Aspetto le fotine Nonostante qualche incivile ci sia sempre, col passare degli anni ho notato un lento ma continuo diminuire della rumenta sui monti, chissà che in un futuro non lontano possa scomparire del tutto
Il silenzio non si trova sulla cima delle montagne e il rumore non sta nei mercati delle città: ambedue sono nel cuore dell'uomo.
Lao Tse (VI sec a.C.)
gecko wrote:Nonostante qualche incivile ci sia sempre, col passare degli anni ho notato un lento ma continuo diminuire della rumenta sui monti, chissà che in un futuro non lontano possa scomparire del tutto
c'è anche chi taglia il ramo dell'albero su cui è stato posto il segnale del sentiero. A metà strada circa per salire sul Montarlone ne abbiamo visto uno. Però era girato in modo che si vedesse
Mai dire mai, secondo modelli + aggiornati (rispetto ad inizio settimana) il maltempo sembrerebbe aver anticipato e forse, ripeto forse, visto che mancano ancora 4 gg, avremo una mezza finestrella di tempo mezzo e mezzo.
Danno pieno sole per sabato, anche perchè ... dobbiamo finire il quadrato giallo! ed il giretto ideato dal Conte necessita di asciutto (o quasi)
Ciao
non avevo letto!
è stata una bellissima giornata, finalmente al terzo tentativo abbiamo calcato la vera vetta del castello fante
è vero ho fatto portare lo zaino alla scinty, ma ero funestato dai postumi di una potente sbornia presa alla festa di laurea di Roby la sera prima
Io credetti e credo la lotta con l'Alpe utile come il lavoro, nobile come un'arte, bella come una fede.
Meglio un fesso felice che un granitico scontento.
"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
L'escursione ha avuto una buona partecipazione malgrado il maltempo (20 partecipanti).
Il tempo era brutto ma la neve ottima, quindi direi che non e` andata troppo male.
Sarebbe stata peggio una bella giornata di sole con neve crostosa insciabile.
Domenica 7 marzo 2010 gita Alpepiana-Prati di Foppiano-Monte Oramara con gli allievi del corso SFE del CAI Ligure.
La gita in programma era da Vara Inferiore al Rifugio Argentea ma viste le condizioni meteo e la possibile impercorribilita` delle strade all'ultimo momento abbiamo deciso di dirigerci in Val d'Aveto.
Sotto la nevicata (ma con qualche sprazzo di sole) da Alpepiana abbiamo seguito la strada innevata fino all'accogliente rifugetto dei Prati di Foppiano per poi proseguire verso la vetta del Monte Oramara.
em wrote:Domenica 7 marzo 2010 gita Alpepiana-Prati di Foppiano-Monte Oramara con gli allievi del corso SFE del CAI Ligure.
La gita in programma era da Vara Inferiore al Rifugio Argentea ma viste le condizioni meteo e la possibile impercorribilita` delle strade all'ultimo momento abbiamo deciso di dirigerci in Val d'Aveto.
Sotto la nevicata (ma con qualche sprazzo di sole) da Alpepiana abbiamo seguito la strada innevata fino all'accogliente rifugetto dei Prati di Foppiano per poi proseguire verso la vetta del Monte Oramara.
"narratemi la regione dalla quale il figlio della montagna è sempre attratto, dove la forza dell'uomo convive con la mente aperta, dove riposano le ceneri dei padri liberi fedelmente vegliate dai figli liberi" Homines Dicti Walser
In effetti ultimamente sono stato per due volte fortunato il sabato (Bric Dame` e Monte Alfeo) e sfortunato la domenica (Passo Ertola e Monte Oramara). Comunque riuscire a trovare neve gia` ad Alpepiana, all'inizio della strada per Lovari, e` cosa rara e grazie al freddo la neve, specie in alto, era veramente bella farinosa.
em wrote:Domenica 7 marzo 2010 gita Alpepiana-Prati di Foppiano-Monte Oramara con gli allievi del corso SFE del CAI Ligure.
