare alla vetta
..molto difficile e frustrante...
però penso che la capacità di rinunciare a qualcosa che si vuole infinitamente, e magari da lungo tempo, e proprio appena prima.. sia quel che distingue un essere pensante e senziente da uno provvisto del solo istinto!
però penso che la capacità di rinunciare a qualcosa che si vuole infinitamente, e magari da lungo tempo, e proprio appena prima.. sia quel che distingue un essere pensante e senziente da uno provvisto del solo istinto!
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Re: rinunciare alla vetta
quando ero più giovane rinunciare alla vetta la consideravo una sconfitta, specialmente se la cima era quasi a tiro, era una delusione..era come se mi mancasse il tempo per ritentarla, studiavo vie diverse, volevo "aggredirla", poi con il passare dell'amico tempo.....le cose sono cambiate...ho dovuto imparare a rinunciare a qualche vetta (il Gran Combin l'ho tentato 5 volte, da tutte le parti, ma niente da fare , e per mi è una delle + belle montagne della Terra...) ed ora quando rinuncio ad una cima per x motivi , è una vittoria ......e chissà quante volte dovrò ritornare indietro senza la vetta in tasca.....va bene così .....l tempo aiuta a maturare a crescere ad essere umili, la montagna la natura vince sempre, namaste
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Re: rinunciare alla vetta
parole sagge Ago, come sempre ti quoto!Ago wrote:Molte volte ... saggezza

Il silenzio non si trova sulla cima delle montagne e il rumore non sta nei mercati delle città: ambedue sono nel cuore dell'uomo.
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Re: rinunciare alla vetta
La vetta non è che un momento del percorso, forse l'unico che si può rinunciare. non si può rinunciare al cammino, nè al ritorno. alla vetta si.
secondo me dipende molto dall'approccio. io di solito non dico vado sul pelvo, piuttosto che sul monviso o piuttosto sulla collina dietro casa. mi viene da dire solo vado in montagna. se poi nel percorso arrivo in cima, qualunque essa sia ovviamente sono più felice, ma se non ci arrivo mi sarò cmq goduto una bella giornata di montagna, in cui per qualsiasi motivo, legato alla mia forma, alla situazione meteo, alla montagna stessa, non era possibile (per me ovviamente) arrivare alla cima.
ovviamente questa è la mia visione personale, di uno che cmq non è un vero alpinista.
secondo me dipende molto dall'approccio. io di solito non dico vado sul pelvo, piuttosto che sul monviso o piuttosto sulla collina dietro casa. mi viene da dire solo vado in montagna. se poi nel percorso arrivo in cima, qualunque essa sia ovviamente sono più felice, ma se non ci arrivo mi sarò cmq goduto una bella giornata di montagna, in cui per qualsiasi motivo, legato alla mia forma, alla situazione meteo, alla montagna stessa, non era possibile (per me ovviamente) arrivare alla cima.
ovviamente questa è la mia visione personale, di uno che cmq non è un vero alpinista.
Il coraggio non è mai stato non avere paura,gli uomini coraggiosi affrontano le loro incertezze e le ribaltano a loro vantaggio per diventare ancora più forti
Re: rinunciare alla vetta
Ti quoto!!!!RobyValgrana wrote:La vetta non è che un momento del percorso, forse l'unico che si può rinunciare. non si può rinunciare al cammino, nè al ritorno. alla vetta si.
secondo me dipende molto dall'approccio. io di solito non dico vado sul pelvo, piuttosto che sul monviso o piuttosto sulla collina dietro casa. mi viene da dire solo vado in montagna. se poi nel percorso arrivo in cima, qualunque essa sia ovviamente sono più felice, ma se non ci arrivo mi sarò cmq goduto una bella giornata di montagna, in cui per qualsiasi motivo, legato alla mia forma, alla situazione meteo, alla montagna stessa, non era possibile (per me ovviamente) arrivare alla cima.
ovviamente questa è la mia visione personale, di uno che cmq non è un vero alpinista.

solo perdendomi nella natura ritrovo me stessa
Re: rinunciare alla vetta
anch'io....scinty wrote:Ti quoto!!!!RobyValgrana wrote:La vetta non è che un momento del percorso, forse l'unico che si può rinunciare. non si può rinunciare al cammino, nè al ritorno. alla vetta si.
secondo me dipende molto dall'approccio. io di solito non dico vado sul pelvo, piuttosto che sul monviso o piuttosto sulla collina dietro casa. mi viene da dire solo vado in montagna. se poi nel percorso arrivo in cima, qualunque essa sia ovviamente sono più felice, ma se non ci arrivo mi sarò cmq goduto una bella giornata di montagna, in cui per qualsiasi motivo, legato alla mia forma, alla situazione meteo, alla montagna stessa, non era possibile (per me ovviamente) arrivare alla cima.
ovviamente questa è la mia visione personale, di uno che cmq non è un vero alpinista.
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Re: rinunciare alla vetta
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...quoto

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Re: rinunciare alla vetta
quotoAlexander wrote:Vittoria



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Re: rinunciare alla vetta
Tornare indietro è frustrante, ma mantiene vivi...
Vittoria.

