Ed infatti, il re delle Apuane, montagna bella e imponente e meta ambita da tutti gli alpinisti, è anche la più impegnativa. La Mirandola è una via di salita per cresta lunga e complessa che rappresenta, in inverno, un magnifico ed arduo itinerario sicuramente di prim’ordine, tra i più interessanti in Apuane, ed era una vetta da lungo tempo nei sogni di Alec, quasi fin dall’inizio della sua carriera alpinistica, questo suo sogno è diventato realtà con la salita realizzata assieme il 2 Aprile 2010, proprio per questo itinerario.
Partimmo da Genova all’ormai canonico e piacevole orario delle 3.30, anche stavolta il lavoro mi aveva protratto immancabilmente ad andare a dormire alle 23.30 passate… ma l’eccitazione per la salita mi tenne sveglio durante il viaggio di andata, crollerò senza complimenti in quello di ritorno (sfiancato dalla lunga camminata), lasciando volentieri il volante ad Alec.

In poco più di due ore, arrivati a Gorfigliano, sostammo nel piazzale presso la vecchia chiesa e, dato che era ancora buio, decidemmo di attendere che schiarisse quel poco da vedere dove mettere i piedi, in fondo una mezz’ora di sonno in più non dispiacque a nessuno dei due. Appena l’oscurità del cielo mutò in un lieve e timido violaceo, ci mettemmo in marcia accompagnati dall’inquietante buongiorno di una civetta e dal curioso canto dell’allocco, prontamente tacitati dai soliti fuochi d’artificio ormai di repertorio.

Percorrendo una rotabile sterrata, che aggira da Nord il Monte Calamaio (dalla sua somiglianza con l’oggetto)fino al Pianoro erboso del Pianellaccio (occhio e croce direi non prima una quarantina di minuti di cammino dall’inizio della sterrata), piegammo poi a sinistra risalendo alla meglio il bosco, fino a ritrovare più in alto una traccia di sentiero, marcato da rari bolli gialli in parte sbiaditi e di non facile individuazione). Può altresì essere utile orientarsi seguendo il cavo d’acciaio di una vecchia teleferica che attraversa il bosco dall’inizio del sentiero praticamente quasi al termine della faggeta.
La Chiesa vecchia di Gorfigliano (un'atmosfera degna del "Nome della Rosa")
su per il bosco sopra i prati del Pianellaccio
La lotta con l’Alpe inizia da qui, neve non trasformata ci ha obbligato a batter traccia mettendo subito alla prova le nostre energie ed il nostro allenamento. Risalimmo pendii e avvallamenti ed infine un ripido canale ci portò ad un colletto a monte della quota 1673 dove inizia la parte più impegnativa della cresta. La grande quantità di neve ci ha notevolmente rallentato nell’avvicinamento, dalla macchina al colletto abbiamo impiegato circa quattro ore. Con neve trasformata e con la traccia già fatta i tempi sarebbero stati dimezzati.
Su per gli erti pendii.. verso l'attacco
Versante nord del Pisanino al sol nascente
La vista del Pisanino in grandi condizioni invernali, con le sue pareti spolverate di bianco in quello splendido contrasto neve-roccia, mi disse poi Alec, fu un grande stimolo che fece da mordente alla salita.
La splendida e ardua Cresta della Mirandola
Ramingo cammello delle nevi... su neve intonsa durante l'avvicinamento al colletto oltre la q.1673
le nostre tracce firmano la splendida salita
Alec impegnato sul ripido
Abbiamo attaccato un primo salto di rocce marce miste a paleo e neve fresca: è il tiro di apertura di Alec! Attesi di vederlo superare il passaggio roccioso e che trovasse un comodo punto ove sostare. Superato il passaggio Alec dovette affrontare un primo ripido pendio innevato. La corda scorreva sulla mia costante sicura sino a che ne restarono una decina di metri… urlai ad Alec che di corda ne restava più poca, ma non ottenni risposta, era lontano e non mi sentiva o più probabilmente il vento rapì il suono della mia voce disperdendolo chissà dove… allora optai per qualche lieve strattone, che Alec avvertì. Molto flebile e lontano lo sentii vociare: “quanta corda ho ancora?” Gli risposi “7 metri” …. Di nuovo non ottenni risposta, non so se avesse capito! La corda scorreva ancora… preoccupato guardai la matassa che diminuiva a vista d’occhio, però capii, dalla velocità in cui essa scorreva, che Alec doveva trovarsi sul facile, allora assestai un altro debole strattone. Di nuovo la voce di Alec rispose “me ne servono ancora 5 metri” … “non li hai” gli rimandai con tutta la voce che avevo in corpo.. la corda volgeva al termine ed io, allungandomi fin quasi alla sosta e lasciandone fuori quel tanto da permettergli un’eventuale manovra, gli diedi l’alt bloccando. Poco dopo lo sentii urlare e solo per intuito ed assonanza riuscii a capire che mi aveva urlato “molla”. Liberai la corda e la seguii mentre veniva recuperata… poco dopo, con l’orecchio teso, è con gioia che lo sentii scandire un sospirato ed atteso “vieni”… irruppi con un sonoro “ok” a pieni polmoni e mi apprestai ad iniziare la scalata al Pisanino.