La gita in programma era da Vara Inferiore al Rifugio Argentea ma viste le condizioni meteo e la possibile impercorribilita` delle strade all'ultimo momento abbiamo deciso di dirigerci in Val d'Aveto.
Sotto la nevicata (ma con qualche sprazzo di sole) da Alpepiana abbiamo seguito la strada innevata fino all'accogliente rifugetto dei Prati di Foppiano per poi proseguire verso la vetta del Monte Oramara.
http://www.altavaltrebbia.net" onclick="window.open(this.href);return false; in collaborazione con l’associazione Amici di Fontanarossa, sabato 22 maggio organizza (tempo permettendo) una gita gratuita per assistere allo splendido spettacolo naturale della fioritura dei narcisi al Pian della Cavalla.
Una occasione di incontro per tutti gli amici della Comunità
Al seguente link potete vedere alcune immagini delle fioriture degli scorsi anni:http://www.altavaltrebbia.net/galleria/ ... p?album=90
Il ritrovo è previsto a Fontanarossa (frazione di Gorreto, GE) alle 10,30, colazione al sacco.
Per partecipare o chiedere informazioni inviare una e-mail a posta@altavaltrebbia.net
A causa del maltempo la gita del 15 maggio è stata annullata
....Ah!...Se tu mi amassi....?
....Ma no,... che non ti amasso!....
Anche l'Ente Parco dell'Antola organizza la gita al Pian della Cavalla. A chi può interessare (la gita del 16 è rimandata al 23 Maggio) info al link: http://www.portappennini.blogspot.com/
Sulla strada del Bracco, coi briganti alle calcagna di Pier Guido Quartero e Amedeo Ronteuroli
Nel linguaggio corrente, si usano termini come «bandito», «fuorilegge», «brigante» come se fossero sinonimi. In realtà ognuna di queste espressioni nasce con un proprio significato specifico che va a coprire aree non esattamente coincidenti tra di loro: così il «bandito» è, a rigore, colui che è stato scacciato dalla comunità, il «fuorilegge» è colui che, messo al bando o no, vive, per costrizione o per scelta, al di fuori della legge, il «brigante» (termine derivante dal francese e introdotto in Italia proprio dai francesi per indicare spregiativamente i partecipanti alla resistenza meridionale favorevole ai Borboni) è infine quel particolare tipo di fuorilegge che si caratterizza per la propensione ad assumere atteggiamenti violenti (se ci pensate, mentre è facile pensare ad un «bandito gentiluomo», di «briganti gentiluomini» nessuno ha mai sentito parlare...).
Da approfondimenti rispetto al significato originale delle parole possono sortire anche delle sorprese. Così, mentre in prima battuta viene spontaneo associare il termine «bandito» alla parola «banda» (qualcuno si ricorda di Stanlio e Ollio? «Ohhhhh, Stenlio!! Una benda di benditi!!!»), i due termini, pur ricollegandosi entrambi all'azione di bandire, in realtà ne rispecchiano due aspetti contrapposti, collegandosi il primo al soggetto passivo di colui che subisce il bando e il secondo alla figura del banditore (con relativo accompagnamento di trombe e tamburi). Un'origine abbastanza caratteristica è ipotizzabile anche per un altro termine attiguo, oggi meno usuale: i «masnadieri» di schilleriana (e weberiana) memoria dovrebbero derivare il proprio nome dallo spagnolo «mas nada» (più nulla), ad indicare persone che non hanno più nulla da perdere tranne la vita.
Fatta questa prima, noiosa premessa, il quadro che intendiamo tratteggiare qui riguarda essenzialmente persone di briganti che tra il XIX e il XX secolo hanno operato (da sole o, più spesso, insieme ad altre) con grassazioni e violenze in quelle aree del territorio ligure che, per le difficoltà di accesso, erano più o meno sottratte alle possibilità di controllo dell'Autorità costituita. Tutto ciò a prescindere da una possibile connotazione «sociale» in stile Passator Cortese, che nasce da una visione romantica più vicina alla leggenda che alla realtà.
