Dato per certo da tutti i siti meteo, ma proprio tutti, che domenica non una nuvola avrebbe offuscato il cielo decidiamo di spenderla per il meglio, camminando per panoramicissimo crinale.
Sì. ma quale? Dopo ampia ed approfondita selezione la scelta ricade sul tratto Frontè-Saccarello, sì ma da dove?
Optiamo per il classico, perché fa fine e non impegna, Colle di San Bernardo seguendo l’Alta Via, ma come vedremo le cose non andranno proprio come progettato.
Innanzi tutto scopro la sera prima che l’Alta via ha cambiato percorso per raggiungere il passo Frontè dal Colle San Bernardo, ora ci si tiene sul versante del Tanarello e non più su quello dell’Arroscia, evitando di percorrere il lungo tratto di strada sterrata fino alle case Penna.
Alla partenza incontriamo un manipolo del CAI Loano (col quale poi bene o male faremo l’intera gita) il cui capo ci conferma che il nuovo percorso è evidente e ben segnalato mentre sconsiglia di percorrere il “vecchio” perché ormai cancellato dalle tracce del bestiame.
Dal Colle (1263m) cominciamo così a salire in un bel bosco per circa un’ora, sbucando in prossimità della Margheria Garlenda (1593 m) da cui si ha una bella vista sulle principali vette della val Tanaro.
Poi si gira a sinistra risalendo un’ampia conca pascoliva, che noi risaliamo fino a metà ma poi avvistiamo una consistente mandria di vacche e vitelli che scendono al galoppo verso di noi, richiamati o spaventati da non saprei cosa.
Per evitare di essere travolti ci spostiamo verso DESTRA, anche perché la direzione del Frontè è a OVEST, e poi c’è un bel sentiero che risale nel bosco proprio come nella descrizione letta alla partenza.
Alla partenza. Un’ora e mezza prima. Forse era il caso di rileggerla invece di guardare il panorama e intenerirsi coi vitellini. Fatto sta che in capo a venti minuti di salita ci ritroviamo in una seconda conca pascoliva, più in alto e senza più sentiero, i segnavia ormai non si vedevano da un pezzo.
Rileggiamo, solo ora, cosa dice Andreaparodi: “giunti alla vasta radura superiore SI PIEGA A SINISTRA e si sale tra gli alberi IN DIREZIONE EST.”
E’ ora chiaro che le mucche ci hanno distratto e che, bisogna dirlo anche grazie alla carente segnaletica AVL in questo tratto, siamo fuori strada.
Di ridiscendere il viscido e verticale sentierino appena salito non se ne parla nemmeno e quindi: avanti, anzi in alto!! Verso il crinale, che tanto è lì, lo si vede benissimo…
Come tutti i crinali che si intravedono da una conca erbosa anche il nostro era infingardo e mobile.
Infatti cominciamo a risalire la valletta, slalomando tra i larici ed evitando le macchie di arbusti fitti, inventandoci una traccia di sentiero che non esiste proprio. La pendenza aumenta sempre di più e gli spazi praticabili si riducono, ma si va avanti, perché la cresta è lì, si vede….
Puntualmente, come in tutti i canalini (neve o erba è lo stesso) la pendenza aumenta progressivamente col progredire, tanto che si comincia ad arrampicare e poiché non si hanno attrezzi (picca e rampi) ci si arrangia con i vegetali a portata di mano, e di piede.
Alla fine, vinto l’ostacolo finale di una ostica paretina verticale (salendo su un gradino di roccia foderato di folta moquette verde ed eseguendo un delicato traverso con scavalco di larici contorti) arriviamo a quella che credevamo la cresta, ed invece è una conca completamente intasata da rododendri ed altri arbusti infestanti e fittissimi. Lo sconforto comincia a serpeggiare, e i sei chiodi più placca che ho nella caviglia destra, dopo aver ballato la tarantella sul ripido pendio erboso, minacciano ritorsioni dolorose.
Si prosegue su pendenza minore ma con uguale pena, tra arbusti e fango, seguendo il miraggio della cresta che è sempre lì, beffarda e ritrosa. Arrivati all’ennesimo boschetto rododendro-larico-cespuglioso viene da farsi un approfondito esame di coscienza per capire quale dio abbiamo involontariamente ma profondamente offeso per meritare un supplizio tale.
A un tratto, intravista una linea di debolezza nella folta arbustaglia, ci gettiamo ancora avanti e sbuchiamo finalmente sull’agognato crinale alla quota di 2015m, pregustando il tanto desiderato sole con panorama annesso.
E invece siamo nella nebbia, che non si vede una beata cresta. Dal ciglio del precipizio sul versante sud un forte vento ascensionale vomita un nero vapore che ci avvolge.
Prima di addentrarci nel boschetto, volgendo l’ultimo sguardo dei condannati alle amate vette della val Tanaro avevamo intravisto una timida nuvoletta strisciare ai loro piedi, e scherzando avevamo scommesso che il Pizzo non avrebbe di certo mancato di mettersela per cappello.
Ora il cappello invece ce lo avevamo noi, calcato sugli occhi da non vedere quasi nulla: che rabbia!!!
Saliamo in vetta alla cima Garlenda (2141m) , sulla quale troviamo: 4 sassi, 2 bastoni e zero vista, e scendiamo dal crinale opposto raggiungendo il Passo Frontè dove arriva la traccia del vecchio percorso che sale dalle case Penna.
Dalla nebbia sbucano ciclisti disorientati e stravolti, anche se di tanto in tanto si aprono ampi squarci che regalano viste magnifiche.
Raggiungiamo la vetta del Frontè (2153m) e troviamo che la bella statua della Madonna è scapitozzata a un terzo della sua altezza.
A questo punto esclamiamo: “arridateci i soldi!!, quando è troppo è troppo. ”
Niente panorami e la statua è mozza: ci rifiutiamo di firmare il libro di vetta, oggi è una vera truffa!!
Inutile proseguire, mestamente scendiamo a valle, percorrendo lo stradello che mena al colle Garezzo, che tuttavia ci allieta con splendide fioriture di rododendri.
Arrivati alla galleria del colle ci godiamo la vista sul versante occidentale di quanto si vede al disotto delle nubi che avvolgono la direttrice Saccarello Frontè.
La strada sterrata e la piacevole compagnia degli amici del CAI di Loano, ritrovati in vetta, ci accompagnano indietro al Colle San Bernardo.
Sono posti così, dove la nebbia è di casa, è inutile prendersela.
Si torna a casa facendo il giro lungo per Upega, dove si può mangiare la mela al sole, appoggiati al portone della chiesetta della Madonna della Neve, rileggendo per l’ultima volta la relazione che dice: EST EST EST!!
"Non importa quanto vai piano ... l'importante è che non ti fermi".