Superati due passaggini rocciosi non particolarmente tecnici, ma delicati per la qualità della roccia, mi apprestai a salire un ripido pendio nevoso, la neve era dura e si saliva bene. Finalmente scorsi più in alto, ben accomodato su un panettone di neve, la sagoma di Alec che recuperava e lo raggiunsi sbuffando per l’accoglienza che il Pisanino ci stava riservando.
Completiamo in conserva la salita dell’irto pendio nevoso fino a raggiungere un tratto più comodo ove la cresta spianava. Aggirammo allora a destra, un gradino e, con un traverso piuttosto inclinato, guadagnammo una rassicurante sosta a spit alla base di un erto canale.
Sul traverso dopo il I tiro
Alec mi porse così la staffetta per il secondo tiro che aprii con vera gioia e determinazione. In Apuane i declivi sono quasi tutti molto ripidi, alcuni dei quali con impressionanti esposizioni. Le piccozze ed i ramponi facevano il loro e procedetti salendo di buona lena verso una marcata fascia rocciosa, ove secondo la relazione avrebbe dovuto trovarsi una sosta a chiodi che, vista la quantità di neve presente, con tutta probabilità, immaginavamo sepolta. Infatti, man mano che mi avvicinai alle rocce, non vidi alcun chiodo nè scorsi alcun cordino. La voce di Alec mi avvertì che mancavano pochi metri di corda, pochi per portarmi al di sopra delle rocce, oltre un altro canaletto. Decisi pertanto di fermarmi sotto un anfratto di roccia ove il vento aveva creato un bell’ammasso di neve, piantai la piccozza e con la fettuccia allestii la sosta. Mi portai un metro e mezzo più in basso, controllandone la stabilità con un energico strattone e, non vedendola muoversi di un millimetro, recuperai Alec.
Alec sul II tiro
A lui lasciai volentieri il tiro successivo, un po’ per risparmiare tempo (dato che io ero già in sosta) e poi perché esso era ancor più verticale con tratti d’erba affioranti e ghiaccio e mi spiaceva non lasciare ad Alec la gioia di provarselo da primo

La fascia rocciosa al termine del II tiro - la sosta è stata effettuata sotto le rocce a sinistra del canalino con erba e rocce affioranti che si intravede a destra della fascia rocciosa
Tra qualche imprecazione lo superò bene e anch’io non ebbi grandi problemi di risalita, mi fidai della presa sulle punte dei ramponi e spinsi con bel movimento, come fossi in parete…. Per averlo creduto più arduo, sorrisi subito nel superare il passaggio (anche se non era banale) doveva essere sicuramente oltre i 60°, perché salendo avevamo la parete praticamente in faccia

Superato questo tiro, ci trovammo quindi alla base del canale di uscita dove ripresi il comando salendo ancora su neve, questa volta alquanto farinosa.
Panoramica sul Cavallo
Il Pizzo d'Uccello dalla cresta della Mirandola
Cresta sommitale.. in vista della vetta
Giunti sulla cresta sommitale ed al colletto, sul quale, dall’altro versante, sbuca il Canale delle Rose (via normale) procedemmo di conserva lungo le asperità rocciose, in un saliscendi di piccoli e medi salti di roccia e ghiaccio (un vero e proprio versante Nord) sino alla tanto agognata vetta!
Alec in vetta al Pisanino contempla soddisfatto il panorama
...ed il sottoscritto altrettanto soddisfatto della conquista
Un vento gelido spazzava la cima del re delle Apuane.
Nonostante il freddo, ci godemmo con meritata soddisfazione quel magnifico orizzonte panoramico sul bacino del Serchio, sul dirimpettaio Pizzo d’Uccello, meraviglioso e fiero, sul Cavallo e sugli Zucchi di Cardeto. Affascinante anche il colpo d’occhio sull’altrettanto elegante cresta della Bagola Bianca, sembrava di essere nella mitica foto di Euro Montagna contenuta nell’altrettanto mitico volume CAI-TCI sulle Alpi Apuane.
La severa cresta della Mirandola
Gli Zucchi di Cardeto
Alec in vetta posa davanti alla cresta appena percorsa
Piccola nota d'orgoglio: Prima di scendere, nel disseppellire dalla neve il diario di vetta per apporre le nostre firme, scoprimmo che eravamo stati la seconda cordata a salire quest’inverno sul Pisanino. Ci aveva preceduto una cordata del CAI di Rapallo – Sottosezione di Uscio, i quali sono saliti per la Bagola Bianca il 14 Marzo 2010.
Prima di loro l’ultima cordata di cui si ha notizia è salita nel mese di Ottobre 2009.
la cresta della Bagola Bianca
Cresta NE della Mirandola
panoramica sulla Valle del Serchio
Anche la discesa ha presentato non poche difficoltà. Tornati al colletto di uscita scendemmo il canale già percorso in salita continuando poi dritti in direzione di un isolato alberello (discesa delicata per la ripidezza del pendio e per la notevole esposizione sul salto sottostante). Dall’alberello ci si cala per 60 metri in doppia sfruttando un cordino con moschettone già presente (necessarie due mezze corde) e, superato il salto di roccia, si atterra su un ripido pendio. Qui ci slegammo riponendo le corde e poi, vista la persistente neve dura, optammo di scendere faccia a monte per un bel tratto. Non conoscendo il percorso e non essendoci tracce, inizialmente fummo tentati di scendere dritti verso la conca sottostante, ma ad un più attento esame, ci sembrava potessero nascondersi alla vista pericolosi salti di roccia. Fortunatamente Alec ebbe la brillante idea