Una seconda premessa, forse un po’ meno noiosa, riguarda la connotazione dell'area ligure come possibile ambito di sviluppo del brigantaggio. Sotto questo profilo, se la configurazione geografica di terra di frontiera montagnosa e ricoperta da boschi e foreste costituiva un habitat favorevole, nel periodo medioevale la presenza di una forte città stato orientata al commercio internazionale aveva costituito elemento di forte contrasto ad un tale sviluppo, essendo il controllo delle vie di comunicazione circostanti fondamentale per l'economia della Superba.
Ciò non significa che attività di brigantaggio non fiorissero in Liguria, ma ciò avveniva assai più sul mare che sulla terraferma. Intanto rientrava negli usi di mare a quei tempi che le spedizioni commerciali integrassero all'occasione il frutto delle proprie operazioni legittime con azioni piratesche a danno di imbarcazioni incontrate sulla propria rotta. Si arrivava al punto che neppure le navi battenti la bandiera di San Giorgio venivano risparmiate dai concittadini. Famosi in questo senso i fratelli Gattilusio della Maona di Mitilene, che nel XV secolo diedero alla Repubblica un bel po’ di grattacapi (e peraltro è opportuno ricordare che donne della famiglia Gattilusio andarono spose agli imperatori di Bisanzio...). Non molto tempo dopo un altro personaggio, Paolo Fregoso, riuscì nel corso della propria vita ad alternare i ruoli di Doge, corsaro e pirata e Vescovo-Conte... I punti della costa ligure più infestati dai pirati erano nell'area di Monaco (da dove i Grimaldi, trasferitisi definitivamente dopo l'avvento del Dogato avvenuto con Simone Boccanegra, non disdegnavano di lanciare le loro fuste verso le imbarcazioni che praticavano il piccolo cabotaggio tra Genova ed Aigues Mortes) e in quella dove oggi sorge La Spezia: Porto Venere era a quei tempi un noto centro di raccolta, scambio e smistamento della refurtiva derivante dalle spedizioni piratesche. Del resto, chi la fa l'aspetti: sia le coste che le spedizioni commerciali della Repubblica erano a loro volta soggette ad azioni analoghe da parte altrui, e soprattutto dei saraceni in un primo tempo e dei turchi poi. Il tutto con cambi di fronte relativamente frequenti: qui vale la pena di ricordare quel membro della famiglia Cicala, poi cantato da Fabrizio De André, che divenne ammiraglio della flotta della mezzaluna con il nome di Sinan Capudan Pascià.
Sul territorio genovese, invece, l'esercizio di attività brigantesche era ridotto ai minimi termini, a causa del controllo attento delle vie di comunicazione necessario sia per il trasferimento di merci oltre i valichi appenninici, vigilati, oltre che dalla Repubblica, dalle famiglie Spinola (buona parte dell'area dell’oltre-Giovo apparteneva al c.d. Stato Spinolino) e Fieschi, sia per garantire quel monopolio del sale che costituì fino al settecento una delle più cospicue fonti di entrata della Superba. Non risultano quindi storicamente, sul territorio, attività di brigantaggio organizzato, al di là di un endemico piccolo contrabbando e del supporto logistico a ricercati che volessero sfuggire oltre confine. Questo, se si pensa ad un brigantaggio derivante da disagio sociale, e quindi espressione dei ceti popolari. Un brigantaggio di diversa origine, finalizzato ad impinguare le casse di signorotti locali, ha sempre avuto, ieri come oggi, i suoi ampi spazi. Un episodio esemplare in questo senso avvenne nel 1416 in Val di Vara, vicino a Brugnato: Oderico Biassa, figlio di un nobile spezzino, Commissario delle Cinque Terre per conto della Repubblica di Genova, venne aggredito ed ucciso da quattordici banditi mentre stava recandosi a Zignago per indagare sulla morte di alcuni pellegrini della via Romea, uccisi e depredati poco tempo prima. A capeggiare la banda era il Marchese di Villafranca, Gabriello Malaspina, che voleva così evitare che venisse accertata la sua disdicevole abitudine di spogliare i pellegrini di passaggio sulle sue terre. Val la pena di prender nota che la Repubblica, seccatissima per quanto avvenuto, mandò a punire i Malaspina un Battista di Campo Fregoso (dello stesso sangue di quel Paolo, vescovo, doge e pirata di cui si è parlato sopra), che ripulì la Valle di Vara con grandissimo zelo.
Va detto, peraltro, che questa parte del territorio ligure ambientata nel ponente, per la sua conformazione selvaggia, è risultata storicamente la più favorevole al brigantaggio: un altro episodio riportato dalle cronache riguarda il 1659, anno in cui venne arrestata una banda che infestava la zona e aveva il proprio covo nell'osteria di Bozzolo, una frazione di Brugnato. La parte curiosa della storia riguarda ciò che accadde successivamente all'arresto. Infatti, nel numero delle persone assicurate alla giustizia non erano compresi i capi della banda (due fratelli di nome Giovanni Battista e Antonio Arbasetti), che mascheravano il proprio ruolo dietro quello di esercenti dell'osteria. Le pratiche criminali pertanto proseguirono, finché la popolazione locale, stanca di subirle, provvide per proprio conto alla cattura dei due delinquenti, che furono consegnati alle autorità. A questo punto i due fratelli, per evitare una sicura condanna all'impiccagione da parte del tribunale di Levanto, tentarono di salvarsi eccependo il proprio status di «chierici», in quanto da bambini avevano ricevuto la tonsura e l'imposizione della cotta, con un rito rimasto in vita fino al Concilio Vaticano II. Si ricorda, ad onore del Vescovo di Brugnato Giovanni Battista Paggi, che questi, dopo aver chiesto in un primo tempo al Senato genovese l'assoggettamento dei due alla propria giurisdizione, ad una successiva verifica dei fatti si rese conto della vita realmente condotta dagli Arbasetti e ritenne, anche per l'abbandono avvenuto da tempo da parte di questi delle pratiche formali proprie dello status che essi accampavano, di non poterli più considerare come dei chierici. Alla fine i due briganti penzolarono dalla forca che si ergeva sulle alture che dominano Levanto.
Bande di professionisti delle dimensioni di quella di Brugnato dovevano essere abbastanza rare. Più facilmente gli atti di brigantaggio, anche in altre parti della Liguria, erano commessi da contadini con la pancia troppo vuota. A quest'ultima tipologia vanno probabilmente ascritti i protagonisti del western casereccio che raccontiamo nelle righe che seguono, tratto dalle filze criminali del Castello di Torriglia.
Nel Maggio 1685, alcuni banditi mascherati (quattro o cinque, a seconda delle testimonianze) armati di archibugi assalirono presso Barbagelata un gruppo di mulattieri originari della Val Trebbia, in aiuto dei quali, dopo un primo scambio di colpi d'arma da fuoco, sopravvennero altri mulattieri piacentini che, come i primi, stavano tornando dal mercato del grano di Monleone. Sfortunatamente, un po’ per la concitazione e un po’ per l'oscurità della sera ormai incombente, uno dei soccorritori fu ferito dagli assaliti. Malgrado ciò l'inseguimento dei briganti, ormai in fuga a causa del numero preponderante degli avversari, che disponevano anche di cani da caccia, proseguì con discreto successo, tanto che alla fine due di loro furono catturati a Sbarbari, in Val d'Aveto, e riconosciuti come abitanti di Caorsi. Rinchiusi nel Castello di Santo Stefano, sotto la giurisdizione del Marchese Doria, furono condannati a cinque anni di esilio.
Avvicinandoci ai giorni nostri, incontriamo su un territorio confinante con la Val Trebbia, la Val Bisagno, una figura di brigante classico: Giuseppe «Pipin» Musso, detto «o Diao» (il Diavolo). Giovane contadino originario della Fontanabuona, vissuto tra fine settecento e primi anni dell'ottocento, il Diavolo guidava una banda che rapinava ed uccideva con brutalità, terrorizzando gli abitanti della valle. Uno dei punti d'incontro della banda era a Corte Lambruschini. All'apice della carriera, incuteva un tale timore che poté permettersi di guidare la processione della Madonna del Carmine, a Molassana, armato di tutto punto ma con una candela in mano. Altro aneddoto che lo riguarda si riferisce alla tutela legale per il proprio cognato, prigioniero e sottoposto a giudizio, da lui ottenuta promettendo all'Avv. Bartolomeo Mangini (poi divenuto noto come «l'Avvocato dei Briganti») di riservargli lo stesso trattamento che le Autorità avrebbero dedicato all'imputato. Il Mangini riuscì, in qualche modo, ad aver salva la vita del proprio indesiderato cliente, e ne ebbe in cambio che da allora, nello stesso punto dove aveva avuto il primo incontro col Diavolo, trovò sempre ad attenderlo una scorta che gli consentì di percorrere la strada fino a Fontanarossa, suo paese d'origine, senza alcun disturbo. Si era verso il 1805: anni di dominazione napoleonica. Il nostro brigante si pose al servizio degli inglesi e così, un po’ per la caccia che gli davano i francesi, un po’ perché la popolazione locale era stufa di sopportare i suoi soprusi, pensò bene di trasferirsi altrove. A Trieste, dove progettava di poter rilanciare la propria carriera, fu invece catturato in breve tempo e riportato a Genova, dove fu processato e condannato a morte. L'esecuzione, che affrontò coraggiosamente dopo aver voluto - malgrado il soprannome - i sacramenti, si tenne in Sant'Agata, vicino all'Oratorio delle Olivette, alle ore 11 del 19 Novembre 1805. Pipin Musso aveva allora 26 anni.
Verso la fine dell'ottocento, un altro delinquente ebbe gli onori della cronaca. Operava anch'egli in un'area alle spalle di Genova, appena più a Levante: si trattava delle colline di Quezzi ed Apparizione e della zona di Pianderlino. Lo Sbirretto, questo era il nomignolo che il pubblico gli aveva attribuito, non era un violento, e il suo «core business» era incentrato sui furti. Divenne popolare dopo che, nel 1883, la «Domenica del Corriere» e la «Tribuna illustrata» ne ebbero pubblicato il ritratto (e ciò malgrado non si sia mai giunti ad un formale accertamento della sua reale identità). Il suo soprannome veniva anche utilizzato all'interno di strofette utilizzate dalla gente per prendere in giro le autorità. Per colmo dell'irrisione, quando l'aria cominciò a farsi troppo calda lo Sbirretto ebbe l'abilità di scomparire senza lasciar traccia, cosicché nessuno ha mai saputo chi si celasse dietro a questo soprannome.
Nei primi decenni del XX secolo, un nuovo nome ha gli onori della cronaca nera. E' originario di Novi Ligure, ma il ponente della nostra regione è l'area dove opera in prevalenza, anche se la sua epopea lo porterà, oltre che in Piemonte e Lombardia, anche in Francia, Belgio e Germania. Sante Decimo Pollastro nasce nel 1899 e dimostra subito un'indole ribelle. Sono anni di sogni di rinnovamento, in cui ci si può illudere di cambiare il mondo. L'incontro con il poeta anarchico Renzo Novatore orienta in modo definitivo la formazione ideologica di Sante, che tra il 1920 e il 1927 guiderà la sua banda ad una serie di imprese criminali con qualche connotazione politico sociale, solo parzialmente contraddetta dall'amore per il lusso e le donne. Di lui è nota anche l'amicizia verso il compaesano Girardengo, cantata da De Gregori nella canzone «Il bandito e il campione». Catturato a Parigi per il tradimento di Mariette, una delle sue donnine, verrà condannato ad una lunga pena ed infine graziato. Tornerà quindi nella sua Novi dove vivrà fino al 1979, dopo aver esercitato per alcuni anni il commercio ambulante in bicicletta.
E finalmente arriviamo al Bracco. Abbiamo già visto nella prima parte di questo lavoro come il levante ligure si sia configurato, fin dal medio evo, come una zona assai propizia al brigantaggio in ogni sua forma. Ciò è tanto vero che si può dire che le ultime figure di briganti nel senso tradizionale del termine si sono mostrate proprio in quest'area negli anni disordinati del primo dopoguerra, tra il 1946 e il 1948. Approfittando della pendenza dei tornanti della strada che si arrampica fino al Passo del Bracco lungo il tracciato della vecchia Via Aurelia, i fuorilegge avevano buon gioco nel fermare i viaggiatori di passaggio per depredarli: già nel 1582 si racconta di un assalto al corriere postale proveniente da Roma, e la fila degli episodi è lunga, tanto che nel 1600 e poi nel 1773 vengono assunte dalle autorità misure eccezionali per arginare il fenomeno.
Da Il Giornale del 24 Dicembre 2009
....Ah!...Se tu mi amassi....?
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Quella volta che Pertini venne assalito dai briganti di Pier Guido Quartero e Amedeo Ronteuroli
Uno dei modi più sicuri per affrontare il tragitto era quello di mettersi in carovana, in modo che il numero dissuadesse potenziali assalitori, ma non sempre la cosa funzionava; così, per venire ai giorni nostri, avvenne che nel 1945 una colonna scortata da Carabinieri e polizia e i suoi componenti, tra cui alcune signore, furono depredati di tutti gli averi, compresi i vestiti, sotto lo sguardo impotente delle forze dell'ordine, tenute a bada dalle armi spianate dei briganti.
Solo un anno dopo, anche ad un futuro Presidente della Repubblica, l'allora ancor giovane Sandro Pertini, toccò di essere fermato e depredato sul Bracco: in quell'occasione (erano le cinque e mezza del mattino del 30 maggio 1946) si trattava di due soggetti, probabilmente superstiti della banda del Manzo di cui si parla al prossimo paragrafo, che si impadronirono di un orologio d'oro, diciottomila lire ed una pistola.
In quel periodo, le bande che controllavano il percorso erano due: quella del Manzo e quella del Tullio. Il luogo preferito per gli agguati era vicino a Mattarana, e le armi utilizzate erano per lo più di provenienza militare: pistole e Sten tedeschi e anche un '91. Il Manzo, cioè Dario Torri - nato a Tresana in Lunigiana nel 1922 - , fu arrestato con i suoi compagni il 7 febbraio 1946 e, dopo una serie rocambolesca di evasioni e nuove catture, ebbe venticinque anni di carcere, mentre il suo luogotenente, Ferrante Madoni, ne ebbe ventinove. Entrambi, come buona parte degli altri componenti della banda, erano ex partigiani della brigata Cento Croci, che si era battuta eroicamente contro i nazifascisti. Il Tullio invece, anch'egli ex partigiano nelle brigate Vanni e Muccini, venne condannato a 15 anni di carcere quando, dopo una serie di rapine, fu catturato in Lunigiana, dove era sconfinato. La sua banda prese complessivamente altri 165 anni. Sia il Manzo che il Tullio, pur ammettendo di aver compiuto diverse rapine, per molte altre esclusero la propria responsabilità, sicché non è escluso che molti fatti siano stati commessi più o meno occasionalmente da altri. In particolare molti dei crimini attribuiti al Manzo potrebbero in realtà essere stati opera di una banda composta da 51 persone (di provenienza locale ma anche genovese ed emiliana) operante su un territorio che aveva come epicentro Varese Ligure, che fu sgominata dai carabinieri nel 1948.
Vale la pena di ricordare ancora tre personaggi che col Bracco hanno dei punti di contatto. Il primo è Ottorino Schiasselloni, vulgo «Pinzo». Personaggio assai discusso, esaltato come eroe resistenziale da alcuni e dipinto da altri come un delinquente senza scrupoli, che avrebbe approfittato della propria appartenenza alle brigate partigiane per coprire un'attività banditesca. Quello che è certo è che il Pinzo aveva una mira infallibile e la adoperò per commettere almeno uno dei dieci omicidi contestatigli, come accertò la sentenza del Tribunale di Torino che nel 1948 lo condannò a tredici anni di carcere.
Il secondo è il napoletano Giuseppe La Marca. Questi aveva già sostenuto con notevoli risultati la propria carriera criminale nella città d'origine, ma si era visto costretto a cambiare aria a seguito di alcune disavventure. Trasferitosi a La Spezia insieme ad una bruna assai vistosa, vi passò qualche mese facendo la bella vita, intenzionato a trovarsi uno… spazio operativo sul Bracco, che gli appariva congeniale alle nuove attività che intendeva intraprendere. Fu tuttavia arrestato, prima di poter passare all'azione, pare a causa del tradimento della moglie, la quale non avrebbe gradito la presenza al suo fianco della bella mora che lo aveva accompagnato.
In ultimo, ricordiamo un delinquente, di nome Primo Cerri, detto «Pisa» per via della città dove ebbe nascita. Costui, dopo aver tenuto una vita da fuorilegge fino ai tempi della guerra, alla fine di questa - in qualche modo rinato a vita civile - si era sposato con una ragazza di buona famiglia di La Spezia. Dopo pochi mesi, tuttavia, abbandonò la moglie e commise una serie di crimini spietati, sul Bracco e in altre località di quel territorio, sempre con lo stesso modus operandi: chiedeva ad un taxista di essere trasportato fuori città e poi lo depredava, uccidendo senza alcuna remora chiunque mostrasse anche il minimo cenno di resistenza. In queste imprese è aiutato da un compare, di nome Remo Salvini. Occasionalmente è accompagnato anche da donne che si alternano al suo fianco. In poco più di un mese vengono aggrediti sei autisti, due dei quali vengono uccisi. La polizia però ormai lo ha identificato e lo cerca. Il due settembre 1946 la sua auto incappa in un posto di blocco: viene catturato insieme al suo socio. Come si sia giunti alla cattura non è chiaro: la dinamica degli eventi fa supporre che ci sia stata una soffiata, probabilmente di una delle tante donne del Pisa. Anche una serie di altri personaggi di contorno vengono successivamente arrestati, e nel novembre 1949 si arriva finalmente al processo davanti alla Corte d'Assise di La Spezia: il 12 novembre Cerri viene condannato all'ergastolo e il Salvini a 26 anni. Un terzo complice, Enzo Vincenzi, forse in realtà già ucciso dal Pisa, viene condannato in contumacia a 24 anni.
Nell'Aprile 1951 un terzetto composto di due uomini ed una donna tenta di ripetere le gesta del Pisa, accordandosi con un autista genovese perché li porti in Versilia. Giunti in località Tre Pali, sul Bracco, lo rapinano e gli sparano, per fortuna senza ucciderlo, dopo avergli retoricamente annunciato che «La banda del Bracco vive ancora». Dopo aver tentato di rivendere il taxi a Viareggio, i tre criminali (Salvatore Lazzarini di Viareggio, Renzo Brusarocco e Eufemia Zorzo di Vicenza) verranno arrestati nel livornese.
L'ultima uccisione avvenuta sul Bracco è del 1950: un francese, di nome Martin Durban, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma insieme alla moglie e ad un sacerdote, avendo reagito al tentativo di rapina, venne ammazzato. Gli assassini, due fratelli di nome Rossi, furono poi condannati a ventotto e ventitrè anni. Recentemente una coppia di turisti, ancora francesi, è stata rapinata in zona Bracco nell'estate del 2005, ma, anche se l'episodio criminale ha indotto i giornali a rispolverare tutte le vecchie storie, il contesto è ormai radicalmente cambiato e questo fatto non può essere fatto rientrare nella stessa tipologia degli altri di cui abbiamo vi abbiamo raccontato sopra.
Da Il Giornale del 27 Dicembre 2009
....Ah!...Se tu mi amassi....?
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Copio ed incollo un comunicato stampa ricevuto per e-mail in data odierna, dal Parco dell'Antola.
Narcisi nel Parco
02 giugno 2010
Parco dell'Antola, 2 giugno 2010.
Il parco dell'Antola desidera condividere con il vasto pubblico dei media una delle proprie bellezze e peculiarita': si tratta della fioritura primaverile dei narcisi (narcissus poeticus) che come ogni anno imbianca le praterie di quota del monte Antola e delle montagne vicine al di sopra dei 1300 m. Di quota, in particolare nelle zone di Casa del Romano, monte della Cavalla e monte Buio.
Quest'anno, a causa di una primavera piuttosto tardiva, la fioritura che normalmente avviene intorno alla meta' di maggio e' iniziata in ritardo e si protrarra' fino a tutta la prima settimana di giugno consentendo a molti escursionisti di poterla ammirare.
L'Ente Parco Antola, invitando escursionisti e turisti a visitare le praterie fiorite di narcisi, raccomanda a tutti di evitarne la raccolta limitandosi ad osservare e fotografare e di accedere esclusivamente attraverso i percorsi pedonali evitando l'utilizzo di mezzi fuoristrada, di non avvicinare e non disturbare gli animali selvatici e domestici e di rispettare il lavoro dei contadini, grazie alla cui opera vengono mantenute di anno in anno queste magnifiche distese di verde.
Grazie e cordiali saluti
Roberto Costa
....Ah!...Se tu mi amassi....?
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Oltre ai doverosi (e scontati) ringraziamenti a tutti i partecipanti della 24°Giornata Nazionale dell'Escursionismo, posto qualche scatto dell'evento, considerando che siamo riusciti a farle nei momenti di "stanca" e di minore affluenza. Se qualcun'altro volesse aggiungere, please & thx.
Hola....
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Lao Tse (VI sec a.C.)
Riesumo questo 3d per aggiornarVi di qualche novità trebbiana. Intanto siamo riusciti a rubare qualche scatto ad una femmina di lupo di circa un annetto che si è concessa all'obiettivo di un amico.
Assieme al 3d abbiamo riesumato anche un sito dove bambini e neofiti potranno prendere un primo contatto con la roccia trebbiana (...e definirla roccia è già una parola grossa, ancora più grossa sarebbe chiamarlo, che so, sito d'arrampicata? falesia? (AHAH) Boulder?.... Diciamo che son tre massi dove nei punti più alti abbiamo messo delle soste (chiodi e cordoni) per provare a scalare con un minimo di sicurezza) ma non pensiate che sia "solo" terreno di gioco per i più piccoli od inesperti, infatti non mancano strapiombetti, microtacche e movimenti esplosivi...purtroppo in versione bonsai!
1 minuto di avvicinamento, microanfiteatro naturale a 10 minuti dal paese, successivamente un minimo implementabile; se ci andate ora è ancora un po' incasinato tra residui di potature e disgaggi vari, ma si riesce a scalicchiare. Appena riusciamo facciamo un po' d'ordine
Qualche scatto del Groppu Tognean:
Immancabile foto di "vetta" con stretta di mano vagamente goliardica...
Abbiamo altra "carne al fuoco" forse degna di essere evidenziata nell'apposita sezione Arrampicata e non mancheremo di farlo a lavori ultimati. Sia roba facile che molto più difficile.
Questo sito però è ancora coperto da segreto istruttorio non essendo ancora ultimato e liberato solo in parte.
Saluti
OLUM
....Ah!...Se tu mi amassi....?
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Roberto me ne aveva parlato anni addietro di "un posto su da me" ....
con Fabio ci eravamo sempre riproposti di farci un salto, come in tanti altri, purtroppo non siamo mai riusciti a combinare
se il tempo regge mi vien voglia di venire uno di questi giorni a far "visita"
Walter1 wrote:ooooohhhh !!!!!
complimenti per le opere !!!
Roberto me ne aveva parlato anni addietro di "un posto su da me" ....
con Fabio ci eravamo sempre riproposti di farci un salto, come in tanti altri, purtroppo non siamo mai riusciti a combinare
se il tempo regge mi vien voglia di venire uno di questi giorni a far "visita"
Uomo di parola...
Simpatica rimpatriata:
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Metto 2 scatti per i "nostalgici" sulle condizioni delle Lungaie, non ci sarà più la baita dell'Eremita (pace all'anima sua) ma Matte'&C. si son dati da fare per renderle un minimo più accoglienti, spero continuino sulla stessa riga (avevano parlato di erigere un nuovo rifugetto, ma non se ne sa più niente, tutti nicchiano)
Ciao
OLUM
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